Piccolo esperimento mentale:
Si immagini, a proposito di libero arbitrio, un computer. Può questo manufatto (o macchifatto) esprimere un qualcosa di simile alla libertà di scelta?
Fino ad oggi no, i computer non hanno qualcosa di simile alla libertà di scelta.
Anche perché, al di là delle difficoltà tecniche, non se è avuto il bisogno. Alla tecnologia non abbiamo chiesto libertà, ma deterministica certezza. Quando apro il programma di posta del mio mac, voglio che lui, con deterministica certezza, mi visualizzi le mail che devo leggere – non che decida, liberamente, di non mostrarmele perché secondo lui dovrei, al contrario, rilassarmi un po’ guardando alcuni filmati divertenti su YouTube.
Però un domani potrebbe non essere più così.
I navigatori satellitari fanno una cosa molto semplice: mi dicono dove sono e quale è la strada più veloce per raggiungere un determinato posto. Alcuni modelli calcolano il percorso tenendo conto delle condizioni attuali del traffico, ma eseguono comunque un calcolo con deterministica certezza: tutti i navigatori che si trovano in una certa zona non potranno che consigliare lo stesso identico percorso.
Potrebbe essere utile, un giorno, fare loro dono di una certa libertà. Se infatti la maggior parte dei veicoli fosse guidata da un navigatore satellitare, ci ritroveremmo con le strade teoricamente più veloci completamente intasate.
Credo che il modo migliore per evitare tutto ciò sia, appunto, regalare un po’ di libertà di scelta, impostando eventualmente delle preferenze individuali in grado di evolversi nel tempo, in base all’interazione con il proprietario. A questo punto non tutti i navigatori consiglierebbero (o imporrebbero) la stessa strada, e il traffico sarebbe distribuito in maniera più intelligente.
Un’altra possibilità potrebbe essere lasciar comunicare i vari navigatori: ogni apparecchio sarebbe informato1 delle intenzioni degli altri, e potrebbe decidere, liberamente, quale strada percorrere in base a queste intenzioni.
È libero arbitrio, questo?
Se la domanda riguarda il destino dell’anima, molto probabilmente no. Se la domanda riguarda, più banalmente, la comprensione del mondo che ci circonda, forse si può fare a meno della domanda.
- Dopo aver “promesso” di non divulgare ad altri queste informazioni, ovviamente. [↩]
In questo caso, si può senz’altro fare a meno della domanda.
la mano invisibile dei navigatori satellitari
Mai sentito parlare di algoritmi stocastici? Generatori di sequenze (pseudo)casuali?
@hronir: Sì, ne ho sentito parlare 😉
Per Penrose (ma non ho mai capito bene la sua tesi) il libero arbitrio verrebbe proprio da processi stocastici presenti, a livello quantistico, nel cervello…
> Potrebbe essere utile, un giorno, fare loro dono di una certa libertà
Se ci riesci vinci il premio Nobel. Gli algoritmi stocastici 1) o sono fondamentalmente deterministici oppure 2) attingono ad una stocasticità estranea ai processi del computer stesso, qualcosa che viene dall’esterno; perché il sistema isolato “computer” non può rendersi libero di scegliere.
La possibilità che anche il nostro libero arbitrio sia frutto di un “errore” da cui si impara, un meccanismo trial-and-error simile a quello evoluzionistico, è interessante, ma un po’ troppo riduttivo secondo me, e non risolve il problema: perché per poter imparare bisogna sapere COSA imparare, e quest’informazione in un’ottica deterministica deve essere una funzione pre-esistente, non inventata sul momento. A meno che non sia il frutto di un altro errore, e così via… finché non si arriva a delle funzioni veramente elementari. Cioè bisogna sapersi porre in un piano meta-logico.
Sul piano prettamente fisico, secondo me Penrose sbaglia in questo: vuole trovare la fonte di “stocasticità” in qualche modo dentro al sistema, e non fuori, in balia degli eventi cosmici; ed individua nei processi quantistici una possibile fonte, perché sottesi da una natura probabilistica. Ma tale natura probabilistica emerge solo a seguito di un processo di misura o decoerenza, cioè da un’interazione con l’ambiente, un sistema isolato quantistico è perfettamente deterministico. Quindi il problema non è tanto che il sistema sia quantistico o meno.
Piuttosto di definire il libero arbitrio come libertà di scelta (anche aleatoria), io direi invece che il libero arbitrio è la libertà di creare opzioni nuove, scelte che non sarebbero contemplate, in base a ciò che si è imparato. Anche la libertà di fare cose assurde, senza senso. Uscire da un piano logico per mettersi su un piano logico superiore, discorrere sul discorso, pensare al pensiero, come succede con la meravigliosa dimostrazione del teorema di Goedel. E questo i computer non lo possono fare, neanche se glielo insegni, neanche se li programmi per impararlo. Non impareranno mai a programmarsi, perché non possono produrre più informazione di quanta gliene metti dentro*.
