Due domande a Telmo Pievani su comunicazione della scienza e Jova Beach Party

Ho avuto il piacere di intervistare il filosofo della biologia Telmo Pievani in occasione di una sua conferenza che si terrà sabato 1º ottobre a Bellinzona.

L’intervista ruotava intorno al suo nuovo libro, di cui ho già scritto, e un paio di domande le ho dovute tagliare per motivi di spazio. La prima riguardava gli errori di comunicazione della scienza fatti durante la pandemia; la seconda, partendo da una sua precedente risposta sull’ecologismo che deve ampliare lo sguardo e proteggere la natura non solo con parchi e riserve naturali, chiedeva dei Jova Beach Party su cui tanto si è discusso la scorsa estate.

Gli errori della comunicazione della scienza

Faccio un po’ il bastiancontrario. Molti miei colleghi dicono che sì, ci sono stati errori perché non eravamo preparati… secondo me occorre essere più critici perché c’è un problema di fondo nel modo in cui comunichiamo la scienza. La comunichiamo sempre partendo dai risultati, dai prodotti e quindi raccontiamo i numeri, i fatti, le evidenze. Il che va benissimo: non dico che non sia giusto però non basta, non è sufficiente, bisogna spiegare il metodo scientifico, devi spiegare il modo con cui arrivi a quei risultati. 

Alcuni lo fanno, alcuni lo fanno benissimo, altri diciamo un po’ meno. Bisogna evitare una modalità di comunicazione paternalista del tipo “adesso ti spiego le cose perché tu non le sai” “ma tu stai zitto perché non sei laureato in medicina”, “ma la scienza non è democratica”. Sono tutte espressioni che rendono antipatica e poco amichevole la comunicazione della scienza. 

La scienza deve essere trasparente, devi raccontare quello che non sappiamo, gli errori, le incertezze, senza nasconderle. La mia proposta è una comunicazione della scienza più onesta e più autocritica e soprattutto raccontare il metodo, cioè come tu arrivi a un risultato, perché così condividi col pubblico la bellezza del metodo scientifico che è fatto di dubbio, di ipotesi a confronto, di nuovi dati che arrivano, di incertezza e di tanta ignoranza, perché poi noi non sappiamo tantissime cose a proposito della natura. È evidente che stiamo studiando un sistema con la natura che ancora ci sfugge. 

Solo un esempio che non ho messo nel libro perché è uscito dopo: due mesi fa è stata fatta finalmente una mappatura di tutti i coronavirus che ci sono in Asia, attraverso i dati genetici. Ed è saltato fuori che ce ne sono solo in Cina 5000. E ne conoscevamo una manciata prima della pandemia. Questo ti fa capire quanto eravamo ignoranti e quanto continuiamo a essere ignoranti, in questo caso su questi virus e sulla loro biodiversità. 

I Jova Beach Party accusati di greenwashing

Secondo me il tema più che il greenwashing è la logica delle compensazioni. 

Tra l’altro io ho partecipato ai Jova Beach Party, c’è anche un mio video. La filosofia di fondo li qual è? Io faccio un concerto con 40mila persone su una spiaggia, il che ha evidentemente un impatto ambientale, ma lo compenso perché finanzio il progetto lì vicino di un’oasi, perché trasmetto a mezzo milione di giovani italiani un messaggio ecologista e ambientalista eccetera. Quindi compenso quell’impatto con altre attività. 

Io comincio ad avere un po’ di dubbi anche su questa strategia della compensazione, secondo me non funziona più tanto bene. Lo fanno anche le aziende e gli Stati: io inquino, emetto CO2 però compro dei crediti di CO2 oppure compenso le mie attività inquinanti. Io penso che non sia più tanto adeguata perché la situazione è talmente grave oggi dal punto di vista del deterioramento ambientale e del cambiamento climatico che più che compensare bisogna davvero ridurre sostanzialmente ogni tipo di impatto che noi abbiamo sull’ambiente: invece di farlo e poi compensarlo, non farlo direttamente.  

