Dal pater familias al mammo


Segnalazione.

Ricchissima è la letteratura sul rapporto madre-figlio. Molto più scarsa quella sulla relazione tra un padre e la sua prole. Elemento di spicco nell’organizzazione della famiglia e della società, un padre oggi deve necessariamente ripensare il proprio ruolo, a cavallo tra due opposti eccessi: essere assente o diventare un “mammo”, un surrogato della presenza femminile.
Quella della paternità è una questione complessa e sfaccettata, non riducibile a questi pochi cliché. Per questo Maurizio Quilici, giornalista che da anni si occupa dell’argomento e presidente dell’Istituto di Studi sulla Paternità, ha analizzato più di quattromila anni di storia alla ricerca dei diversi significati che la figura paterna ha assunto nel tempo: dalla mitologia greca al ruolo misterioso che ricopriva nella cultura etrusca, dalla centralità nell’antica Roma alla modificazione della sua funzione sociale col cristianesimo, dalla nuova educazione illuminista alla nascita della psicoanalisi e del “complesso di Edipo”, fino alla seconda metà del Novecento con le contestazioni giovanili, l’emancipazione femminile e la recente “rivoluzione paterna”.
Un viaggio appassionate e singolare nella tradizione culturale europea, raccontata dalla parte del capo-famiglia: a volte affettuoso genitore, altre padre-padrone, complice o antagonista dell’altra metà del cielo. Ma sempre – per assenza o eccessiva presenza – una figura fondamentale con cui fare i conti.

Maurizio Quilici, Storia della paternità. Dal pater familias al mammo.

Recensione quando riceverò il libro.

Il risotto naturale


Mi immagino la scena.
Cosa mangiamo stasera? Ti va del risotto?? Ottima idea. Dovremmo avere del riso a casa. Ma no, dai, prendiamolo in busta. Va bene, quale busta prendiamo? Io sceglierei questa: ingredienti naturali, niente glutammato! Va bene. Prendi anche del parmigiano grattugiato, per dare più sapore al risotto. D’accordo, lo consigliano anche loro.

Aggiungere del glutammato per insaporire il risotto è male; aggiungere del parmigiano, che contiene glutammato, per insaporire il risotto è bene.
Stupirsi di tutto ciò è ingenuo.

Le foto della confezione di risotto provengono da duericcheporzioni.

Buoni e cattivi

Ho appena sentito Fabio Fazio chiedere a uno scrittore – se di domanda si può parlare, diciamo che ho appena sentito Fabio Fazio affermare – che noi ci aspettiamo di veder vincere i buoni, mentre nella realtà a volte vincono i cattivi.

Non ho sentito la risposta dello scrittore, ma mi ha colpito che Fazio non abbia minimamente preso in considerazione l’ipotesi che nella realtà non esistano né buoni né cattivi, che questa divisione sia ingenua e inadatta.
Ci sono persone che, per vari motivi, talvolta si comportano bene – cioè si comportano in maniera socialmente accettabile – e persone che, per vari motivi, talvolta si comportano male – cioè in maniera socialmente meno accettabile.

Il disagio dell’ebreo

Tempo fa sono andato al Piccolo teatro di Milano vedere Il mercante di Venezia di William Shakespeare, regia di Luca Ronconi, scene (notevoli) di Margherita Palli.

Durante la pausa ho sentito una signora dire all’amica: «Ho visto in sala Gad Lerner – poverino, chissà come si sente a disagio, con tutte quelle battute sugli ebrei.»
Tralasciando che si dimostrano immensamente più gretti e vili i cristiani – a iniziare da Bassanio, innamorato del patrimonio di Porzia – dell’ebreo Shylock, credo che il disagio per l’antisemitismo presente nella commedia di Shakespeare non debba riguardare Gad Lerner in quanto ebreo, ma tutti noi in quanto esseri umani.

Congiunzioni

Mi sono nuovamente imbattuto nella già incontrata rivista per i consumatori.

Un articolo denunciava la presenza di vitamine sintetiche in vari succhi di frutta.
«Le vitamine sintetiche sono presenti in dosaggi elevatissimi nei succhi di frutta. Questo non è sano.» Leggendo bene l’articolo si intuisce che il problema non è tanto la natura sintetica delle vitamine, ma la loro eccessiva presenza nei succhi esaminati – ma l’articolo rimane comunque ambiguo.

Un altro articolo riguarda il vaccino dell’influenza suina: uno studio dimostra che l’adiuvante squalene non è responsabile della sindrome della Guerra del Golfo. Sarebbe in ogni caso meglio non fare uso di vaccini con squalene, perché non si conoscono bene gli effetti.

Infine, una notizia sui rischi durante la gravidanza: «In gravidanza fate attenzione a certe piante. Alcune erbe e piante possono essere fatali per il feto. Se siete incinte consultate uno specialista. Durante la gravidanza, Pamela beveva ogni giorno una tazza di tè della salute alla consolida acquistato via internet.» Il figlio è nato morto.
Il titolo della notizia? “Naturali ma fatali”. In quella congiunzione avversativa c’è tutto il pregiudizio nei confronti dell’artificiale. Pregiudizio che, seppure indirettamente, ha avuto una tragica conseguenza (ammesso che la storia di Pamela sia vera e non ci siano stati altri fattori). Fortunatamente qualcosa di artificiale si è trovato: la tisana è stata acquistata via internet.