*Una volta ho letto questa definizione di linguaggio e di arte: la possibilità di esprimere l’infinito con mezzi finiti. Senza linguaggio non c’è libero arbitrio.
Se rispondo semplicemente sì: Dispongono dell’adeguato livello di libertà, mi prendete a male parole?
Un Sorriso
FYI, se ricordo bene Hofstadter affronta i problemi per l’AI citati da ToMaTe (la capacità di astrarsi e di salire e scendere di meta-livelli) in “Concetti fluidi e analogie creative”
http://en.wikipedia.org/wiki/Fluid_Concepts_and_Creative_Analogies
Quoto (ovviamente) hronir: aggiungendo che già in G.E.B.(1979) il mitico DRH affronta questi argomenti.
Concetti fluidi e analogie creative sotto certi aspetti rafforza l’espressione già predisposta in G.E.B. ma direi che trova già compimento nel volume a quattro mani (e che mani) con D.C. Dennett : l’Io della mente.
Un Sorriso
P.S. non ero entrato nel dettaglio del commento di tomate, anche perchè molti dei temi sono ripresi dal post precedente, ove ho già riportato molti dei concetti qui presenti e “suppongo” che il titolo di questo post sia una esplosione della mia domanda posta in quello.
Confesso di non essere un amante di questi pensatori presunti “sistemici” come Bateson, Dennet, Hofstadter. In particolare GED mi è sempre sembrato un grande bluff, perché alla fine della storia, dopo essersi pippati una zuppa francamente troppo lunga, non rimane veramente un messaggio chiaro sul cuore del teorema di Goedel; a volte ho l’impressione che lo stesso Hofstadter non abbia colto veramente il punto, che invece è reso benissimo nel ben più sintetico La Prova di Goedel di Nagel/Newman.
Indipendentemente dalle mie letture, credo che più che stabilire “analogie fluide” tra i grandi teoremi della logica e il funzionamento del pensiero umano (che è schematizzato secondo le stesse categorie, per cui è un serpente che si morde la coda), si si debba chiedere se ci sia qualche motivo fonadamentale per cui la fisica (e quindi la biofisica) sia essa stessa soggetta ad un principio di incompletezza, e quale sia veramente il ruolo dell’osservaore – della coscienza umana – in fisica.
@il più cattivo: Io non ti prendo a male parole: adeguato livello di libertà mi piace, come espressione.
@tomate: Qui mi accontento di un approccio “esterno” alla libertà. Se due navigatori della stessa marca e modello mi consigliano due strade diverse, per me c’è una certa libertà.
Su GEB: credo che Hofstadter abbia ben chiari i teoremi di Gödel, ma ci fa costruzioni che, alla fine, li rendono difficilmente riconoscibili.
@Ivo: per avere due indicazioni diverse è sufficiente (almeno a volte) aggiornare la mappa. In realtà il problema non è di quanta libertà si possa disporre ma cosa se ne potrebbe mai fare. Da fan di DNA rimarco il ricordo del robot depresso in “guida gallattica”. (Può sembrare un OT, e riconosco che il riferimento è un po’ criptico).
Aggiungerei una considerazione: scrivi
Però in questo modo si finisce per considerare la libertà fondamentalmente una menomazione, l’incapacità di trovare la risposta giusta…. umh interessante….però sull’unghia mi sembra una “libbertà” alla arrangiamoci perchè altrimenti non ce la facciamo…. C’è da pensarci su!!!
@tomate: rispetto ogni giudizio (anche quelli che non condivido per niente) però :
1) storpiare il nome del mio libro preferito spero sia stato soltanto un errore di batittura
2) Lo scopo del libro di DRH non era certo “dimostrare di aver compreso il teorema di Godel” … ma in fin dei conti il tuo è un giudizio e quindi vale quanto il mio, che però riguardo ad questo libro ed al suo autore è… osannante!
Mi sia consentito infire riportare che a proposito di serpenti che si mordono la coda è uno dei simboli usati per raffigurare in nastro di Moebius “strani anelli” alla base dei capolavori di DRH.
Un Sorriso
Io presumo che la facoltà di scegliere derivi dalla capacità di distinguere ciò che provoca vantaggio dal suo contrario. Ossia che l’intelligenza si sia sviluppata da un semplicissimo processo primario di tipo vuoto-pieno in relazione agli effetti della scelta del proto-organismo che per primo l’ha posta in essere e, soprattutto, che è stato per primo in grado di effettuare la distinzione.
