Cosa c’era prima del Big Bang. E cosa c’è dopo il titolo

Alberto Fraccacreta ha intervistato il Premio Nobel per la fisica James Peebles ed è una bella intervista, sia per quello che dice il fisico americano sia per come è scritto il pezzo.

Tra le cose che ho apprezzato: il voler tenere insieme cultura umanistica e cultura scientifica, per quanto le citazioni di Borges e McCarthy risultino un po’ posticce; l’atteggiamento cautamente sperimentale di Peebles («L’obiettivo reale della scienza, della fisica, dell’astronomia è l’interazione tra teoria e osservazione»); alcuni dettagli come l’aver specificato che l’intervista è stata fatta via mail.

Il problema è il titolo che, almeno nella versione online, il quotidiano Avvenire ha voluto dare all’intervista.

Fisica. Il Nobel Peebles: «Il Big Bang c’è stato, ma prima cosa c’era?»

Cosa non va in questo titolo? Innanzitutto Peebles non ha mai detto le parole che sono riportate tra virgolette. Quello delle citazioni inventate è una fastidiosa abitudine del giornalismo italiano che si può tollerare quando il virgolettato, per quanto non originale, è una sintesi fedele. Ma ovviamente non è questo il caso: Peebles si lamenta – e del resto non è il primo fisico a farlo – del nome Big Bang che «connota un evento in un determinato momento e luogo» e questo quando «l’ipotesi dimostrabile non ha nulla a che fare con momenti o luoghi specifici».

C’è un accenno al “prima”, ma è strano che il titolista di un quotidiano con una forte identità cristiana se ne esca con una domanda – cosa c’era prima della creazione? – che fa parte della storia del pensiero cristiano. Mentre il Demiurgo platonico ha dato origine al cosmo ordinando un caos precedente, il Dio cristiano ha creato tutto dal nulla e questo è un bel grattacapo al quale Agostino d’Ippona (che immagino Avvenire preferisca citare come Sant’Agostino) ha dedicato molta attenzione per una serie di obiezioni tra cui, appunto, cosa c’era prima della creazione? La risposta di Agostino è che non c’è un prima perché – la formulazione è mi pare in La Città di Dio – la creazione non è avvenuta nel tempo, ma con il tempo; visto che prima della creazione il tempo non esisteva, non ha senso chiedersi cosa c’era prima.

C’è anche un altro problema: Avvenire ha usato la foto di Jim Peebles presente su Wikicommons citandola come semplice “archivio”, quando invece sarebbe necessario citare il nome dell’autore, Juan Diego Soler, insieme alla licenza CC BY 2.0.

Comma 22

Il regolamento dell’esercito, all’articolo 12 comma 1, riporta:

L’unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronte è la pazzia.

Lo stesso articolo, al comma 22 riporta:

Chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo.

Questo paradosso, perfettamente sensato nell’ottica di rendere impossibile ogni congedo dal fronte, è opera dello scrittore Joseph Heller.

Francesco D’Agostino (“Quel tranello rende possibile l’eutanasia”, Avvenire, 22 marzo 2008) 1 non è uno scrittore, e infatti la sua personale formulazione del comma 22 è stilisticamente meno bella, ma altrettanto surreale: Continua a leggere “Comma 22”

  1. Niente link diretto, purtroppo. Chi vuole può chiedermi una copia via mail.[]

Etica svizzera

Lucia Bellaspiga ha scritto quello che non esito a definire uno dei peggiori articoli che abbia mai letto: «Terry Schiavo da noi. Ma non può finire così».

La drammatica vicenda di Antonio Trotta, un italiano domiciliato in Svizzera da due anni in coma in seguito a un incidente stradale, viene affrontata con sprezzo del buon senso e del buon gusto. Un piccolo assaggio: Continua a leggere “Etica svizzera”

Il relativo capro espiatorio

Di Wikipedia, l’enciclopedia liberamente scritta e modificata dagli utenti, si possono dire molte cose: si può entusiasticamente lodare l’affermazione dell’intelligenza collettiva oppure definirla una «sputacchiera on-line».
Wikipedia ha i suoi limiti e i suoi punti di forza: affidarsi alla libera partecipazione per la stesura delle voci è un rischio, soprattutto per alcuni temi controversi, nei quali rischiano di prevalere le passioni, o poco noti, nei quali le imprecisioni rischiano di prosperare indisturbate molto a lungo; nel complesso, tuttavia, funziona abbastanza bene: chi sa scrive contribuisce con nuovi articoli o con correzioni marginali, chi non sa non scrive nulla e chi crede di sapere, prima o poi, viene corretto da uno che sa.

