La natura non è cattiva

C’è del buono nell’articolo di Claudio Risé per Il mattino di Napoli «La natura è cattiva?».
Lo psicoterapeuta milanese rifiuta infatti ogni dicotomia tra uomo e natura:

Il fatto è che la natura non è altro, diverso da noi; noi stessi siamo, anche, natura.

Il problema è che questa interessante affermazione (dalla quale discende una condanna verso la noncuranza della natura) viene intesa da Risé come la necessità di un ritorno alle origini, una lontana età dell’oro nella quale vigeva l’armonia tra l’uomo e la natura, armonia spezzata dall’illuministo di De Sade (!).
La natura non ci è nemica: non nel senso che la natura non è né buona né cattiva, ma nel senso che ci è amica, è buona con noi se noi siamo buoni con lei.

Ecco un problema interessante: come dovrebbe comportarsi una persona che considera insensate queste affermazioni sull’armonia tra uomo e natura ma apprezza la condanna dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali?

Solitudine

Assuntina Morresi, su Avvenire, racconta la tragica storia di Kerrie Wooltorton.
La ragazza ha tentato più volte il suicidio e c’è finalmente riuscita rifiutando le cure mediche – rifiuto che i medici hanno rifiutato sia per la presenza delle living will (il testamento biologico) sia perché la ragazza, che è arrivata cosciente in ospedale, si è dimostrata molto determinata e sicura di se.

Il riassunto di Assuntina Morresi è impeccabile: si tratta di una storia di autodeterminazione e solitudine – anche se, a leggere alcuni resoconti della stampa inglese, aveva vicino a se parenti e amici, ma la solitudine non è solo questione di quante persone hai intorno.
Il problema è che l’autrice sembra convinta che si tratti di una storia di autodeterminazione e quindi di solitudine, come se l’unico modo per stare vicino a una persona fosse non rispettare la sua volontà.
Nel finale dell’articolo, sembra quasi che una possibile soluzione al tragico evento possa essere ridurre il potere giuridico del living will, dando ai medici la possibilità di ignorare le volontà del malato – il che avrebbe probabilmente salvato la vita a Kerrie, ma certo non l’avrebbe fatta sentire meno sola.

Il desiderio di suicidarsi della ragazza nasce dall’impossibilità di avere figli.1
Forse, e sottolineo forse, sarebbe stato di maggiore aiuto Julian Baggini che, sul Guardian, difende la dignità di una vita senza figli.

  1. Morresi parla di una malformazione, il Sun entra nel dettaglio parlando di due vagine – uterus didelphys – mentre il Daily Mail si mantiene su un generico «difficulties with intimate relationships». []

Quale è la giustizia di questo mondo?

A volte c’è effettivamente giustizia in questo mondo (Sometimes there is indeed justice in this world): è il commento di Massimo Pigliucci alla notizia della condanna di otto anni di carcere la padre che, cercando di curare un eczema della figlia tramite omeopatia, ne ha causato la morte.

Non trovo le parole per definire il comportamento del padre – che nonostante la morte della figlia continua a sostenere la superiorità dell’omeopatia sulla medicina occidentale. Eppure, nonostante l’orrore suscitato da questa vicenda, non riesco a convincermi che questa condanna abbia portato un po’ di giustizia in questo mondo.

Perché punire a otto anni di carcere un padre che ha perso la figlia? D’accordo, è colpa sua – ma quale è lo scopo di questa pena? Non sarebbe stato più proficuo (e giusto?) costringerlo a studiare medicina?

Win for life

Win for life è il nuovo gioco inventato dallo Stato per finanziare la ricostruzione delle abitazioni distrutte dal terremoto in Abruzzo (immagino che quando l’ultima casa sarà stata ricostruita il gioco verrà chiuso). Continua a leggere “Win for life”

Fuoco amico

Alcuni giorni fa alcuni soldati italiani sono rimasti uccisi in Afghanistan: funerali di stato, lutto nazionale, numerose manifestazioni di cordoglio.