Quando riusciremo a riprodurre un sistema che contenga un elementare principio di gratificazione, riusciremo a ricreare le condizioni di sviluppo dell’intelligenza.
@ilpiùcattivo
Marvin the paranoid android, per la precisione 😎
Grazie Marco. Sono indeciso se riguardare il film (meno invadente sul mio tempo disponibile) o rileggermi il libro (che è un bel po’ che non riapro)
Un Sorriso
P.S: A proposito, a parte la gradita precisazione, ma sono l’unico Darwnista che ha qualcosa da dire in difesa dell’evoluzione della libertà???
@il più cattivo: Ovviamente la libertà che ho pensato per i navigatori satellitari non ha lo scopo di far andare le auto giù dia dirupi perché il gps è depresso…
Quanto alla libertà come menomazione: se penso al compito da svolgere come a un calcolo aritmetico, allora la libertà non è un grande vantaggio: meglio essere obbligati a 2+2=4 che la libertà di affermare 2+2=7! Ma già ricercare la strada più breve per andare da A a B è un compito che non ha una risposta univoca e certa. E qui la libertà può significare la possibilità di scoprire nuove soluzioni (e può, banalmente, permettere la coesistenza di più individui: se tutti facessero la stessa strada, saremmo tutti imbottigliati!).
@Ivo: Rischiando grosso ti parlerò di arte. Anzi di quella che tra le verie discipline è senz’altro la mia favorita: la musica. In realtà non sarebbe necessario parlare di musica e in particolare di Jazz per arrivare all’improvvisazione, ma è lì che ho conosciuto “il genere” è che pur non padroneggiandolo ho l’ambizione (anzi sarebbe più corretto dire la ingiustificata pretesa) di parlarne. L’improvvisazione potrebbe essere considerata la soluzione più appropriata alla “libertà” che vorresti porre dentro un navigatore gps. Ovvero attraverso qualcosa che tu non sei costretto a comprendere qualcuno prende delle decisioni (come effettuare un passaggio musicale, piuttosto che quale scorciatoia indicarti) di cui godresti (ed io quando posso del grande Trane godo). Eppure soltanto grandi musicisti riescono a darti questa sensazione e quando ho avuto la possibilità di studiarne (o meglio apprezzarne) l’arte e discuterne con loro, la cosa che mi hanno detto è confermato è che l’improvvisazione è un meccanismo che viene sviluppato mediante l’esercizio, la conoscenza delle tecniche ed in particolare dell’ascolto lì dove nelle jam session l’improvvisazione raggiunge i suoi apici.
Stimo troppo te ed i tuoi lettori per dover esplicitare passo passo tutte le considerazioni necessarie, ma la sostanza del mio discorso è che la grandezza della libertà è nella procedura non in qualche magia (quella vera, non i giochi di abilità) e che quindi risulti inspiegabile e non indagabile. Nella modestia che purtroppo non contraddistingue la nostra specie homo sapiens sapiens (già il nome…) spesso dovremmo parlare di ancora inspiegata (la libertà e simili) invece tagliamo corto e giungiamo a conclusioni (tremo ogni volta che tirano in ballo i livelli quantistici di Penrose) che vorrebbero avidamente portarci in meta (e così dal jazz siamo finiti al rugby)….
Un Sorriso
il più cattivo (ormai è chiaro che sei il mio obiettivo dialettico preferito)
> l’improvvisazione è un meccanismo
questo non è assolutamente vero. l’improvvisazione è a livello base una tecnica di conservazione di un messaggio che rifugge la scrittura; come tale ha un linguaggio, degli stereotipi, delle strutture. ma è anche una tecnica di fioritura e invenzione (come d’altra parte lo è la composizione) ed in quella componente è libero: libero proprio perché conosce il linguaggio così bene da trascenderlo (il cammello è uno che improvvisa alla cazzo per tirar giù le mutandine alle ragazze, che di solito ci cascano; il leone è il re della tecnica; il superuomo possiede la tecnica ad un livello tale da poterla dimenticare: in quanto a cuccare, è una scala discendente).
Un pianista jazz (bravo) una volta mi ha fatto vedere cosa vuol dire “improvvisare” secondo metodi appresi e imparati e improvvisare veramente. Mentre nel primo caso poteva addirittura parlare mentre suonava, e il risultato era comunque ottimo!, nel secondo caso era totalmente concentrato nell’elegante violazione delle regole che aveva imparato.
