Dare a Cesare quel che è di Cesare

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L’autore misterioso altri non è che Cesare Beccaria.
La citazione completa, tratta ovviamente da Dei delitti e delle pene, con in corsivo la parte estrapolata e modificata, è:

La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di dentro dalla forza e dalla opinione, forse piú efficace della forza medesima, dove il comando non è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte.

Per il marchese Beccaria la pena di morte può essere ammessa per questioni di ordine pubblico (anche se limitatamente ad alcune situazioni particolari, come le rivoluzioni e le rivolte) e per deterrenza. Continua a leggere “Dare a Cesare quel che è di Cesare”

Dei delitti e delle pene

Aggiornamento del 24 ottobre 2022. Questo articolo incentrato su Cesare Beccaria gode di una certa popolarità immagino grazie alle ricerche su Google. Per i lettori interessati segnalo un’intervista, disponibile su Academia.org, che ho fatto al giurista Roy Garré in occasione dei 250 anni di Dei delitti e delle pene. Fine dell’aggiornamento.

Grazie all’amico Cantor apprendo che i servizi segreti americani, quando interrogano i probabili terroristi, utilizzano un particolare tipo di tortura chiamato waterboard.

Il Waterboard, o Waterboarding, è in realtà la versione moderna di una tecnica molto antica, talvolta indicata con l’espressione cura dell’acqua, già usata dall’inquisizione per estorcere confessioni.
L’idea di base è indurre una sensazione di annegamento senza tuttavia annegare effettivamente il torturato. Per fare ciò, gli inquisitori versavano acqua o altri liquidi direttamente nella gola dello sfortunato, tramite un imbuto. Gli agenti della CIA, invece, fanno ricorso ad un sistema leggermente più elaborato:il prigioniero viene legato, con la testa in basso, ad un piano reclinato, sul suo volto viene posto un asciugamano bagnato o un telo di plastica e vi si versa sopra dell’acqua.

I risultati sono decisamente soddisfacenti: in meno di un minuto quasi tutti decidono di confessare.

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