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Ivo Silvestro

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Una semplice domanda posta a un filosofo (su AskPhilosophers):

Supponiamo che un feto sia in una fase nella quale è consentito l’aborto. Supponiamo anche che la donna che ospita il feto decida, per qualche motivo, che sarebbe preferibile avere un figlio senza braccia. A tale scopo assume una determinata sostanza e, in seguito, il bambino nasce senza le braccia.

Penso che per la maggior parte della gente l’azione della donna sia errata perché è errato privare il bambino che è nato delle braccia e del loro uso.

Ma se questo è vero, perché è ammissibile privare il bambino che sarebbe nato del suo corpo e del relativo uso?


Richard Heck risponde così:

Non sono sicuro che ci sia un vero rompicapo, qui. Se la donna assume la sostanza descritta, in un certo momento del futuro ci sarà un bambino che non ha braccia ed è facilmente prevedibile che questo bambino futuro si lamenterà del comportamento della propria madre. Se la donna abortisce, d’altra parte, in nessun momento del futuro ci sarà un bambino che non ha un corpo e che possa lamentarsi del comportamento della madre. Il punto qui è che, nel primo caso, l’essere sbagliato del comportamento può essere rintracciato nel fatto che, a un certo punto, ci sarà una persona i cui diritti sono stati violati, anche se quella persona non era una persona quando i diritti sono stati violati. Non ci sarà tale persona nel secondo caso, a meno che naturalmente non si voglia supporre che il feto in questione sia già una persona. Ma questa è una vecchia discussione.

L’orribile traduzione dall’inglese è mia.
Ho utilizzato, come aiuto, il traduttore automatico di google, che ha stravolto la domanda in maniera quasi comica: le braccia del bambino sono diventate armi, mutando drasticamente il quadro etico dello scenario, che ora coinvolge una mamma che sopporta il figlio e lo disarma.

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  1. raser 13 Settembre 2007 at 23:46

    arms= armi? complimenti al traduttore automatico 😉

  2. farfintadiesseresani 14 Settembre 2007 at 10:05

    Seguendo la medesima logica, sarebbe eticamente meno grave uccidere qualcuno piuttosto che amputargli un dito. E bada bene che non intendo, con questo, asserire che l’embrione sia “qualcuno”. Dico solo che in un qualche momento del futuro l’amputato adulto potrebbe incazzarsi, l’ucciso no.

  3. hronir 14 Settembre 2007 at 12:24

    @farfintadiessersani: ma il tipo a cui amputato il dito potrebbe essere ben felice di avere “solo” un dito amputato invece che essere stato ucciso. Qui il qualcuno esiste nel passato, invece che nel futuro (se lo uccidi).
    Quindi, seguendo la medesima logica, il caso dell’aborto resta ben diverso.

  4. farfintadiesseresani 14 Settembre 2007 at 12:42

    Che il caso dell’aborto sia ben diverso è evidente. Ma la logica con la quale Heck giustifica l’aborto rispetto all’amputazione delle braccia mi pare che non regga.

  5. hronir 14 Settembre 2007 at 12:45

    Magari la logica non ti piace, io volevo solo dire che da quella logica non discende la conclusione che hai tratto sull’amputazione del dito e l’uccisione…

  6. Ivo Silvestro 14 Settembre 2007 at 13:17

    farfintadiesseresani: puoi provare a porre la tua obiezione direttamente sul sito: http://www.askphilosophers.org/ask
    Penso che la risposta, espressa in termini di un diagramma, sarà la seguente:

    1. L’azione che stai per compiere arreca danno ad una persona attualmente esistente?
    Sì -> l’azione non è lecita
    No -> Passa a 2.

    2. L’azione che stai per compiere arrecherà danni ad una persona esistente in futuro?
    Sì -> l’azione non è lecita
    No -> L’azione è lecita.

  7. farfintadiesseresani 14 Settembre 2007 at 18:35

    Ma appunto: posso anche essere d’accordo circa il fatto che è problematico attribuire all’embrione la qualifica di “persona”, ma mi riesce difficile pensare che impedire l’esistenza non si configuri come “arrecare danno”. Facciamo l’ipotesi a ritroso: se mia madre avesse eliminato l’embrione che ero, non mi avrebbe “arrecato danno”? Io sono contento di esserci, insomma. (Poi restano infiniti problemi, è chiaro).

  8. Ivo Silvestro 14 Settembre 2007 at 20:05

    mi riesce difficile pensare che impedire l’esistenza non si configuri come “arrecare danno”

    A me riesce difficile il contrario: chi danneggerei impedendo l’esistenza se, appunto, non esiste nessuno?

    Anche io sono contento di esistere (e sono contento che esista anche tu, anche se, non ti offendere, in maniera minore 😉 ). Ma non potrei essere scontento di non esistere, e non potrei rinfacciare nulla a mia madre…
    Si arreca un danno quando una persona, nel passato (la vittima di un omicidio difficilmente si può lamentare) o nel futuro (un figlio menomato), può legittimamente lamentarsi di un danno, e nel caso dell’aborto (se il feto non è una persona) non ciò non avviene.