Francesco Ognibene, sulle pagine di Avvenire, scopre un altro limite di Wikipedia: il relativismo.

Internet equipara ogni informazione a qualsiasi altra, abbattendo alla radice ogni pretesa di verità. Anzi, chi vuole affermare un punto fermo su materie controverse è come se si autoescludesse da un “collettivo digitale” allergico ai princìpi indiscutibili (tranne quelli wiki, s’intende). La cultura “aperta” che ispira la rete come un’ideologia intangibile è a ben guardare l’altra faccia del relativismo, al quale fornisce una legittimazione globale proprio grazie alla straordinaria penetrazione del Web.

Il relativismo viene spesso evocato a sproposito, per ignoranza o opportunismo viene confuso con lo scetticismo o con il fallibilismo. Continua a leggere “Il relativo capro espiatorio”

Cosa prevede la legge

Il professo Franco Castelli di Milano scrive una lettera ad Avvenire (scovata grazie alle ultimissime dell’UAAR):

Direttore carissimo,
sono un diversamente abile con invalidità del 100%, ho vissuto la mia condizione sforzandomi di fare, con le diverse abilità disponibili e nel modo a me possibile, quello che fanno i normodotati. Sono diventato papà e docente universitario di ruolo. Ho lavorato sette ore e mezzo al giorno per i giovani laureandi fino al termine dei settantuno anni. Che cosa prevede la 194 per un embrione nelle mie condizioni, cioè con previsione d’invalidità del 100%?
I recenti gravissimi fatti di cronaca hanno riaperto in me una ferita sanguinante dall’entrata in vigore della 194. Per me è stato come se mi avessero tolto la cittadinanza italiana. La 194 prevede l’aborto terapeutico e se si prospetta la nascita di un figlio con invalidità del 100% di fatto lo si elimina. Quindi l’Italia non accetta come proprio cittadino un diversamente abile al 100% come me.

Continua a leggere “Cosa prevede la legge”

Autodeterminazione limitata

La prassi sociale (di cui la medicina è forma eminente di tutela del bene della persona e della comunità) e il diritto – in particolare quello costituzionale – non riconoscono agli atti di lesione o distruzione della propria vita lo statuto di “autodeterminazione” della persona da tutelare e promuovere civilmente e legalmente.

Roberto Colombo, Ma la volontà autolesiva cosa c’entra con il medico?, “Avvenire”, 25 luglio 2007

Penso che Colombo si riferisca alle ultime parole dell’articolo 32 della costituzione:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Le “disposizioni di legge” possono obbligare una persona a un determinato trattamento sanitario (il TSO, trattamento sanitario obbligatorio, ma anche le vaccinazioni obbligatorie), ma mai senza violare i «i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
Per Colombo gli atti di lesione e distruzione della propria vita violerebbero questi limiti, e pertanto è giusto che la comunità (e la Repubblica con apposite leggi) proibisca simili atti. Continua a leggere “Autodeterminazione limitata”

Lo sberleffo sprecato

Mario Iannaccone, che è un collaboratore del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, scrive su Avvenire una feroce critica agli atei sghignazzanti, ad esempio Odifreddi e Giorello.
La tesi è molto semplice:

Chi difende le ragioni di un mondo senza Dio va rispettato, e letto, anche perché è necessario alla fede. Ma gli argomenti dell’ateismo possono arricchire la vita culturale soltanto se sorretti da un’alta tensione intellettuale. La freddura, lo sghignazzo così come l’invettiva che confonde fanatismo con religione sono indegni di intellettuali che hanno responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica che li vede apparire, spesso suo malgrado, su ogni schermo e pagine di giornale.

Per Iannaccone la risata è indegna: gli intellettuali, e in generale chi ha delle “responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica”, non dovrebbero ridere, o almeno non dovrebbe far ridere.
Le risate non sono degne di attenzione. Se una persona fa una battuta, usa l’ironia, non ascoltatelo: quello che dice non è interessante.

Non ho semplicemente voglia di commentare quanto una simile concezione del comico sia meschina e, questa sì, davvero indegna di un intellettuale o presunto tale.