Queste manifestazioni hanno un curioso effetto collaterale. Continua a leggere “Fuoco amico”

La libertà impossibile

Libertà e verità sono due concetti filosofici decisamente complessi; un discorso serio non può esimersi dall’operazione preliminare di tentare una definizione.
Quello che segue, evidentemente, non è un discorso serio perché si accontenta delle definizioni, ingenue e molto probabilmente inesatte, di libertà come assenza di costrizioni o impedimenti esterni e di verità come proprietà di alcuni discorsi di riferirsi correttamente alla realtà. Continua a leggere “La libertà impossibile”

Tasse sull’intelligenza

Secondo alcuni le lotterie sono una tassa sulla stupidità: solo gli stupidi giocano sperando di vincere.

Secondo Paolo Attivissimo i libri di Giacobbo sulla fine del mondo sono una tassa sulla coglionaggine.
C’è però da considerare che  Giacobbo è anche conduttore di una trasmissione sulla televisione pubblica – pagata da tutti noi. Voyager è quindi da considerarsi una tassa sull’intelligenza: i ricchi di intelletto pagano per intrattenere chi ne è povero.

La mia, lo confesso, è invidia: come filosofo non posso che invidiare uno che riesce a guadagnare – e immagino anche a guadagnare bene – sparando una marea di c*****e. Se si libera un posto in redazione, chiamatemi!

Laici, furiosi e non

Il supplemento culturale de Il Sole 24 ore di domenica 20 settembre ha dedicato ampio spazio al tema della laicità – dilungandosi su alcuni testi, tra cui il libro di Giancarlo Bosetti Il fallimento dei laici furiosi di cui ho già scritto.1 Conviene forse spendere qualche parola ancora sui laici non furiosi. Continua a leggere “Laici, furiosi e non”

  1. Gli altri testi citati sono Claudia Mancina, La laicità al tempo della bioetica; Ignazio Marino, Nelle tue mani; Martha C. Nussbaum, Libertà di coscienza e religione e Paolo Vineis e Roberto SatolliI due dogmi. Oggettività della scienza e integralismo etico. Non avendo letto nessuno di libri mi limito a citarli qui in nota. []

Le brioches di Maria Antonietta

Maria Antonietta, in realtà, non affermò mai che i contadini affamati, in assenza di pane, avrebbero dovuto mangiare delle brioches. La frase, tuttavia, è diventata ugualmente simbolo dell’incapacità di rendersi conto della realtà, e così la usa Giancarlo Bosetti in un suo recente saggio: Continua a leggere “Le brioches di Maria Antonietta”

Uomo e[‘] natura

Del recente discorso di Monsignor Fisichella avevo commentato (con eccessiva pignoleria) l’imprecisione sugli embrioni non umani, lasciando da parte il resto.

Oggi Marco Ferrari rimedia a questa mia mancanza, mettendo a fuoco il problema di fondo dell’approccio di Fisichella (e della chiesa cattolica in generale): la supremazia umana. L’uomo è creatura eccezionale, unica e, soprattutto, in posizione privilegiata rispetto agli altri esseri viventi:

“[il papa] esige anche che ci sia la difesa della vita umana in tutta la sua pienezza. Vanno bene le leggi per salvaguardare i lupi o gli scimpanzè, ma prima di tutto occorrono leggi per salvaguardare l’uomo, dalla sua nascita naturale alla sua fine naturale”. Eccoci, questo è il clou: prima l’uomo, poi, casomai, il resto del mondo. Se c’è un’alternativa, e l’alternativa c’è sempre, prima si danno i fondi per “salvare” bambini e città, monumenti e anziani, poi forse parchi nazionali e animali in via d’estinzione. E’ ovvio che di questo passo per “lupi e scimpanzé” non avanza niente.

In poche parole: l’uomo è parte della natura o – per evitare l’impiego del compromesso termine “natura” – l’uomo è un essere vivente sullo stesso livello degli altri, non vi sono salti ontologici, non c’è un particolare privilegio.

PS Detesto scrivere e’ invece di è – utilizzare l’apostrofo come accento è una cosa che posso tollerare, ma non approvare, se chi scrive si ritrova con una tastiera priva di accenti. Nei miei sogni il titolo di questo post sarebbe stato Uomo è natura con l’accento, ma non la e, rossa:
Schermata 2009-09-16 a 10.01.00
Purtroppo non è possibile farlo nel titolo, e ho usato – orrore! – l’apostrofo come accento mettendolo tra parentesi quadre. Un gesto del quale mi vergognerò a lungo.