Il declino dell’occidente

Al Caffé filosofico, un tempo ritrovo affollato, Simplicio beve una tazza di té e legge alcune carte quando arriva Benedetto, suo caro amico.

Benedetto: Buongiorno, caro Simplicio. Ti dedichi alle sudate carte, vedo.
Simplicio: Definirle sudate è forse eccessivo, ma sono comunque faticose. Sono gli indici di una rivista, Il tramonto dell’Occidente. Il direttore ha deciso che tutto l’archivio deve essere reso accessibile su web entro un anno. Il tempo non è molto, e devo ancora identificare categorie e parole chiave per la catalogazione degli articoli.

Benedetto: Il tramonto dell’Occidente? Che titolo curioso.

Simplicio: Come è scritto in copertina, si tratta di una rivista sui valori forti della cultura occidentale, per superare le crisi interne ed esterne.
Potresti inviare qualche tuo scritto, sono sicuro che il direttore sarebbe molto interessato alle tue teorie sul legame necessario tra conservatorismo e concezione occidentale della temporalità, per non parlare delle analisi sulla liberalità dello stato etico e la laicità episcopale.

Benedetto: Le mie analisi non sono semplicemente interessanti: sono vere. Ed è anche per questo che non ho alcuna intenzione di scrivere per una rivista che rende disponibile il proprio archivio su internet.

Simplicio: Come mai questo rifiuto? Ti assicuro che Il tramonto dell’Occidente è una rivista molto seria!

Benedetto: Non metto in dubbio la serietà della rivista. Il problema è internet: non voglio che il mio nome o dei miei scritti finiscano su internet.

Simplicio: Temo che, prima o poi, dovrai rassegnarti. Una email, un commento ad un articolo, la graduatoria di un concorso, un curriculum vitae: prima o poi anche il tuo nome finirà sul web.

Benedetto: Caro Simplicio, in realtà non è così difficile sparire, o meglio non apparire, nel mondo virtuale.
Basta avere un indirizzo di posta elettronica anonimo: il mio, ad esempio, è un numero: 275498. Non firmo mai con nome e cognome, e cerco di non scrivere mai nulla di personale. Quando proprio non posso fare a meno di comunicare i miei dati o le mie idee, trasformo il testo in una immagine: per gli esseri umani non ci sono differenze, ma così il testo non viene riconosciuto dai computer. Non sono abbonato a nessuna rivista, non faccio acquisti online. Ovviamente, tutto quello che scrivo a computer viene cancellato una volta stampato.

Simplicio: Le tue strategie sono notevoli, caro Benedetto. Quello che non capisco è lo scopo: per quale motivo vuoi evitare che una persona, cercando informazioni sui temi che più ti stanno a cuore, scopra la tua esistenza e conoscere le tue interessanti idee. Con noi ne discuti spesso e volentieri, qui al Caffé filosofico.

Benedetto: Come ti ho già detto, le mie idee non sono interessanti: sono vere. Ed è appunto questo, il problema, e sono sorpreso che tu non lo comprenda.
La verità esige rispetto, caro Simplicio. E rispettare la verità significa selezionare gli ascoltatori. Non posso divulgare il mio pensiero a chiunque, perché in molti non capirebbero, e la loro incomprensione sarebbe un oltraggio alla verità. Solo nel dialogo la verità si può manifestare, solo nel dialogo tra persone intelligenti.

Simplicio: Hai quindi paura dell’incomprensione delle persone.

Benedetto: Non solo, mio caro Simplicio, non è soltanto la incomprensione a spaventarmi. In ogni epoca, la maggior parte delle persone è sempre stata indegna di ascoltare la verità. Sono sempre stati in pochi a poter comprendere.
Quello che mi spaventa è che questi pochi, oggi, sono anche loro condannati all’ignoranza.

Simplicio: Descrivi tempi bui, caro Benedetto. Dimmi, che cosa impedisce la scoperta della verità, ai pochi in grado di comprendere?

Benedetto: Internet. Internet è la causa di tutti i mali: i testi non sono più letti e catalogati dall’uomo. Internet è conoscenza senza uomo.
Collegati ad un motore di ricerca, e chiediti: dov’è l’uomo?

Simplicio: Dov’è l’uomo? Beh, il motore di ricerca fornisce un elenco di siti internet, e questi siti sono scritti da qualcuno!

Benedetto: Caro Simplicio, non devi fermarti all’apparenza. Vi è, all’origine, un autore, un uomo che scrive. Ma poi il testo non dipende più da questo autore. Viene letto, digerito, riassunto, collegato, smembrato da internet, dai motori di ricerca, dagli aggregatori.
È la fine: l’uomo non è più padrone della conoscenza, ma suo schiavo.

Simplicio: E la verità?

Benedetto: La verità, purtroppo, scompare. Solo l’uomo è in grado di riconoscerla e di custodirla: l’uomo, non le macchine, che la ignorano e la uccidono.
Ecco il destino al quale l’uomo va incontro: invece di ascoltare la verità, invece di ascoltare me, si perde dietro internet, dietro la falsa conoscenza dei testi che vivono di vita propria.

Simplicio: Un vero dramma.

Benedetto: Già, un dramma che purtroppo non è arrestabile. È il declino della civiltà occidentale, mio caro Simplicio, la fine di quel poco di buono che c’è su questo pianeta.
È triste pensare che saremo proprio a noi ad assistere alla fine: saremo noi a pagare gli errori dei nostri antenati.

Simplicio: I nostri antenati? L’errore ha dunque origini così remote?

Benedetto: Certamente. L’errore che ha condannato la civiltà occidentale ad una lenta ma inesorabile fine è stato commesso molto generazioni fa.

Simplicio: Maestro, continui: quale è stato questo errore?

Benedetto: Pensavo fosse chiaro: la scrittura alfabetica. Senza questo terribile strumento, la scrittura sarebbe ancora un privilegio per pochi, come la conversazione tra persone intelligenti.

Simplicio: La civiltà occidentale è quindi destinata a scomparire, a soccombere?
Benedetto: Purtroppo sì. C’è una unica, remota speranza, per la nostra civiltà: che il mondo torni ad essere popolato da analfabeti.

Simplicio: Ma questo è impossibile, maestro.

Benedetto: Non disperare, caro Simplicio, non disperare. Ti consiglio di passare davanti ad una scuola, oppure di leggere i progetti di riforma scolastica: capiresti che, forse, non tutto è perduto.

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