Una artificiosa barriera

La ricerca scientifica va giustamente incoraggiata e promossa sempre che non avvenga a scapito di altri esseri umani la cui dignità è intangibile fin dai primi stadi dell’esistenza.

Così Benedetto XVI nel suo saluto a un congresso romano sulle cellule staminali adulte. Ne parla, ovviamente su Avvenire, Carlo Bellieni, che così riassume il ruolo del netto limite tracciato dal Papa:

Il limite alla ricerca infatti non è un’artificiosa barriera ma l’argine che il fiume costruisce per poter marciare sereno e portare lontano le sue acque.

La metafora usata da Bellieni è bella, ma non se ne capisce l’utilità. Il limite tracciato da Benedetto XVI è la dignità umana: anche se fosse un artificioso argine che rallenta l’avanzare della conoscenza scientifica, sarebbe comunque giusto costruire questo argine.
Questo precisare che i limiti non costituiscono un vero ostacolo, ma anzi possono diventare una preziosa opportunità, è inutile. È come se dicessero: non sparare alle persone perché le uccidiamo, e comunque sparando alle persone si rischia di diventare sordi per il rumore…

Nota marginale vagamente più seria: va bene la dignità, ma come stabilire quando questa dignità viene violata? È il soggetto presunto violato a poterlo stabilire?

I buchi di Darwin

Interessante intervista di Mario Gargantini a Eva Jablonka: I «buchi» di Darwin.
Eva Jablonka è «una studiosa di origine polacca che vive e insegna all’Università di Tel Aviv e si propone nientemeno che di “mettere in discussione quella versione genocentrica del neo-darwinismo che negli ultimi cinquant’anni ha dominato il pensiero biologico”».

Eva Jablonka viene descritta come una sorta di eretica emarginata dagli accademici ortodossi neodarwiniani, nonostante lei rifiuti il fondamentalismo dei creazionisti americani (quelli europei no?).

Quali sono le tesi di Jablonka?

Insomma, le mutazioni casuali non sono l’unico modo di trasmettere l’informazione ereditaria e quindi tale trasmissione non sarebbe il risultato di una grande roulette ma farebbe intravedere dei percorsi in qualche modo guidati. Quella genetica è solo una delle strade, una delle dimensioni, come le chiama Jablonka; ad essa vanno aggiunte quella cosiddetta epigenetica, quella comportamentale e quella simbolica.

Non a caso il libro che la ricercatrice israeliana ha scritto insieme a Marion J. Lamb si intitola Evoluzione in quattro dimensioni.

Poco da dire: l’evoluzione è un processo complesso, e ben vengano queste dimensioni aggiuntive.
L’eroina di Avvenire non è oltretutto la sola a riconoscere questi problemi: commentando una ricerca sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti, Sylvie Coyaud afferma in tutta tranquillità: «Separare caratteri epigenetici e genetici è un buon modo, riduzionista, per fare ricerca, nella vita non funziona».
Quanto alla dimensione simbolica, il fatto che nell’intervista venga evocato Cassirer dovrebbe almeno far intuire che forse non è compito dei biologi studiare i simboli.

Uno arriva in fondo all’articolo e si chiede: i buchi di Darwin, citati nel titolo, dove sono?

Fodor contro tutti

Celebrity DeathmatchCome una variazione sul tema, si può immaginare una versione filosofica di Celebrities Deathmatch, il programma di Mtv nel quale i pupazzi animati di personaggi del mondo dello spettacolo si affrontano in spettacolari duelli all’ultimo sangue (qui il duello tra Angelina Jolie e Sandra Bullock).
Philosopher Deathmatch: Aristotele che rompe le costole a Platone immobilizzato dal terzo uomo, un duello con gli attizzatoi tra Popper e Wittgenstein, Abelardo che, a colpi di martello, trasforma Bernardo in mezzo uomo, Rousseau che tortura Voltaire con la ruota dei trovatelli, Schelling che aizza delle mucche nere contro Hegel, Kant che sottopone Schopenhauer a trattamento sanitario obbligatorio per demenza senile, e così via.
Alla spettacolarità di questi incontri si contrappone la sobrietà di “Jerry Fodor contro Charles Darwin”. Nonostante il titolo del forthcoming paper di Fodor, Against darwinism (Contro il darwinismo), suoni minaccioso, Fodor non vuole eliminare Darwin per sostituire all’evoluzionismo un qualche progetto intelligente di matrice divina. Continua a leggere “Fodor contro tutti”