Mi sento in parte chiamato in causa da Carlo Bellieni, neonatologo del Policlinico Universitario “Le Scotte” di Siena, quando, in una lunga intervista al settimanale Tracce, afferma:
Ci sono filosofi che spiegano, per esempio, che non soltanto il feto non è una persona, cosa già da sola assolutamente discutibile, ma non lo è neppure il bambino fino all’anno di vita: dicono che fino all’anno di vita non c’è autocoscienza e, quindi, i bambini non sono persone.
Non so se mi si possa definire “filosofo” (“dottore in filosofia” sì, al massimo “studioso di filosofia”, ma “filosofo” pare proprio esagerato), ma certo affermo qualcosa di simile a quel che paventa Bellieni. Anzi, la mia posizione è ancora più estrema: secondo me si diventa persona non prima dei dieci anni di età. Non è solo questione di autocoscienza: “persona” è un termine sociale, quasi giuridico, e l’essere persona dipende in larga parte dallo spazio sociale che circonda il soggetto in questione. È difficile sostenere che un embrione di poche settimane abbia uno spazio sociale, e le relazioni che ha un bambino di tre anni son ben diverse da quelle di un adulto.
Non per questo sostengo che i bambini, siano essi feti, neonati o quasi maggiorenni, non valgano nulla, come invece, secondo Bellieni, dovrei fare:
Quello che non è “giovinezza” non vale niente: è meglio che sparisca. Bambini, vecchi e disabili. Queste tre categorie nella società di oggi sono i paria, i nuovi perseguitati. Letteralmente, non valgono niente.
Pare di capire che, per Bellieni, o si è una persona oppure non si vale niente: tertium non datur. Questo passaggio mi sembra a dir poco problematico, come pure l’assunto di fondo del suo discorso su aborto e cure ai prematuri: la valenza universale e vincolante di scelte personali e particolari.
Quello che una persona sceglie di fare (o di non fare) in una determinata circostanza diventa automaticamente una scelta obbligatoria per altri, magari in circostanze anche molto diverse. Il problema è, ovviamente, culturale:
Un domani l’anziano non autosufficiente potrà sentirsi “obbligato” a chiedere di morire. Esiste sì un problema scientifico, ma anche un problema culturale.
Qui sono d’accordo con Bellieni: sarebbe molto grave se un anziano, il cui desiderio è continuare a vivere nonostante le difficoltà, decidesse di rinunciare alle cure perché moralmente obbligato dalla società a lasciarsi morire. Lo stesso vale per i neonati prematuri: sarebbe anche qui molto grave se il medico o i genitori rinunciassero alle cure non per ponderata scelta ma per pressioni sociali.
Se la soluzione è però obbligare le persone a sottoporsi a trattamenti medici anche contro la loro (eventualmente presunta) volontà, allora il rimedio mi sembra peggio del male. A quando proibire il matrimonio perché la moglie rischia di sentirsi obbligata a servire il marito?
L’intervista di Bellieni è molto lunga, e tocca moltissimi altri punti che io qui non ho affrontato: mi interessava solo l’accusa ai filosofi nichilisti.
Sull’argomento delle cure ai neonati prematuri, filo rosso dell’intervista, si è espresso con notevole lucidità Giuseppe Regalzi su Bioetica: A proposito di cure ai prematuri.
Ivo, secondo me hai esagerato col beneficio del dubbio.
Voglio dire, con uno che argomenta le questioni sull’aborto mettendo in bocca ai suoi avversari che donne, vecchi, bambini e disabili dovrebbero essere fatti fuori immediatamente (donne no? bisognerebbe dirgli di aggiungere anche loro, farebbe ancora piu’ presa!), dicevo, con uno che applica in maniera cosi’ grossolana e contemporaneamente la tecnica dell’uomo di paglia e la reduction ad Hitlerum non bisognerebbe far altro che applicare la Godwin’s rule e dichiarare terminata ogni possibile discussione!
Curioso, questa ragionevole definizione di persona come relazione l’ho sentita la prima volta al corso prematrimoniale (ehm, be’, sì…)
“o si è una persona oppure non si vale niente: tertium non datur.”
