A proposito delle imposizioni linguistiche

Torno brevemente sulla questione “linguaggio inclusivo” e il parere che l’Accademia della Crusca ha fornito alla Corte di Cassazione.

Seguendo – lo confesso senza particolare entusiasmo – le discussioni sui social media, ho notato il ripresentarsi da parte dei contrari allo schwa del curioso argomento “la lingua non può essere imposta dall’alto”.

Definisco “curioso” questo argomento innanzitutto perché si riferisce proprio a un caso di imposizione: appunto il divieto di utilizzare lo schwa o l’asterisco per evitare il maschile sovraesteso e l’obbligo di utilizzare i femminili professionali. A stabilire queste imposizioni non è tanto l’Accademia della Crusca, che si è limitata a fornire un parere, ma – immaginando che aderisca alle raccomandazioni – la Corte di Cassazione che impone, nei suoi testi, alcune norme redazionali.

A rigor di logica, se si è contro ogni “imposizione dall’alto” della lingua, si dovrebbe difendere il diritto di poter scrivere, se una persona lo desidera, “ə denunciantə” in un atto giudiziario. Ma sarebbe una pessima idea e la corte non solo può, ma probabilmente deve imporre dall’alto delle scelte linguistiche.

Non è certo l’unica realtà a fare una cosa del genere: credo che tutti gli editori abbiamo un proprio “manuale di stile” che non si limitano a grammatica e ortografia standard. Nei libri di Einaudi ad esempio “più” e “così” hanno l’accento acuto anziché grave (piú e cosí); il manuale di stile della Associated Press sconsiglia di utilizzare “claim” (dichiara) perché può implicare scetticismo su quanto affermato; da qualche anno il Guardian scrive “crisi climatica” invece di “cambiamento climatico”.

Certo, alla fine decidono i parlanti, in base a quello che dicono e scrivono e in base a quello che considerano giusto e sbagliato. Ma questo non toglie che c’è chi ha l’autorità di stabilire delle norme – in contesti specifici o anche in generale, come accaduto con la riforma dell’ortografia tedesca –, chi magari non ha l’autorità ma comunque l’autorevolezza per farlo e chi alla fine può solo limitarsi a fare proposte.

E qui arriviamo al secondo motivo per cui definisco “curioso” l’argomento “la lingua non può essere imposta dall’alto”. Non solo è falso, visto che è possibile e giusto farlo; non solo è fuori luogo visto che il caso in questione è una (legittima) imposizione dall’alto. Ma l’argomento sottintende anche che quel che “arriva dall’alto” sia di per sé male mentre quello che “arriva dal basso” sia di per sé buono. Il che, soprattutto se “in alto” mettiamo delle presunte “élite”, mi pare un argomento decisamente populista.

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