Dal mondo cieco a quello veggente

[Il reato] è una manifestazione della cultura ed è quindi legato ad una o più valutazioni del legislatore a loro volta espresso in concreto dal giudice. Se vogliamo essere in armonia con le esigenze politico-culturali del momento, noi dobbiamo definire il reato come un fatto umano tipico, antigiuridico e colpevole per il quale è prevista come conseguenza giuridica una pena. Nell’ambito di questa definizione noi attiriamo l’attenzione su di un momento naturalistico (il «fatto» dell’uomo, cioè la  modificazione delle condizioni preesistenti all’agire nel mondo della natura) e su tre valutazioni che debbono essere riferite al fatto così inteso dell’uomo perché questo si estolla dal mondo cieco della natura in quello veggente del diritto.

Giuseppe e Rodolfo Bettiol, Istitutioni di diritto e procedura penale, Cedam, 1993

Il saggio, ad essere sinceri, non è granché interessante: forse per questioni di età (la prima edizione è del 1966, e l’impostazione non credo sia mutata con gli aggiornamenti successivi) si confondono molti concetti, passando continuamente dal livello descrittivo a quello prescrittivo.
Il passaggio riportato credo meriti però di venire citato e conservato per la chiarezza del passaggio da quello che Bettiol chiama “mondo cieco della natura” – i fatti bruti – al “mondo veggente del diritto” – il mondo istituzionale – tramite alcune valutazioni o giudizi.

Situazione reale del candidato

Breve aggiornamento, risalente a un mese fa, sulla vicenda dell’ex vicesegretario:

Tutto da rifare. Il Consiglio di Stato ha dato torto al Municipio di Rovio: l’ex vicesegretario comunale di Lamone, condannato l’anno scorso a 24 mesi di carcere sospesi, per essersi appropriato di 540 mila franchi tra il 2001 e il 2007, non potrà lavorare in cancelleria a Rovio come contabile.

È stato accolto il ricorso presentato da ventitré cittadini sulla nomina decisa dal Municipio. Il 18 gennaio di quest’anno l’esecutivo aveva pubblicato un bando di concorso per l’assunzione di un nuovo “segretario/funzionario al 100%”. E nel bando c’era scritto che il candidato doveva dimostrare di avere una condotta irreprensibile. Nonostante questo, su una trentina di candidati è stato scelto proprio l’ex vicesegretario di Lamone. Una decisione presa dal Municipio perché l’ex vicesegretario ha presentato l’estratto del casellario giudiziale immacolato. E questo perché quando è stato richiesto la sentenza non era ancora stata pronunciata.

«Determinante – recita la decisione del Consiglio di Stato anticipata ieri da Radio 3iii – non è il contenuto dell’estratto ma la situazione reale del candidato; l’estratto è infatti unicamente un documento atto a comprovare, in linea di massima, quanto affermato dal candidato, nondimeno, a far stato è la situazione reale dello stesso».

Tratto da laRegioneTicino del 7 giugno 2011, pagina 24.

Sembra quindi che le ragioni della mancata assunzione non siano riconducibili a una sorta di “punizione oltre la legge” ma, più banalmente, al mancato soddisfacimento dei requisiti.
Interessante comunque il concetto di  “situazione reale del candidato”, da intendersi al di là dei certificati  e degli estratti del casellario giudiziale. Interessante perché sembra un concetto chiaro e ben definito, ma in realtà può voler dire tutto e niente.

Pagare il conto con la giustizia

Da laRegioneTicino di oggi 17 maggio 2011:

Fa discutere a Rovio l’assunzione […] dell’ex vicesegretario e contabile di Lamone, condannato l’anno scorso a due anni di detenzione sospesi con la condizionale per avere arraffato mezzo milione di franchi dalle casse comunali. Il Municipio di Rovio in una comunicazione alla cittadinanza ha spiegato che alla fine dell’anno il contabile del Comune si era dimesso. Indetto un concorso, ha scelto fra una trentina di candidati proprio l’ex segretario di Lamone. Tuttavia il ricorso di una trentina di cittadini […] ha costretto il Municipio a sospendere la nomina.

Capisco le perplessità di avere come contabile una persona con trascorsi giudiziari.
Tuttavia, se l’ex vicesegretario è stato condannato e ha scontato la pena (o, meglio, se il giudice ha ritenuto di non fargliela scontare sospendendo la condanna), ha, come si suol dire, “pagato il conto con la giustizia”.
Impedirgli di lavorare come contabile sembra una pena supplementare e superflua. Quasi ingiusta, per certi versi.