“la valenza universale e vincolante di scelte personali e particolari.”
Hai toccato il cuore del problema.
@hronir: Sono un tipo molto tollerante. Spero non diventi una colpa 😉
@ferigno: Il cuore del problema… già, ma portare la discussione lì, al cuore del problema, è tutt’altro che facile.
Per il corso prematrimoniale: fa piacere essere in buona compagnia 😉
Mi ha fatto riflettere questo post. In effetti mi hai fatto capire che non solo non è rilevante se il feto è vivo, ma neppure se è persona.
@Maurizio: Questo tuo commento mi rallegra non poco… Grazie!
Ti offendi se ti dico che hai mal riassunto le frasi- ineccepibili, al di là di punti marginalissimi – del neonatologo, che lui ha riassunto magnificamente gli errori filosofici più frequenti e che in buona sostanza la tesi del “tertia dantur tra persona e non-persona”- oltre a non cogliere neanche alla lontana il nocciolo della questione “persona”- è un po’ un žižuku alla moda?
ciao! eno
Eno:
Sono curioso di sapere qual è “il nocciolo della questione persona”.
@eno: Non mi offendo, ma mi aspetto qualche dettaglio in più.
Per quanto riguarda il zizuku alla moda: non ho capito quando avrei sostenuto che c’è altro oltre a persona e non-persona. Ho solo respinto che o si persona o si è (moralmente) niente.
@ Maurizio: La nocciolo della questione della persona è che non esiste alcuna questione sulla persona.
Non è una questione, un problema o quant’altro…
“Questione” si dice qualcosa che nasce da un dibattito o da un’idea anteriore.
L’idea di fondo sostenuta nel post e nei commenti è che la gente non avrebbe capito, che bisogna fare chiarezza che non tutto ciò che non è persona è nulla, etc. etc. come se lo status delle persone dipendesse da certe concezioni e idee culturalmente diffuse. Suppongo che nella tua ottica e come dicevano i famosi “illuministi”, questa sia una sorta di “superstizione”.
Ovvio che se certe idee sono culturalmente diffuse possono essere corrette!
Ma la tesi che, al di là delle trasformazioni e delle evidenti differenze, ci sia una totale continuità di valore e dignità – non di diritti – dal concepimento alla vita adulta non nasce da alcuna “idea”.
Essa parte dall’esperienza emotiva, relazionale e sociale( tre aspetti oggettivi ed ineliminabili della vita sociale ): una madre sente suo e vivo il figlio prima della nascita; che si creda o no a “diritti” degli embrioni, ci poniamo scrupoli a loro riguardo; dei genitori possono piangere di dolore per la perdita del figlio anche se la gravidanza si interrompe appena iniziata( e ci vuole una bella faccia di bronzo per dire che è solo “una cosa psicologica” o una “aspettativa di un figlio” ).
Istintivamente, poi, noi cogliamo in tutti le cose vive e soprattutto nei nostri consimili una tensione al futuro e un rimando al passato: vediamo in un vivo una persona che morirà, in un giovane un adulto, in una vita concepita un essere compiuto. La nostra precauzione per il futuro e l’interesse per chi verrà dopo di noi vengono da qui.
E “premura”, “precauzione” e “tutela” hanno senso solo se riconosciamo già ora una dignità a quei nostri consimili.
Questa esperienza dell’alterità e della dignità individua ciò che poi chiamiamo “essere una persona”.
Questi sono i nostri dati esperienziali- i FATTI.
Poi devono essere rielaborati e chiariti, va da sé.
Ma negarli, come se non fossero esperienze ma “concezioni errate”, è una debolezza metodologica che giustamente fa sorridere il neonatologo.
Voilà, anche per Ivo, ecco perché questo mi pare un zizuku: un rovesciamento di cose esperienzialmente chiare solo per addattarle al nostro gusto “moderno” o “laico” o “controcorrente” etc. etc.