    Ho tradotto questa domanda semplicemente perché mostra come, anche assumendo che l’embrione o il feto non siano una persona, ne giustificano perfettamente la tutela, ad esempio da menomazioni.

  9. PiBi (il colore della luna) 14 Settembre 2007 at 21:58

    @raser: il traduttore automatico non poteva far di meglio, poveretto, perché in inglese “arm” significa sia braccio che arma. Dal punto di vista etimologico credo che “arma” derivi dal greco per “spalla” (riferito originariamente alle armi che si portano appese alla spalla). Insomma, i nonni di braccio ed arma erano cugini, o perlomeno vicini di casa. 😉

  10. eno 14 Settembre 2007 at 22:06

    E’ vero, assumere che un feto sia una persona- e ne sono convinto- non è strettamente necessario per ogni tutela.
    Questo dimostra che trattando di bioetica bisogna prima cercare risposte di basso profilo, prima di impelagarsi nelle questioni come: chi è una persona? e da quando?

    E se – domanda per Ivo – per evitare una menomazione alle braccia non causata dalla madre, ma già prevedibile, scegliesse di non farlo nascere?
    Voglio dire: entro l’economia della risposta di Askphilosopher di sopra, quali obiezioni avresti( se tu ne avessi )?
    E lasciando stare l’Askphilosopher, umanamente, che ne penseresti?
    buona serata, Eno

  11. Ivo Silvestro 14 Settembre 2007 at 22:15

    per evitare una menomazione alle braccia non causata dalla madre, ma già prevedibile, scegliesse di non farlo nascere?

    Da un punto di vista legale, non avanzerei né obblighi né proibizioni: non obbligherei una madre a tenere un bambino menomato e neppure la costringerei ad abortire.

    Da un punto di vista morale, non ne ho idea: mi limito a sperare di non dovermi mai trovare in una simile situazione e di non dover mai consigliare nessuno in proposito.

  12. hronir 14 Settembre 2007 at 22:43

    Da un punto di vista morale, non ne ho idea: mi limito a sperare di non dovermi mai trovare in una simile situazione e di non dover mai consigliare nessuno in proposito.

    Bella strategia: se non è un tuo problema, infischiatene… 😛
    (ok, ok, l’ho esasperata… è una provocazione!)

  13. Ivo Silvestro 14 Settembre 2007 at 23:07

    Bella strategia: se non è un tuo problema, infischiatene… 😛
    (ok, ok, l’ho esasperata… è una provocazione!)

    Una provocazione che fingo di raccogliere, più che altro per spiegare meglio il senso della frase.
    Con “un punto di vista morale”, intendo anche riferirmi a una situazione concreta e come tale difficile da giudicare “in astratto”: cosa rischia il bambino? Che tipo di assistenza potranno fornirgli i genitori? Cosa accadrà quando i genitori non ci saranno più?
    Con quel mio “non ne ho idea” non intendo certo infischiarmene, ma lasciare lo spazio per una scelta serena. Se avessi detto “io opterei per l’aborto” avrei implicitamente giudicato in astratto le scelte di altre persone, cosa che non mi sento assolutamente di fare: rispetto per la madre che decide di tenere un bambino menomato e rispetto per la donna che decide di abortire. Mi disgustano quegli squallidi tentativi di presentare come “sante da imitare” le donne incinte che decidono di portare avanti la gravidanza ad ogni costo: mi disgustano non per la scelta in sè, ma per come viene presentata.
    Questo è il vero infischiarsene: presentare come giusto, come il bene e la verità una scelta sofferta fregandosene del tormento e della singolarità di ogni scelta. «Tizio ha fatto così, io farei (o ho fatto) così: anche tu devi fare così.» No, non funziona così: dire simili cose non è aiutare una persona, non è consigliarla.

  14. hronir 15 Settembre 2007 at 08:46

    touché

  15. hronir 15 Settembre 2007 at 12:38

    Però quello dovrebbe essere il sott’inteso comunemente accettato (quello per cui, anche parlando per discorsi generali, non si intende, anche solo implicitamente, dare in giudizi sui casi concreti…).
    Prova a ripensare la domanda, se non in dal punto di vista di morale, da quello della filosofia morale…

  16. sempreinbilico 18 Settembre 2007 at 14:52

    ” Quando hai una carenza la gente ne fa una carenza di tutto. Intelletto. Fortuna. Speranza ” ( Da ” La fortuna sta sempre nascosta ” Irvine Welsh ).

    Prima di iniziare a gingillarvi con le vostre disquisizioni filosofiche vi siete chiesti come sarebbe se voi non aveste le braccia ?

    Saluti.

  17. Ivo Silvestro 18 Settembre 2007 at 15:55

    sempreinbilico:
    No, non ce lo siamo chiesti, o almeno io non me lo sono chiesto, e non ne avverto neppure la necessità, per queste disquisizioni filosofiche.

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