“Cosa vedi in questo momento?”
Immaginiamo di porre questa domanda consegnando un oggetto ad un amico, oppure durante una conversazione telefonica, oppure visitando una esposizione di quadri o sculture. Cosa si può dire a proposito di questa domanda?
La domanda è semplice ed innocente.: non vi è nulla di astruso o di insolito e se la risposta presenta problemi, sono di ordine pratico e non concettuale: magari non si vede bene a causa della distanza eccessiva, oppure non si è in grado di descrivere adeguatamente un oggetto complicato, ma la domanda viene perfettamente compresa.
È lecito aspettarsi una risposta: “Vedo una fotografia” oppure “Vedo una strada” ma anche “Vedo degli uomini che corrono ma non capisco perché” o “Non ho gli occhiali, non riesco a vedere bene”.
La situazione cambia radicalmente se a porre questa domanda è uno scienziato o un filosofo: l’innocenza e la semplicità scompaiono, l’oggetto della domanda non è più il mondo nella sua immediatezza. Si vuole conoscere la visione, la misteriosa capacità umana di vedere. La domanda adesso ignora le fotografie, le strade e gli uomini che corrono: ci si concentra sull’occhio, come se il vedere non fosse essenzialmente vedere qualcosa.
Lo scienziato e il filosofo si aspettano una risposta, ma la risposta migliore è il silenzio.