Ovvero: battagliare contro le nostre stesse esperienze, lancia in resta, in nome di presunte “questioni di civiltà” e “affermazione della razionalità”…
Soprattutto c’è da chiedersi: queste “questioni” che pretendono di rovesciare i fatti che vediamo e percepiamo, su quali fatti si basano?
ciao! Eno
@Ivo: Ciao!
Ho sospeso l’attività di blogging per due mesi, ma ci tengo a rispondere.
In parte l’ho già fatto sopra: tutto il tuo discorso cozza contro le comuni esperienze e non è basato su alcuna esperienza nuova.
Resta il punto dell’essere o non essere una persona.
Ci sono cose su cui ti ho già obiettato più volte.
Tu dici che “persona” è un concetto relazionale e sociale.
In parte è vero.
Non è chiaro però il passaggio da “X è una persona solo se è in una società” a “Lo status di persona di X dipende dal TIPO di società e dal TIPO di relazioni che ha con gli altri”.
Sei consapevole che la deduzione è arbitraria?
Inoltre, tu usi “persona” in un significato tutto tuo, come se fosse sinonimo di “avere piene tutele” o “avere diritti” o “essere membro attivo della comunità”.
Libero di farlo, però ogni volta che un personalista o un tomista o un vescovo o mia nonna parla di “persona” non intende nulla di questo ma: un essere biologico individuale, con continuità nel tempo, potenzialmente e tendenzialmente relazionale e cosciente e dotato di dignità.
Dignità significa che tra le cose che ci sono al mondo, quasi tutto ha un valore e qualche tutela ma non ha alcun particolare diritto ad esistere. E’ solo un pezzo del paesaggio, che potrei rompere come si fa con un ramo che intralcia la strada.
Di quelle poche cose che ci si mostrano dotate di un valore intrinseco ed ineliminabile si dice che hanno dignità: oltre ad esistere, hanno diritto a occupare un posto nel mondo.
L’insieme delle cose che hanno un valore intrinseco ed un diritto ad esistere sono le persone.
Non sto dicendo che “Tutte le persone hanno dignità”, ma che la dignità e il diritto ad esistere poggia sull’essenza della persona e che “persona” non è una nostra teoria, ma il nome dato ad una nostra esperienza dell’altro.
…e come rimarca con giusta enfasi Lévinas, questo diritto ad esistere e a vivere è la quintessenza dell’etica.
Ora, tu puoi anche dissentire da tutto questo.
Però se mi dici: “Si può non essere una persona e pure non essere un niente etico“, sospetto che non ti sia chiaro che cosa si intende di solito con “persona”.
ciao! Eno 🙂
@eno: Bentornato!
Ti propongo un patto: io dico che si era sentita la tua mancanza e tu ti impegni a non scrivere un saggio critico per ogni post da me scritto nel frattempo 😉
Tornando a noi: ok, il mio concetto di persona non coincide con quello che normalmente si intende quando, nelle normali discussioni, si dice “persona”. Giusto.
Questo però vale anche per le definizioni di personalisti e tomisti: anche loro sono lontani da quel che dicono le nonne e dai normali sentimenti che si provano nei confronti di neonati e donne incinte (giacché è difficile incontrare embrioni che se ne vanno in giro da soli).
La mia teoria di persona come concetto sociale è comunque legata a (alcune di) queste “cose esperienzialmente chiare”. Ad esempio il fatto che quando si parla a un neonato non ci si aspetta che questo risponda.
Torniamo all’intervista – no, alla parte da me citata dell’intervista di Bellieni.
Per Bellieni sarei un mostro in quanto per me un neonato non è una persona (lasciamo da parte che ci sono gradi e sfumature).
Penso sia mio diritto dire che non è vero, che anche ciò che non è persona ha un valore, contrariamente a quello che sembra tanto un assunto implicito del suo discorso.
Passiamo all’accussa, quasi un insulto, di žižuku 😉
Non sei stato attento e non hai ben capito le regole del gioco. Lo žižuku prevede di prendere un concetto che ha buona fama (tolleranza, democrazia, uguaglianza, …) e criticarlo capovolgendone il senso.
