Sulla sincerità (e la menzogna)

Riflessioni a margine di Breve storia delle bugia di Jacques Derrida (Castelvecchi 2005).

Cosa è una bugia?
La prima definizione, pacifica e banale, non può che basarsi sulla verità e sulla falsità: si è sinceri quando si dice il vero e si mente quando si dice il falso.
Ovviamente un errore non è una menzogna e un ignorante non è un bugiardo; è quindi necessario correggere la definizione iniziale: è sincero chi dice ciò che crede esser vero, è bugiardo chi dice ciò che sa esser falso.
È comunque una correzione marginale.

Il discorso si complica se si considerano i discorsi che non sono né veri né falsi. Scoperti, se così si può dire, da Aristotele, che fornisce anche l’esempio più comune: la preghiera.
Se il discorso sulla menzogna e sulla verità viene fondato sul vero e sul falso, allora non è banalmente possibile mentire mentre si prega.
Eppure è possibile parlare di preghiere sincere e non sincere: se si può essere non sinceri, è evidente che, in una qualche maniera, la preghiera è una menzogna, è una falsità pur non essendo falsa, nel senso classico, apodittico, del termine.

La menzogna non è limitata al discorso, alla dichiarazione: vi sono atteggiamenti sinceri e non sinceri, è possibile mentire anche senza dire nulla (Derrida accenna, ed è un accenno molto interessante, al fake orgasm, al finto orgasmo, come menzogna).

Se una menzogna è anche un atteggiamento non sincero, mediato, allora l’uomo mente sempre: educare significa insegnare nuovi comportamenti, ossia insegnare a mentire in sempre nuove maniere. La parola stessa, comunque la si intenda, è una bugia, un atteggiamento, un agire mediato e non sincero.
È ovvio che se l’uomo mente sempre e non è mai sincero, verità e menzogna sono termini privi di senso, e quindi è questo discorso ad essere privo di senso: l’uomo può dire e manifestare la verità e può dire e manifestare il il falso, il contrario della verità. Se però la verità ha una faccia sola, il suo contrario, la menzogna, «ha centomila aspetti e un campo indefinito» (Montaigne, Dei bugiardi, in Saggi, volume I, libro I, capitolo IX).

5 commenti su “Sulla sincerità (e la menzogna)

  1. l’agire è quasi totalmente mediato (forse azzarderei totalmente).
    la verità e la falsità sono credenze e non dati di fatto.

  2. l’agire è quasi totalmente mediato (forse azzarderei totalmente).
    Forse. O forse lo è solo poche volte: dal momento che si apprende un nuovo comportamento (dire “ho male” invece che urlare; turarsi il naso invece che scappare; eccetera), questo è appunto un nuovo atteggiamento normale, non mediato.

    la verità e la falsità sono credenze e non dati di fatto.
    Verità e falsità sono innanzitutto discorsi (in senso largo del termine), e come tali “dati di fatto”: è un dato di fatto che ho affermato il vero o il falso.

  3. L’agire è mediato culturalmente, ciò che in un determinato luogo e tempo può essere considerato normale può non esserlo in condizioni diverse ( in alcuni paesi è normale mangiare carne di mucca, in altri non lo è; un tempo era normale convenzione la castità prima del matrimonio oggi può non esserlo), un atteggiamento normale è mediato (lo stesso vale in larga misura anche per i comportamenti ” non normali”).

    Si può affermare di essere ricchissimi (non essendolo): è un dato certo l’affermazione, lo stesso non vale per il suo contenuto (la ricchezza del parlante sarà giudicata vera o falsa dall’ascoltatore sulla base di molti fattori alcuni dei quali non rientrano nel campo del discorso)

    • Con “atteggiamento normale” non intendevo socialmente accettabile, ma naturale, spontaneo. E un atteggiamento, anche se appreso e mediato nel senso di indotto, può essere comunque spontaneo, naturale e normale, comunque non artificioso e quindi sincero (tutto il discorso nasce dagli indefiniti volti della menzogna).
    • Sì, il contenuto a volte può essere opinabile (cosa è la ricchezza?), a volte no (l’affermazione “ho 1543 euro sul conto corrente” è sicuramente meno discutibile). Certamente, i concetti di sincero e bugiardo sono più sfumati di quelli di realtà (o verità) e non realtà (o falsità).
    • ….è pur vero che la verità in una disputa però non ha infinite soluzioni ne mediazioni.
      O entrambe le parti sbagliano, o una dice la verità (o per lo meno è in essa) e l’altra cade nel difetto.
      In questo caso si dovrebbe riflette sul valore assoluto di una verità che di per se non si interessa di chi usa la menzogna, dato che in quel caso il punto di vista è puramente soggettivo.
      La comodità di trovarsi in una di quelle posizioni è la base della dottrina politica e paradossalmente anche di quella filosofica e religiosa, lì dove interviene l’umano nell’interpretazione della realtà risulta subito lampante quanto ci si interfacci alla disputa per eccellenza, quella che vede l’uomo contro Dio. Per quanto mi metta a disagio questo concetto è chiaro che anche scrivere ora di questo argomento vuol dire schierarsi per la menzogna che favorisce l’uomo che la può utilizzare,mentre è nel divino doverla abborrire.

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