Come potrebbe essere l’Italia se gli italiani fossero intelligenti o, forse dovrei dire, avessero maggiore fiducia nell’intelligenza? La domanda potrà sembrare strana poiché tutti noi, da quando siamo nati, in casa e a scuola ci siamo sentiti raccontare che gli italiani sono intelligenti, e, un po’ per volta, ci siamo gradualmente convinti che questo sia vero. Eppure a me sembra che uno sguardo alle cose di casa nostra ci dovrebbe persuadere che intelligenti non siamo o che ci comportiamo come se intelligenti non fossimo, se siamo d’accordo nel chiamare intelligenza la capacità di analizzare e comprendere i fatti e gli eventi della nostra quotidiana esperienza e di trarre da tale comprensione le norme per il nostro comportamento singolo e collettivo. […] Intelligenti come pretendiamo di essere non ci siamo accorti che la principale ricchezza nostra è costituita dal patrimonio di cervelli e di capacità potenziali della nostra popolazione: infatti gli investimenti pubblici e privati per utilizzare questa ricchezza sono minimi, assai più piccoli di quanto potremmo fare e di quanto, fatte le debite proporzioni, altri popoli più intelligenti di noi vanno da tempo facendo.
Adriano Buzzati Traverso, Se gli italiani fossero intelligenti, 1967 citato da Carlo Alberto Redi in Evo-devo, il Darwin molecolare.
Gli italiani sono furbi, non intelligenti.
Più che dirci qualcosa sull’intelligenza media degli Italiani il mancato investimento sulla ricerca ci dice molto sulla natura della nostra struttura di governo e delle nostre imprese.
La maggior parte delle imprese italiane non hanno interesse economico diretto ad investire nella ricerca, quindi il loro comportamento non può essere definito stupido. Semmai ci si può chiedere come mai in Italia non si sviluppano molte imprese con interessi nella ricerca.
Le strutture governative, invece, in quanto (in teoria) non orientate ad ottener un profitto diretto sono da criticare per la loro decisa miopia. Ma anche in quel caso più che stupidità parlerei di scarso controllo dei cittadini sulle istituzioni, di poltiche semplicistiche e orientate più a mostrare al pubblico risultati che a ottenerli e di innalzamento dell’età media (che aumentail peso politico dei pensionati e abbassa quello dei giovani ricercatori).
Parlare di “stupidità” o “furbizia” è un discorso generico che va bene per una conversazione fra amici al bar, ma non certo per affrontare un problema serio come quello degli investimenti sulla ricerca (In realtà anche il mio discorso è semplicistico, ma credo che su un blog di filosofia si debbano evitare gli stereotipi e le frasi fatte come “Gli Italiani sono furbi” …)
@moe: A volte, temo, neppure quello
@Kirbmarc: Le strutture di governo sono manifestazione dell’Italia e dell’intelligenza dei suoi elettori.