Dimenticare lo stato

Giuliano Ferrara ha deciso di proporre una moratoria per l’aborto:

Questo è un appello alle buone coscienze che gioiscono per la moratoria sulla pena di morte nel mondo, votata ieri all’Onu da 104 paesi. Rallegriamoci, e facciamo una moratoria per gli aborti. Infatti per ogni pena di morte comminata a un essere umano vivente ci sono mille, diecimila, centomila, milioni di aborti comminati a esseri umani viventi […].

Il discorso di Ferrara si basa quasi integralmente sul parallelismo tra la pena di morte e quella che, riprendendo una proposta simile, potremmo chiamare pena di aborto. Una analogia che sembra presentare più di un problema. Continua a leggere “Dimenticare lo stato”

Relativamente alla pena di morte

Apprendo da formamentis di un notevole dibattito tra Emanuele Severino e Marco Pannella sulla pena di morte, in generale, e sull’esecuzione di Saddam Hussein in particolare.

Emanuele Severino è un filosofo e, da buon filosofo, «parla sempre di un altrove». Eppure nel dibattito, per quanto è lecito giudicare da un resoconto, sempre essere immensamente più pragmatico di Pannella. Se è lecito riassumere un riassunto, direi che quando Pannella parla di giustizia, Severino ribatte che la giustizia non esiste, esiste soltanto il giudizio della storia, e non è detto che questo giudizio si rivelerà, alla fine, contrario all’esecuzione del dittatore.
Chi parla qui di un altrove, Pannella o Severino? In altre parole, decisamente più filosofiche, il mondo è cosmo o caos?

Una delle migliori analisi sull’esecuzione di Saddam la propone Cantor: «un fallimento dell’Occidente sul cammino verso la diffusione delle democrazie, della libertà e della pacificazione del pianeta».
Il mondo è quindi caos. Pannella ci parla dunque di qualcosa che non esiste e non può esistere. Più che un relativista, come pare si sia definito, Pannella è un idealista. E Severino, ma non è una sorpresa curiosamente, un nichilista.

Frasi celebri (3)

Roberto Calderoli, sull’eutanasia:

L’eutanasia non è e non potrà mai essere un diritto civile, in quanto il privare un essere umano della propria vita è sempre una forma di violenza. E’ evidente che ogni forma di accanimento terapeutico mortifica la dignità della vita, ma è altrettanto vero che a nessuno può essere consentito di dare la morte.

Roberto Calderoli, su Unabomber e i terroristi in generale:

A fronte di riti abbreviati o di patteggiamenti la certezza della pena, quanto meno quella equa, inizia a vacillare e, quindi, nonostante in passato fossi stato contrario, inizio a ripensare se, per determinati delitti, quelli più efferati e crudeli, come quelli che hanno per bersaglio i bambini, non sia il caso di riconsiderare la pena di morte.

Dov’è la giustizia?

Victor Hugo; L’ultimo giorno di un condannato; SE, Milano, 2000

Nel 1829 venne pubblicato un libro, intitolato Le Dernier Jour d’un condamné, che narrava le ultime settimane di vita di un condannato alla pena capitale.
La prefazione lasciava al lettore la possibilità di scegliere: se considerare il testo autentica opera di un miserabile, oppure se credere che un sognatore, un filosofo o un poeta si sia lasciato prendere dall’idea degli ultimi giorni di un miserabile e l’abbia messa per iscritto. Continua a leggere “Dov’è la giustizia?”

Pene antiche

Vittorio Mathieu, sul Giornale dimostra la liceità della pena di morte, rifacendosi a Kant.
Condurre dimostrazioni politiche e sociali a partire da un filosofo morto dieci anni prima della Restaurazione (Kant morì nel 1804) è quantomeno curioso. Se non ricordo male, nei suoi testi dedicati alla filosofia del diritto, Kant aveva anche dimostrato che sarti e barbieri non possono godere del diritto di voto.