Questa è la riflessione che io farei se fossi tra gli organizzatori. Le polemiche non fanno bene ed è chiaro che c’è stata una reazione anche eccessiva in certe parti dell’ecologismo e io non tollero la violenza verbale che è stata usata, un altro deterioramento del dibattito. Però farei una riflessione seria su quanto sia adeguata oggi questa logica della compensazione che secondo me va superata. 

Due o tre cose sui Jova Beach Party

La mia opinione sulla sostenibilità ambientale dei Jova Beach Party – che si ammantano di ecologismo e rispetto per la natura – è abbastanza semplice e banale, sarei tentato di dire “di buon senso” se questa espressione non fosse così spesso utilizzata per evitare di giustificare le proprie idee e dare dei cretini a chi non la pensa come noi.

Comunque: non si tratta di vietare concerti e grandi eventi per questioni ecologiche, ma di ragionare su come minimizzare questo impatto e portare migliaia di persone in un luogo non attrezzato difficilmente rientra in questa strategia; dubito che questi concerti siano la minaccia principale per gli habitat costieri, ma se invece di dire “è figo andare al concerto in costume da bagno” ti presenti come difensore della natura, è normale che poi uno vada a guardare se e quanto è vero.

Il fratino, uccello che nidifica sulle spiagge dei JBP (foto di “Mike” Michael L. Baird, CC BY 2.0)

Detto questo, e rimandato per approfondimenti a chi ne sa più di me (no, non è Tozzi), qualche riflessione in più su questa storia – che lascio così, poi ognuno le applichi come vuole ai Jova Beach Party e alle polemiche di questi giorni.

Lontani dalla natura. Immaginiamo una persona che vive in città e va a un concerto in uno stadio o in un parco urbano. E ora immaginiamo una persona che vive in campagna e va a un concerto sulla spiaggia o in un bosco. È inevitabile pensare che il secondo sia più “vicino alla natura” e quindi più “ambientalista” del primo, ma sospetto che già solo per una questione di trasporti l’impatto nel primo scenario sia inferiore. Non è che per il bene del pianeta dovremmo andare tutti a vivere in megalopoli con magari pochissimo verde urbano ed evitare di fare passeggiate in montagna, però dovremmo abituarci a valutare razionalmente l’impatto ambientale delle nostre abitudini, al di là dell’effetto alone legato all’alzarsi la mattina col cinguettio degli uccellini. Penso che ogni iniziativa di sensibilizzazione che non tenga conto di questo aspetto sia, per quanto benintenzionata, fallace.
Un piccolo esempio – è il risultato di una ricerca di alcuni anni fa riassunta da Dario Bressanini –: guidare fino a una fattoria per comprare frutta e verdura “a chilometro zero” potrebbe essere più inquinante di prendere al supermercato sotto casa prodotti che arrivano dall’altra parte del mondo.

Quanto c’è di male nel greenwashing. Ho fatto una breve ricerca scoprendo – ma la cosa non mi sorprende affatto – che non c’è una definizione univoca di greenwashing. Ok, prendendo Wikipedia possiamo dire che si tratta di una “strategia di comunicazione (…) finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale” ma cosa vuol dire “ingannevolmente positiva”? Che il vero scopo di ridurre gli imballaggi non è proteggere l’ambiente ma risparmiare sui costi? Ok, non sei sincero ma alla fine il risultato è positivo per l’ambiente. Oppure stai facendo una cosa che riduce di poco l’impatto ambientale ma ha una resa mediatica alta? Già più grave, ma alla fine anche le piccole cose contano. Oppure stai mentendo spudoratamente infiocchettando con l’ecologia una pratica che magari è più inquinante di prima?
Credo sia importante distinguere tra questi casi, evitando di condannare allo stesso modo pratiche diverse per gravità e conseguenze sull’ambiente.

Il buon esempio. Credo sia importante dare il buon esempio, ma soprattutto credo che il primo buon esempio da dare sia evitare di mostrarsi i più duri e puri attaccando l’altro senza prendere in considerazione il contenuto delle critiche.
Mi piacerebbe molto che questo dibattito portasse a una migliore tutela delle coste, ma non mi faccio troppe illusioni.

