Lucia Bellaspiga ha scritto quello che non esito a definire uno dei peggiori articoli che abbia mai letto: «Terry Schiavo da noi. Ma non può finire così».
La drammatica vicenda di Antonio Trotta, un italiano domiciliato in Svizzera da due anni in coma in seguito a un incidente stradale, viene affrontata con sprezzo del buon senso e del buon gusto. Un piccolo assaggio:
Per il Codice civile svizzero una persona maggiorenne incapace di intendere e volere è affidata a un tutore, e questi ha il potere di decidere sulle cure dell’assistito. Così della vita o della morte di Antonio Trotta dovrebbe decidere non un padre, non una madre, ma un tale signor Chianese. «Cosa c’entra lui?», singhiozza papà Gerardo, ma lui è ignorante, non ha letto i libri, che ne capisce di norme e di etica svizzera? Invece il Chianese, un ristoratore, è il «tutore» designato.
Il riferimento alla legge e alla finora sconosciuta etica svizzera commuovono: in Italia, par di capire, gli incapaci di intendere e di volere non hanno tutore. Rimangono i dubbi su come gli svizzeri designino i tutori: perché un ristoratore? Leggendo altrove, tuttavia, si scopre che Chianese è un amico di famiglia, non il «primo estraneo che passa», ed è stato nominato dall’ex-moglie di Antonio Trotta (ex di fatto ma non di diritto: i due legalmente non sono separati).
La situazione è complessa e controversa: una persona, non più in grado di esprimere la propria volontà, è contesa tra Italia e Svizzera, tra i genitori e l’ex-moglie. Secondo il tutore, in Italia Trotta sarebbe sottoposto ad accanimento terapeutico, ed è quindi facilmente immaginabile che le cure sarebbero molto diverse in un caso o nell’altro.
Forse una legge sul testamento biologico avrebbe semplificato la situazione, ma trattandosi di un caso internazionale una simile legge si rivelerebbe inutile, inoltre fare simili speculazioni sarebbe una mancanza di rispetto verso chi questo dramma lo sta vivendo.
Un dramma che spiace vedere banalizzato in un articolo così vuoto e retorico.
Una cosa curiosa è che le cronache sul caso si fermano al 23 luglio circa: poi più nulla, fino a quest’articolo, da cui non si capisce bene a che punto sia la vicenda. C’è qualcuno che ha più notizie?
A quanto pare, ma il tutto è poco chiaro, non ci sono stati sviluppi ma dovrebbero esserci a breve.
Su Avvenire c’era anche un altro articolo, «Se portano via il mio ragazzo mi incateno a lui», un po’ più ricco di informazioni.
Segnalo inoltre una serie di articoli apparsi sul settimanale ticinese Il caffè del 16 settembre.
Tu non corri il rischi di essere retorico…non dici nulla…
Caro andrea, qui dico semplicemente che quell’articolo è orribile, un esempio di cattivo giornalismo.
Altrove dico un sacco di cose: basta curiosare tra i vari scritti per rendersene conto.
Sul caso specifico di Antonio Trotta, è vero, non dico nulla di particolare, non prendo posizione, non dico se è giusto che resti in Italia o se si tratta di accanimento terapeutico. Non vedo perché dovrei farlo: dove sta scritto che è obbligatorio avere una posizione, anche quando si conoscono solo superficialmente i fatti?
Tutte scuse, Ivo. Adesso, dietro la lavagna e domani vieni accompagnato dai genitori!
Io noto solo che quando gli ho chiesto io, di prendere posizione su un argomento, mi ha dedicato un post! 🙂
a cui devo ancora trovare il tempo di commentare… 🙁
(ovviamente e’ una boutade: non sono proprio circostanze simili: li’ io gli chiedevo ancora un parere su una questione generale, non su un caso specifico…)
Va bene, sono un reticente (che spero abbia in comune con deficiente solo la rima) 😉
Leggo su Avvenire nuovi sviluppi. In poche e banali parole: hanno vinto i genitori, Trotta resta in Italia.
Non commento la notizia perché la decisione mi lascia perlopiù indifferente: spero che sia quello che Trotta avrebbe desiderato.