A Beethoven manca il ritmo

Leggo un po’ ovunque che “secondo Giovanni Allevi a Beethoven mancava il ritmo”.
Eviterei di commentare quella che è una dichiarazione probabilmente fatta unicamente per fare rumore, ma incuriosito ho cercato di capire che cosa ha effettivamente detto il pianista italiano e ho notato una cosa curiosa.
Partiamo dal virgolettato:

“Un giorno”, ha spiegato, ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare approccio con la musica, anche se si trattava di quella classica. Stavo ascoltando a Milano la Nona Sinfonia di Beethoven. Accanto a me un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando finisse. Credo che in Beethoven manchi il ritmo. Con Jovanotti, con il quale ho lavorato, ho imparato il ritmo. Con lui ho capito cos’è il ritmo, elemento che manca nella tradizione classica. Nei giovani manca l’innamoramento nei confronti della musica classica proprio perché manca di ritmo”.

Ricapitolando, Allevi ha visto un bambino annoiarsi a un concerto nel quale veniva suonata una sinfonia di Beethoven. E ha capito che tutti i giovani si annoiano ad ascoltare tutti i concerti di tutta la musica classica.

Stupisce che Allevi abbia una laurea in filosofia?

Maestoso andante (dalla Sonata per pianoforte n. 12)

Ludwig van Beethoven, Sonata per pianoforte n. 12 op. 26, III. Maestoso andante, marcia funebre sulla morte d’un eroe.

Musica in bianco e nero

Ludwig van Beethoven compose nove sinfonie.
Franz Listz, che una leggenda vuole baciato da Beethoven dopo che questi lo aveva ascoltato suonare, trascrisse queste sinfonie per pianoforte. Non è facilissimo trovarle nei negozi di dischi; fortunatamente anche in questo caso internet viene in aiuto.

Dalla ricchezza timbrica di un’orchestra sinfonica al suono di un pianoforte solo. Verrebbe da dire: dai colori di un’orchestra al bianco e nero del pianoforte.
È una semplice metafora o qualcosa di più?

Sequenze e conseguenze

Franco Battiato, Musikanten, Italia, 2005

“Se nella vostra storia descrivete un fucile, questo poi deve sparare”: questo è il principio dell’essenzialità narrativa, nella formulazione di Anton Cechov: ogni elemento della narrazione, una scena, una ha necessariamente un ruolo, non può non averlo. Il fucile, come insegna Hitchcock, può anche non sparare, ma di sicuro verrà impugnato da qualcuno con l’intenzione di fare fuoco.
Il principio di Cechov ha senso unicamente all’interno di una narrazione: nella vita reale si possono incontrare decine o centinaia di fucili senza per questo assistere, ogni volta, a delle sparatorie. Un fedele resoconto della vita di una persona risulterebbe saturo di eventi inutili ed inessenziali: incontri casuali, smarrimenti di oggetti, acquisti vari, letture amene e così via. Continua a leggere “Sequenze e conseguenze”