Naturisti e progressisti

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Quello che mi diverte di più, delle votazioni popolari svizzere, è guardare la propaganda. Uno dei temi su cui si voterà riguarda la Legge federale sulla medicina della procreazione, modifica che permette – a determinate condizioni – la diagnosi preimpianto degli embrioni.

Tema eticamente divisivo, che riguarda questioni come l’eugenetica – che non è di per sé una cosa cattiva –, lo statuto morale e giuridico degli embrioni, la procreazione consapevole e così via.
Questioni complesse, meglio convincere i votanti con argomenti diretti e magari un po’ terrorizzanti. Come gli OGM che anche loro di per sé non sarebbero una brutta cosa, ma evocano brutte cose. E quindi, ecco che il ripugnante mais geneticamente modificato viene associato a un altrettanto ripugnante bambino OGM.

Tralasciando che la legge in votazione non riguarda le manipolazioni genetiche di embrioni umani – che al più possono essere tirate in ballo con un lunghissimo e scivolosissimo piano inclinato –, che cosa accomuna il MON810 alla diagnosi preimpianto?
Risposta facile: la violazione di un (presunto) ordine naturale dell’universo, un ordine in realtà molto umano nel quale non trovano posto procreazione medicalmente assistita, organismi transgenici e, immagino, neppure matrimoni omosessuali.
Non è semplice rifiuto o diffidenza verso le novità, e neppure la ricerca di una qualche volontà divina: è proprio la convinzione di una natura buona e giusta dalla quale non ci si deve allontanare.
Per questo credo non sia giusto descrivere questa ostilità verso le novità tecnologiche e sociali – novità non necessariamente buone, sicuramente non buone a tutti i costi – come conservatrici o integralismo, ma più semplicemente naturiste (con buona pace dei nudisti).

Aggiornamento 24 maggio

Mi segnalano quest’altro manifesto:

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Non ci sono gli OGM; in compenso, abbiamo una specie di Barbie ariana e l’inversione vagamente poetica “estrema legge”.

Tette contro la scienza

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By Irene – original work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17002318

Potrei iniziare citando Agostino d’Ippona, ma meglio invece mettere in chiaro che nessuno, qui, è contrario all’allattamento, né io né le due autrici di “Unintended Consequences of Invoking the ‘Natural’ in Breastfeeding Promotion“, Jessica Martucci e Anne Barnhill.

Certo, sembra che i benefici effettivi e “scientificamente dimostrati” siano esagerati (le due autrici citano in proposito questo articolo) e l’esaltazione dell’allattamento può portare a uno stigma sociale verso le donne che non vogliono o non possono allattare, ma non è questo il punto. Semplicemente, le due autrici invitano le autorità a non far più propaganda insistendo sul fatto che l’allattamento sia naturale.
Confesso di aver scosso la testa la prima volta che ho letto questa proposta, segnalata da qualcuno su qualche social network. Dopotutto, se c’è qualcosa che ha senso chiamare naturale, oltre naturalmente all’acqua minerale senza gas, è proprio l’allattamento. Poi ho letto il loro articolo e ho cambiato idea.

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L’unica naturale che voglio è l’acqua minerale

Avevo iniziato a scrivere questo articolo mesi fa. “Moratoria naturale” era il titolo provvisorio. Poi l’ho cambiato con “Sì, i gay sono davvero contronatura” e adesso quello che leggete qui sopra, che non rispecchia molto il contenuto, ma mi piace per cui lo tengo.

Già, perché anche il contenuto è cambiato – o meglio le mie idee sul possibile contenuto, perché di scritto c’era ben poco, prima di oggi.
Ero partito dall’idea di una moratoria sul termine naturale. Troppo ambiguo, troppi significati impliciti: io dico “naturale” intendendo qualcosa che non ha richiesto particolari interventi umani, e tu pensi a qualcosa di buono, di bello, di sacro. Insomma, un casino. Volevo anche proporre una serie di espressioni alternative. “Famiglia cattolica” invece di “Famiglia naturale”; “Parto vaginale” invece di “Parto naturale” e così via.