Quello di persona non è un concetto che abbia buona fama e, come dici tu stesso, qui si capovolge il pre-concetto, quelle sensate esperienze di cui si diceva sopra.
Ciao Eno, bentornato.
“Questi sono i nostri dati esperienziali- i FATTI.”
I dati esperenziali che citi tu sono SENSAZIONI SOGGETTIVE, non FATTI.
Non tutti i genitori soffrono per la perdita di un embrione in un aborto prematuro. E non tutti ne soffrono allo stesso modo, nè per lo stesso tempo.
Con queta logica, anche il “sentire caldo” (non la temperatura, la sensazione soggettiva di caldo)dovrebbe essere un FATTO. Ma allora, un individuo che non lo sente mentre tu lo senti (e può accadere) negherebbe un fatti. Ovvero esisterebbero due fatti contraddittorii…
“E “premura”, “precauzione” e “tutela” hanno senso solo se riconosciamo già ora una dignità a quei nostri consimili.”
Ma allora chi riconosce premura, precauzione o tutela a un cane, o una pianta, gli riconosce uno dignità e status di proprio simile?
E chi lo fa con un automobile?
@Kirbmarc: Ma santa polenta, qui scoppio!
Parlavo con te o con Ivo?
Perché devi essere così maleducato da intrometterti con la tua abitudine di non ascoltare le risposte, insistere e “virgolettare” con ossessione da psicanalista frudiano le frasi altrui per poi commentarle, per altro dopo averne frainteso il senso in un modo da far invidia a un giornalista?
Ma farti un corso di filosofia per corrispondenza, no?
E parlare di cose che capisci?
E non fare letture scomposte e prive di conoscenze pregresse di Pinker- che hai frainteso completamente – e Pink Panter e Quine e Steve McQueen?
E non ripetere cose sentite 100 volte?
Sono un po’ stufo dei tuoi commenti sgarbati e sciatti. E’ anche per persone come te che ho lasciato il blogging per 2 mesi.
Io se commento su qualcosa solo se ho un’idea originale e un po’ ardita sull’argomento.
Ovvio che così facendo metto in discussione qualche diffusa convinzione, ma non per spirito di bastianeria! Perché rappresenta il senso comune, la sciattezza intellettual-media, le nozioni da manualetto di filosofia…!
Capirei se mi si replicasse con un po’ di novità, con una idea originale, ma invece!
Io scrivo del valore conoscitivo delle esperienze emozionali e tu cosa replichi?!?
“Sono cose soggettive”.
MA VAAA?
Ma lo sai che il contrario di oggettivo è individuale e idiosincratico, non soggettivo?
Cosa c’entra la soggettività con la non oggettività?
Se pensi che le impressioni soggetive non dicano nulla del mondo, prego.
E’ una posizione riduzionista, che riconosce, secondo uno dei cosiddetti 3 dogmi del main stream analitico, valore oggettivo solo a ciò che è apofantico.
Il resto sarebbe aroma.
E poi, da lì, giochi di prestigio e tripli salti mortali per spiegare che vedere, toccare e sentire- egualemente SOGGETTIVI- sono fonte di conoscenza, ma tutte le altre funzioni umane, pur esse rivolte al mondo, no.
E non si capisce perché: è un assioma. Me l’hai ripetuto molte volte che ci credi: l’ho capito, non serve insistere.
Quanto alla tua altra alzata d’ingegno, sulle macchine e i cani…
Ottima osservazione, se non fosse che io giammai ho detto che solo le persone hanno valore.
Ho detto che solo le persone- e non ho mai scritto che un cane non possa esserlo- hanno valore in sé.
Ma il mondo è popolato di cose che hanno valore perché ci stanno a cuore, perché vi riponiamo progetti, perché per l’occhio nostro sono belle: sono valori non- in sé, che non esisterebbero se non ci fossero persone.
Io non mi preoccupo di una macchina o del mio basilico, a meno che io o qualcun altro non ci siamo affezionati o li riteniamo utili.
E mo’, leccati le ferite.
Chiudo, almeno per il momento, i commenti.