Cerco di pensare in un’ ottica comportamentista e di vedere le cose dall’ esterno disinteressandomi della “formula” del lib.arb.
Chi crede nel libero arbitrio sa che è proprio questa facoltà a rendere l’ uomo civilmente “responsabile”, quindi processabile e potenzialmente colpevole. In molti casi, poi, la “responsabiltà” di Tizio sgrava Caio dalle sue.
Ha poco senso utilizzare l’ espressione “libero arbitrio” se trascuriamo una conseguenza tanto qualificante.
Qualora il “libero arbitrio” possa essere riprodotto tramite un software, siamo disposti a ritenere civilmente “responsabile” la macchina (navigatore o altro…) su cui tale software viene “uploadato”?
Solo rispondendo “sì” si puo’ sostenere di essere riusciti nell’ operazione. E’ la prova del nove. Le “colpe” della macchina non dovrebbero ricadere sul costruttore o sull’ utilizzatore, così some quelle dei padri non ricadono sui figli.
Se una macchina dotata di “libero arbitrio” mi consiglia certi comportamenti che finiscono per danneggiare altre persone, io, chiamato a rispondere, potrei traslare almeno parte della mia responsabilità civile sulla macchina “cosciente”.
Diverrebbe conveniente la costruzione di macchine almeno in parte “deresponsabilizzanti”.
@tomate: finchè non mi dai dell’antropico, non c’è alcun problema. 😉 Se frequento questo blog è per confrontarmi non per alcun altro motivo.
E’ realmente interessante il discorso del bravo pianista jazz (io ne ho parlato nel 1993, ad esempio, con Roberto Cippelli all’Alpheus di Roma) mentre altri pianisti (ma perchè concentrarsi su questo strumento che comunque amo alla follia) anche non jazz mi hanno segnalato sensazioni analoghe. Riguardo la necessità di concentrazione che non credo sia necessaria soltanto per l’improvvisazione posso capire una questione di grado ma non “qualitativa”. Però mi fa venire in mente lo sforzo (per applicare dei metodi) piuttosto che necessità trascendenti.
Paolo Fresu (mostro nel senzo migliore del termine) sosteneva (uso il passato perchè purtroppo l’ho perso di vista da una deecina di anni, anche se continuo a seguirlo nei suoi dischi) che il silenzio richiesto in alcuni locali jazz (in particolare discutevamo sulla possibilità di servire drink durante i concerti) falzava una parte importante della componente popolare della musica stessa. E pensare che se voglio ascoltare i dischi di Paolo mi assicuro di non avere nessuno che possa interrompermi….
Riguardo la violazione delle regole ti lascio un ultimo pensiero: perchè se a violarle sono io (purtroppo anche se mi piacerebbe rispettarle) becco fischi e bottigliate mentre quando lo fa, per esempio Steve Lacy, vengono giù gli spalti dagli applausi (1 maggio 1994 al teatro di Reggio Emilia ad un concerto bi-gruppo, dopo il sestetto di Steve c’era il trio Motian-Lovano-Frisell, ah bei tempi…).
Ah! A proposito il titolo di “obiettivo dialettico preferito” mi piace, posso tenerlo, considerarlo come un affettuoso regalo di Natale?
Un Sorriso
Un ringraziamento a tutti i musicisti che mi hanno donato istanti meravigliosi sia con la loro musica che confidandomi le loro sensazioni.
ipc
> perchè se a violarle sono io (purtroppo anche se mi piacerebbe rispettarle) becco fischi e bottigliate
perché sei un cammello! e magari ti becchi pure le cammelle.
@il più Cattivo e tomate: Molto interessante la vostra discussione sull’improvvisazione e, in generale, la creatività.
Purtroppo non ho molto di originale (!) da aggiungere, ma il tema di affascina.
@Broncobilly: Non sono sicuro che regalare capacità decisionali (uso questo termine al posto di libero arbitrio) a dei computer possa essere deresponsabilizzante.
La responsabilità (morale o giuridica che sia) riguarda, in molti casi, anche omissioni o azioni compiute da altri.
@tomate: troppo onore 😉 Però suppongo che tu non abbia idea del matusalemme con cui ti inchiodi, per cui ti dico che i cammelli mi riportano soltanto al periodo in cui i nostri connazionali rientrarono dalla Libia e molti di essi venivano appunto apostrofati come cammelli. Dal tono (ehi il tono in un commento è un fenomeno fisico?) parrebbe una minorazione forse addirittura un insulto. Personalmente ho un grande rispetto per quei nobili animali, che l’evoluzione ha preservato in condizioni dove io non avrei saputo sopravvivere neanche una settimana….
Un Sorriso