L’epidemia, la distanza sociale, l’autoisolamento come influiscono sulla vostra “dieta mediale”, insomma su quello che guardate, ascoltate e leggete?
Io ad esempio ho praticamente azzerato radio e audiolibri – che del resto ascoltavo soprattutto in viaggio –, la lettura di libri (cartacei ed ebook) è sostanzialmente invariata mentre la visione di film e serie tv credo sia leggermente aumentata. La televisione è sempre a zero
Ma il cambiamento principale – e quello che giustifica questo post – riguarda l’informazione.
Non riesco più a leggere i giornali.
Ora, la frase frase in neretto qua sopra ha bisogno di alcuni chiarimenti. Il primo è che mi riferisco al “consumo personale” di informazione: per lavoro (faccio il giornalista) i giornali li leggo ma fa appunto parte del lavoro, non dell’interesse personale.
Secondo chiarimento: con “giornali” non intendo solo le edizioni cartacee dei quotidiani ma – per sineddoche o metonimia, le confondo sempre – le testate giornalistiche in generale, per cui anche settimanali e mensili, i siti di informazione, i radio e telegiornali, canali YouTube eccetera.
Terzo punto: non “non riesco” intendo che non ho il minimo stimolo a prendere in mano un quotidiano per vedere che notizie riportano, andare sul sito per vedere cosa c’è in homepage eccetera. Poi un singolo articolo lo leggo/guardo/ascolto con attenzione e interesse – ma se vi arrivo per vie traverse, come dirò tra poco.
Unica eccezione in tutto questo, la newsletter del Post sul coronavirus, che condensa le notizie del giorno – ma di andare sul loro sito “per vedere quali sono le novità” non mi viene nessuna voglia, né prima né dopo aver letto la newsletter.
Come mi informo, quindi? Semplice: sui social network.
Ora, sono anni che, in maniera più o meno cosciente e sistematica, cerco di tenere pulite le mie liste di contatti, insomma mi sono costruito una mia bolla dove perlopiù circola buona informazione. Non che la pensino tutti come me o che non ci siano discussioni anche accese, ma quantomeno all’insulto si accompagna un argomento interessante.
Insomma, mi sono costruito non dico una comunità, ma un insieme di contatti che seleziona e discute gli articoli più interessanti e non mi sembra di perdermi nulla di realmente importante, con la possibile eccezione di notizie locali dal momento che le persone che vivono nella mia stessa zona sono relativamente poche.
Al contrario, mi perdo di fronte all’elenco di notizie di un qualsiasi giornale o telegiornale o podcast. Non è questione di affidabilità – per quanto il problema esiste soprattutto per le testate generaliste dove la qualità dei contributi è discontinua e mediamente bassa –, piuttosto di selezione: mi fido di quello che scrivono la BBC o il New York Times, ma perché devo cercare io le cose più interessanti e approfondite, tra tutto quello che pubblicano?
I giornali – ma non i loro articoli – sono quindi scomparsi dalle mie letture abituali. La vera domanda è se potrebbero sparire del tutto, i giornali, mantenendo ovviamente gli articoli.
In teoria sì: potremmo immaginare che i giornalisti attualmente pagati dalle testate continuino a fare il proprio lavoro come liberi professionisti, guadagnando da pubblicità o microabbonamenti.
Il problema di un sistema simile sistema non è solo che l’incertezza economica potrebbe tenere lontani dal lavoro di giornalista molti bravi professionisti, ma anche che si creerebbe un incentivo a occuparsi di temi popolari o quantomeno abbastanza popolari da avere abbastanza lettori paganti da mettere insieme il pranzo con la cena – mentre adesso, almeno in teoria, un editore può permettersi di rischiare su un tema di nicchia potendo contare sulle entrate degli articoli più popolari.
Forse devo sforzarmi di leggerli, i giornali.