Una dose di nulla

Tra poco più di una settimana si terrà,  nel Regno Unito, una singolare protesta contro l’omeopatia: alcune persone (“più di trecento”, dichiarano gli organizzatori) ingurgiteranno una massiccia dose di farmaci omeopatici, dimostrando così la loro inutilità.

Come verifica è perfettamente inutile: l’assenza di effetti collaterali è uno dei cavalli di battaglia dell’omeopatia, e il test dell’overdose non verrebbe superato dalla vitamina C, i cui effetti per prevenire lo scorbuto non sono certo un placebo.
Da un punto di vista retorico e politico la protesta potrebbe funzionare. Ma qui, appunto, si passa dalla scienza alla politica, e si possono muovere molte obiezioni, dal rapporto costi benefici di una simile iniziativa all’atteggiamento paternalistico di chi interferisce, a fin di bene, sulle scelte mediche (o pseudo-mediche) degli altri.

Sul rapporto costi benefici: credo che puntare sulla comprensione del metodo scientifico avrebbe effetti forse meno immediati, ma più duraturi e riguardanti anche altri aspetti delle umane superstizioni, ad esempio gli oroscopi  (la mia, ovviamente, è una opinione da non esperto in strategie di comunicazione).
Sul paternalismo: ammesso che vi sia davvero un atteggiamento paternalista, non mi sembra grave, dal momento che ci si limita a sensibilizzare l’opinione pubblica, non a imporre con divieti il ricorso all’omeopatia.

Il piacere di imbrogliare

Un giovane cliente di prostitute ha dichiarato:

I don’t want them to get any pleasure, I am paying for it and it is her job to give me pleasure. If she enjoys it I would feel cheated.

Non voglio che loro provino piacere. Io sto pagando per fare sesso e il suo lavoro è darmi piacere. Se a lei piace farlo mi sentirei defraudato.

La faccenda, apparentemente, potrebbe avere un senso: se la prostituta prova piacere, è possibile immaginare che lo farebbe anche senza essere pagata, e il fatto che voglia i soldi del nostro giovane cliente potrebbe configurarsi come truffa.
Il problema è che non trovo scritto da nessuna parte che un lavoro non possa essere piacevole. Del resto, non mi sento imbrogliato se scopro che un tassista adora trascorrere il proprio tempo guidando o che cucinare è la passione di un cuoco.
Evidentemente al giovane cliente non interessa semplicemente fare sesso: lui vuole fare sesso con una persona che vorrebbe fare altro. E io mi sento imbrogliato da una persona così.

Riflessione *morale

Perché bere un cocktail a pochi chilometri dal luogo del devastante terremoto di Haiti è scandaloso, immorale e disgustoso mentre bere un cocktail a Milano è perfettamente normale?
In altre parole: perché un happy hour in un bar milanese non merita alcun articolo, mentre la Independence of the Seas sì?

Un milione e un miliardo

Quale è la differenza tra un milione e un miliardo?
Quando leggiamo un articolo sul debito pubblico italiano, o sul numero di persone che ogni anno prendono un aereo, o sul numero di litri di acqua consumati in un mese da una città come Milano, ci accorgeremmo se, per un errore di stampa, la parola “miliardi” venisse sostituita da “milioni”?
Io, in tutta sincerità, non me ne accorgerei.

Eppure la differenza è notevole: “un milione di secondi” significa circa undici giorni, mentre “un miliardo di secondi” significa circa trentatre anni.1

Se ci penso, rimango un attimo senza fiato.

  1. Paolo, in un commento al blog di .mau.. []

Nota a margine sulle morali perdute

Quanto segue è una nota a margine di un brevissimo incontro che ho avuto con l’immoralist Roberto Mordacci, durante il quale si è fugacemente accennato alle morali perdute.
Che cosa è una morale perduta? Se ho capito bene, si tratta di una teoria etica che presuppone una errata concezione della moralità umana: una simile teoria, per quanto interessante possa essere, sarà perduta perché inapplicabile.1

Prendiamo il classico dilemma morale dello scambio ferroviario (il trolley problem).
Un treno fuori controllo sta per investire cinque persone. Azionando uno scambio è possibile salvare i cinque deviando il treno, che però investirebbe così un’altra persona. Azionereste lo scambio? La maggior parte delle persone risponde di sì. Un altro treno fuori controllo sta per investire cinque persone, ma questa volta non ci sono scambi da azionare, ma solo una persona da buttare sui binari per far deragliare il treno (voi non potete buttarvi: siete troppo esili). Buttereste questa persona per salvare i cinque? La maggior parte delle persone risponde di no.
Una teoria etica che non tiene conto di questa differenza è una morale perduta. Non solo come teoria descrittiva (banale) ma anche come teoria prescrittiva (meno banale), in quanto non applicabile. Per essere chiari: l’approccio utilitarista, che si limita a contare costi e benefici, è una morale perduta, perché non viene seguito nel secondo caso ed è, quindi, in contrasto con la moralità umana. Continua a leggere “Nota a margine sulle morali perdute”

  1. We may not have a general theory of the moral brain or of human morality (something we will probably never have), but we may have some scientifically based reasons to reject theories which imply unrealistic conceptions of human morality. To look for these unsustainable theories would be, so to say, like being in a kind of Proustian Search of Lost Theories. Roberto Mordacci, “Morality and the Telescope“, Etica e Politica, Vol. XI, No. 2, 2009 []