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Una visita a Montecristo

Montecristo

Ho avuto il privilegio di sbarcare sull’isola di Montecristo.
Privilegio perché l’isola è una riserva naturale integrale, dove quell’integrale significa (quasi) inaccessibile all’uomo. Solo mille persone l’anno — seicento studenti, quattrocento privati con precedenza alle associazioni — possono visitare l’isola. Io non sono stato tra questi fortunati mille: oltre al permesso di visita, per il quale un privato può aspettare pare anche tre anni, esiste il più accessibile permesso di approdo, che concede la possibilità di sbarcare sull’isola e visitare Cala Maestra. Una visita completa, con tanto di escursioni, è sicuramente più interessante, ma anche per il solo approdo vale la pena affrontare le ore di navigazione necessarie per raggiungere Montecristo. Continua a leggere “Una visita a Montecristo”

Volpi e cani

La notizia è di qualche giorno fa: nel Grigioni italiano un cacciatore, convinto di sparare a una volpe, uccide un cane. E così Gico, un incrocio Bovaro bernese, di colore scuro, è morto.

Una notizia poco allegra, che non può non sollecitare emotivamente – e sollecitare in maniere molto diverse, a seconda della simpatie e antipatie nei confronti della caccia e degli animali.
Credo che se c’è qualcosa che la filosofia deve fare, è cercare chiarezza al di là delle emozioni, e questo vale sia per la grandi questioni morali che per questioni più piccole, come questo incidente di caccia. Continua a leggere “Volpi e cani”

La rinaturalizzazione contro natura

Ieri sera in consiglio comunale di Lugano si è discusso di alcuni interventi di rinaturazione o rinaturalizzazione alla foce del fiume Cassarate (per i non luganesi: la foce è in pieno contesto urbano, a confine tra il parco Ciani e il porto turistico).
Il mio personale eroe del giorno è il consigliere liberale-radicale Peter Rossi , il quale ha dichiarato: «la rinaturalizzazione di un fiume inurbato va contro natura».
Sintesi efficacissima delle difficoltà di usare sensatamente un termine vago come naturale.

Contronatura

Morales OGM

Pare che il presidente boliviano Evo Morales abbia dichiarato che mangiare OGM causi calvizie e omosessualità.

OGM, calvizie, omosessualità: quale è il legame che tiene insieme tutto ciò? All’elenco potremmo aggiungere, seguendo un politico (geograficamente) più vicino a noi, la pillola del giorno dopo?

Io ho un sospetto: l’essere contronatura. Non avere capelli è contronatura. Essere omosessuali è contronatura. Modificare il dna è contronatura. Abortire è contronatura.
Mi inquieta non poco pensare che un principio così debole possa guidare davvero l’azione politica delle persone.

Naturalmente famiglia

La Convenzione [ONU sui diritti dell’infanzia], nel preambolo, indica la famiglia “quale ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli”. Ebbene, è proprio la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, l’aiuto più grande che si possa offrire ai bambini.

Così Benedetto XVI ai partecipanti alla XIX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
L’aiuto più grande per un bambino è una famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. È l’ambiente naturale, qualsiasi cosa il termine naturale, qui, voglia dire. L’uomo è un animale naturalmente culturale: contrapporre natura e cultura non ha molto senso. Non ha quindi molto senso neppure l’accostamento tra le parole del papa e la notizia nella quale mi sono imbattuto oggi:

Una coppia di albatros femmine, hanno fatto schiudere con successo un uovo nella colonia neozelandese del Royal Albatross Centre.
Il padre appartiene alla colonia degli albatros reali, ma non si sa esattamante chi sia.
Certamente ora le due mamme si prenderanno cura del loro pulcino.
Lyndon Perriman del Dipartimento di conservazione della Nuova Zelanda, ha detto che per i prossimi sei mesi i genitori si alterneranno, scambiandosi i ruoli ogni due giorni: uno proteggerà il figlio dai predatori, mentre l’altro andrà a cacciare in mare.

Non è detto che quello che accade agli albatros abbia una qualche importanza per “l’ambiente naturale per la crescita e il benessere” degli esseri umani. Certo è interessante pensare che, forse, come uomini potremmo avere più possibilità di quelle di cui dispongono gli albatros.