Sulla necessità del diritto naturale

Quali sono dunque i meriti pratici del concetto più ristretto di diritto per la decisione morale? Perché è meglio, quando si è di fronte a delel imposizioni moralmente inique, pensare «Questa non è una legge in nessun senso» [tesi del giusnaturalismo] piuttosto che «Questa è una legge ma è troppo iniqua per essere obbedita o applicata» [tesi del positivismo giuridico]? Si chiarirebbero così le idee agli uomini o li si renderebbero più pronti a disobbedire quando la morale lo esige? Si otterrebbe un modo migliore di risolvere problemi simili a quelli lasciati dietro a sé dal regime nazista? Senza dubbio le idee hanno la loro influenza: ma sembra poco probabile che lo sforzo di allenare e istruire gli uomini nell’uso di un concetto più ristretto di validità giuridica, nel quale non vi sia posto per le leggi valide ma moralmente inique [tesi del giusnaturalismo], possa portare a un rafforzamento della resistenza al male, di fronte a minacce del potere organizzato, o a una migliore comprensione di ciò che è moralmente in gioco quando si richiede obbedienza.

H. L. A. Hart, Il concetto di diritto, p. 244

Dedicato a Alex (e a Roberto, che non ho il piacere di conoscere).

Prevenire è meglio che curare

Come misura cautelare (che è cosa diversa dalla pena), non mi sentirei di escludere la possibilità di murare il paese di Montalto di Castro, visto quello che dichiarano alcuni abitanti a proposito dello stupro di gruppo avvenuto tempo fa, pur sperando che si tratti di esagerazioni giornalistiche (via ilfinegiustificailme).

Da un punto di vista rieducativo, sono convinto che il carcere serve a ben poco. Dubito però che la reclusione possa fare peggio del tornare a casa a incassare la solidarietà dei compaesani.

A proposito di un servizio del TG5

È con un certo disagio che scrivo questa riflessione: il disagio di chi teme di essere frainteso.
Non sempre è possibile evitarlo: il fraintendimento a volte è inevitabile, soprattutto quando l’argomento è emotivamente coinvolgente, come in questo caso. Continua a leggere “A proposito di un servizio del TG5”

A meno che uno, come una belva…

Nessuno, infatti, punisce i colpevoli di ingiustizie in considerazione in considerazione del fatto che commisero ingiustizia e per questo motivo, a meno che uno, come una belva, non cerchi irrazionale vendetta. Ma chi tenta di punire razionalmente, non punisce per l’ingiustizia passata, perché non potrebbe far sì che ciò che è stato fatto non sia accaduto, ma punisce pensando al futuro, perché non torni a compiere ingiustizie né quello stesso individuo né altri che lo veda punito. E chi ha una tale opinione, pensa che la virtù possa essere oggetto di educazione: è per prevenzione, dunque, che punisce.

Socrate, ascoltato il lungo discorso di Protagora di cui ho riportato solo un breve passaggio1, rimane incantato2 a guardarlo, o almeno così ci racconta. Continua a leggere “A meno che uno, come una belva…”

  1. Protagora, a partire da 324a. []
  2. Giova qui ricordare come Bertrand Russell demolisce l’aurea filosofica di questi incantamenti socratici: epilessia. []

Il capo supremo dello Stato non può essere punito

Il diritto di punizione è il diritto che ha il sovrano verso il suddito di infliggergli una pena, quando siasi reso colpevole di un delitto. Il capo supremo dello Stato non può quindi essere punito […].

Così inizia il paragrafo1 dedicato al diritto di punizione e di grazia dei Principi metafisici della dottrina del diritto di Immanuel Kant (in Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto).
Suppongo che Kant non sia stato citato nella discussione del cosiddetto lodo Alfano per questioni scaramantiche: già Buttiglione si appellò al filosofo di Königsberg e non gli andò tanto bene.

  1. Parte seconda: Il diritto pubblico; Sezione prima: Il diritto dello Stato; lettera E []

Chi fa il paternalista avvelena anche te, digli di smettere

Grazie a Ethica scopro un interessante articolo di Carlo Lottieri contro il paternalismo: “Lo stato salutista? Fa male alla salute”.
Il titolo è qualcosa di orribile, ma è colpa del quotidiano (Il Giornale, diretto da Vittorio Feltri – e poteva andare molto peggio), non dell’autore.

Buona parte dell’articolo è dedicata alla descrizione dei danni che può provocare un atteggiamento proibizionista, atteggiamento che viene assimilato al paternalismo, e mi sembra una descrizione molto convincente.
Vi sono tuttavia due aspetti che mi lasciano perplesso.

Innanzitutto, Lottieri, molto probabilmente per problemi di lunghezza dell’articolo, dai danni del proibizionismo desume, senza ulteriori argomenti, la pericolosità generale del paternalismo, anche quando questo si limita a consigliare determinati atteggiamenti, invece di imporli (il così detto paternalismo libertario).
Inoltre, la condanna del paternalismo e del proibizionismo sembra stare unicamente nella loro pericolosità. Se il proibizionismo si fosse dimostrato efficace diventerebbe allora un buon sistema politico e sociale? Non credo che Lottieri la pensi così, ma dall’articolo si potrebbe trarre questa conclusione.

Immagini del futuro

Il futuro è affascinante.
Le immagini che ci si fa del futuro lo sono ancora di più. Funzionano come uno specchio, mostrando per differenze e similitudini come siamo. Continua a leggere “Immagini del futuro”

Sperimentare la libertà

Perché punire. Il collasso della giustizia penale di Vittorio Mathieu è una appassionata apologia della libertà – del concetto trascendentale di libertà. Continua a leggere “Sperimentare la libertà”

E adesso qualcosa di completamente diverso

Non sono eccessivamente preoccupato per le reazioni alla dichiarazione di incostituzionalità del lodo Alfano.
Nel portafoglio ho un biglietto ferroviario, sola andata, per la Svizzera, ma vi assicuro che si tratta di una coincidenza.

Mi stupiscono un po’ le analisi che leggo un po’ ovunque.
In Italia c’è un regime – in Italia non c’è alcun regime. L’Italia è una dittatura – l’Italia non è una dittatura. Populismo – No, democrazia. Plebiscitarismo – Rispetto della volontà popolare. In Italia non c’è libertà di stampa – In Italia la stampa è libera. Eccetera eccetera eccetera.

Tutti concetti applicati, o almeno così mi sembra, come se non vi fosse alcuna possibilità di gradualità: o bianco o nero, o vero o falso, o democrazia o dittatura.
E, soprattutto, come se il regime (nel senso tecnico di forma di governo) italiano dovesse, per forza, ricadere in una delle categorie che la storia ci ha consegnato. Potrebbe anche trattarsi di qualcosa di completamente diverso, qualcosa di difficilmente comprensibile ragionando in termini di populismo, peronismo, plebiscitarismo e così via.