Dopo lunga (si fa per dire) meditazione, riapro i commenti senza cancellare nulla.
Chiedo a tutti comprensione e sangue freddo. Insomma, uccidetevi pure, ma con calma 😉
“Parlavo con te o con Ivo?”
Che c’entra? Questa non è una conversazione privata fra te e Ivo, è un luogo dove chiunque può postare. Se Ivo volesse tenere la discussione limitata a voi due, potrebbe dirlo esplicitamente, e non avrei problemi a rispettare la vostra privacy.
O forse il problema è un altro, e cioè che non si può replicare a quello che tu scrivi? Cosa sei, un saggio intoccabile?
“e “virgolettare” con ossessione da psicanalista frudiano le frasi altrui per poi commentarle”
“Virgoletto” per fare capire bene a che frasi sto rispondendo. Non sono ossessionato nè da te nè dalle tue teorie. Tu invece mi sembri piuttosto ossessionato da chi non le accetta, tanto da arrivare ad insultarlo.
“Ma farti un corso di filosofia per corrispondenza, no?
E parlare di cose che capisci?”
Perfetto. Quindi chi ti parla è perchè non ti ha capito. Sei un oracolo a cui noi miseri mortali non possiamo permetterci di rispondere.
“Sono un po’ stufo dei tuoi commenti sgarbati e sciatti. E’ anche per persone come te che ho lasciato il blogging per 2 mesi.”
Ed io ora sono stufo della tua spocchia.
Io non ti ho insultato minimamente e non mi sembra minimamente di essere stato sgarbato con te prima d’ora, e tu di punto in bianco fai la scena del saggio martire offeso.
“Se pensi che le impressioni soggetive non dicano nulla del mondo, prego.”
Avanti, dimostrami che le tue impressioni emotive descrivono il mondo. Sono curioso.
“E poi, da lì, giochi di prestigio e tripli salti mortali per spiegare che vedere, toccare e sentire- egualemente SOGGETTIVI- sono fonte di conoscenza, ma tutte le altre funzioni umane, pur esse rivolte al mondo, no.”
Perchè, le tue impressioni emotive sono rivolte al mondo esterno e ne decrivono degli aspetti?
“E non si capisce perché: è un assioma”
Forse la percezione si basa su una serie di leggi fisiche e passa attraverso degli organi di senso, anche essi soggetti a tali leggi, che ne dici?
Che organo usi per comprendere con l’amore (anzi, nel tuo caso direi più con la boria) il mondo?
“Ho detto che solo le persone- e non ho mai scritto che un cane non possa esserlo- hanno valore in sé.”
E chi decide se un cane è persona o no? Se io uccido un cane che tu ritenevi persona, commetto un atto immorale come se uccidessi una persona?
In conclusione, una chicca:
“maleducato”
“E non fare letture scomposte e prive di conoscenze pregresse di Pinker- che hai frainteso completamente – e Pink Panter e Quine e Steve McQueen?”
“alzata d’ingegno”
Citando un testo a cui penso tu ti attenga fedelmente, potrei parlare di pagliuzze e travi. Ma forse è meglio di no, vero?
Se è per questo, dei genitori possono piangere di dolore — e lo dico per esperienza personale — per un figlio che non potrà mai nemmeno essere concepito (e.g. per problemi di sterilità congenita).
Non c’è nessuna faccia di bronzo nel sostenere che, oggettivamente, non c’è nessun figlio per cui stanno piangendo.
E’ il solito tentativo di argomentare con la pancia invece che con la testa.
Ma è lo stesso bellieni che:
http://leucophaea.blogspot.com/2008/05/epigenesi-si-o-no.html?
(bieca pubblicità a un posto che mi ha impegnato a lungo)
Ogni decina di migliaia di persone ne viene al mondo una come Bellieni,Stalin Hitler ecc…-Non deve mica meravigliare quindi di sentire certe assurdità.Meraviglia se le accettano persone di buon senso.Nemmeno tanto poi,perchè erano milioni di persone che osannavano pazzi simili.L’illusione collettiva ha una forza spaventosa.