Il ritorno delle Erinni

Ci sono libri che, anche solo a prenderli in mano e sfogliarli, hai la chiara e netta sensazione di non stare leggendo un testo qualsiasi. Ci sono libri che ti danno l’impressione di avere di fronte l’origine di qualcosa.

L’Orestea di Eschilo è uno di questi libri.
Eva Cantarella ne tratteggia splendidamente la storia nel suo Ritorno della vendetta (Rizzoli 2007). Nell’Agamennone, la prima delle tre tragedia che compongono l’Oresta, Clitennestra, per vendicare la morte della figlia Ifigenia, uccide il marito Agamennone. Nelle Coefore suo figlio Oreste, per vendicare l’uccisione del padre, uccide la propria madre e fugge inseguito dalle Erinni, le dee della vendetta. Infine, nelle Eumenidi questa catena di vendette e violenze viene arrestata da Atena: a giudicare Oreste per le sue azioni sarà un tribunale appositamente istituito. Le Erinni, le dee della vendetta, diventano Eumenidi, dee della giustizia.

Parlare del ritorno della vendetta, come fa Cantarella1, è un errore: le Erinni non se ne sono mai andate. Sono sempre state con noi; ogni tanto si fanno sentire un po’ più del solito, ma non ci hanno mai abbandonato.

Questa è la lettera che qualcuno, scandalizzato dalla mancata detenzione in via cautelare di uno stupratore, ha scritto alla redazione di un quotidiano gratuito:

Ha ragione la ragazza violentata ad aver sete di vendetta per l’aggressore di Capodanno. La giustizia, ormai lo abbiamo capito, è dalla parte del criminale per spirito di appartenenza e per business per i media, nient’altro ha valore. E allora cerchiamo di far passare le umiliazioni che subiamo noi comuni cittadini da questi estemporanei politici da fiera. Facciamo evacuare sangue e paura ai loro familiari e chissamai che finalmente si capisca fin dove arriva il male.

Sul Corriere della Sera, per fortuna, è possibile leggere il lucido commento di Luigi Ferrarella (grazie a Leibniz per la segnalazione):

Nell’ordinamento vigente, infatti, la custodia cautelare non è affatto l’anticipazione del futuro «castigo» che il «colpevole » meriterà per il delitto commesso, non è un antipasto della punizione, non è il modo di risarcire la parte lesa per il male patito e la collettività per l’infrazione alle regole.

Ed è ovvio che sia così: il processo non è ancora avvenuto, e sarebbe una ben strana giustizia quella che punisce il colpevole prima del giudizio.

Le Erinni sono con noi. Che trovino così tanto spazio sui giornali, e non mi riferisco solo alla lettera, è preoccupante.

  1. e come suggerisce il titolo che ho scelto per questo testo []