Lo stigma

Nel secondo capitolo di On Liberty, John Stuart Mill afferma:

For a long time past, the chief mischief of the legal penalties is that they strengthen the social stigma.

Da ormai molto tempo, l’aspetto più negativo delle sanzioni legali è che ribadiscono il marchio di infamia imposto dalla società.

Lo stigma, l’infamia che colpisce alcune persone, è in molti casi più dannoso delle sanzioni legali. Ed è, quindi, più pericoloso per la libertà individuale.
È meno costoso delle pene comminate da una autorità: niente iter legislativi (nulla poena sine lege), niente denuncia, niente indagini, niente processi: basta una diceria Il marchio di infamia non è controllabile: non ci sono quelle garanzie che caratterizzano, o dovrebbero caratterizzare, la sanzione legale. Non ci sono appelli, revisioni, garanzia che la pena sia commisurata al crimine.

Lo stigma dovrebbe quindi essere tenuto sotto controllo, ostacolato.
Non è così. In Svezia si valuta di ricorrere allo stigma per contrastare la prostituzione: i clienti, oltre a trascorrere sei mesi in carcere, riceverebbero a casa una busta facilmente identificabile da familiari e vicini di casa.1
Almeno la proposta svedese riguarda un crimine: in Oklahoma una legge, per fortuna incostituzionale, prevedeva la creazione di un sito internet contenente tutti i dati delle donne che hanno abortito.

Tempi bui.

  1. Pare che i residenti di alcuni quartieri appiccichino dettagliati adesivi sulle auto dei clienti, qualcosa del tipo “venerdì sera sono andato a puttane in via del campo. []

Non ha alcuna possibilità di essere riabilitato

Sarà processato come se fosse un adulto e rischia l’ergastolo, Jordan Brown, il dodicenne che nel febbraio del 2009, quando aveva 11 anni, sparò alla fidanzata del padre incinta di otto mesi, uccidendola sul colpo.

Lo ha stabilito il giudice della Contea di Lawrence, in Pennsylvania, bocciando la richiesta della difesa di processare il ragazzino davanti a un tribunale minorile. La Corte ha dato ragione invece a un perito dell’accusa, uno psichiatra criminale secondo cui Jordan non ha alcuna possibilità di essere riabilitato in un riformatorio.

Da quel che si capisce da questo articolo, caratteristica essenziale dell’essere adulti e l’impossibilità della riabilitazione.

Mi chiedo se Jordan Brown potrà votare, alle prossime elezioni.

Prevenire è meglio che curare

Come misura cautelare (che è cosa diversa dalla pena), non mi sentirei di escludere la possibilità di murare il paese di Montalto di Castro, visto quello che dichiarano alcuni abitanti a proposito dello stupro di gruppo avvenuto tempo fa, pur sperando che si tratti di esagerazioni giornalistiche (via ilfinegiustificailme).

Da un punto di vista rieducativo, sono convinto che il carcere serve a ben poco. Dubito però che la reclusione possa fare peggio del tornare a casa a incassare la solidarietà dei compaesani.

A proposito di un servizio del TG5

È con un certo disagio che scrivo questa riflessione: il disagio di chi teme di essere frainteso.
Non sempre è possibile evitarlo: il fraintendimento a volte è inevitabile, soprattutto quando l’argomento è emotivamente coinvolgente, come in questo caso. Continua a leggere “A proposito di un servizio del TG5”

A meno che uno, come una belva…

Nessuno, infatti, punisce i colpevoli di ingiustizie in considerazione in considerazione del fatto che commisero ingiustizia e per questo motivo, a meno che uno, come una belva, non cerchi irrazionale vendetta. Ma chi tenta di punire razionalmente, non punisce per l’ingiustizia passata, perché non potrebbe far sì che ciò che è stato fatto non sia accaduto, ma punisce pensando al futuro, perché non torni a compiere ingiustizie né quello stesso individuo né altri che lo veda punito. E chi ha una tale opinione, pensa che la virtù possa essere oggetto di educazione: è per prevenzione, dunque, che punisce.

Socrate, ascoltato il lungo discorso di Protagora di cui ho riportato solo un breve passaggio1, rimane incantato2 a guardarlo, o almeno così ci racconta. Continua a leggere “A meno che uno, come una belva…”

  1. Protagora, a partire da 324a. []
  2. Giova qui ricordare come Bertrand Russell demolisce l’aurea filosofica di questi incantamenti socratici: epilessia. []