L’Ospite

Breve racconto di fantascienza che potrebbe, e sottolineo potrebbe, diventare l’inizio di qualcosa di più lungo.

Il giorno dell’apparizione io non ero ancora nato. Ricordo, nelle parole dei miei genitori e degli altri adulti l’imbarazzo e la paura. E ricordo anche, soprattutto nei loro sguardi silenziosi, la speranza: speravano nella comprensione, confidavano in una risposta, erano sicuri che, se non la loro, almeno la mia generazione avrebbe capito.
Oggi ho ottantasei anni, non abbiamo (ancora?) capito nulla e i nostri sguardi non hanno più speranza.

Avvenne una mattina di primavera. Appena il sole iniziò a sorgere dall’orizzonte per illuminare la città, l’Ospite apparve: un gigantesco ovale, lungo circa novecento metri, largo quattrocento e alto cento, completamente bianco.
L’attimo prima non c’era nulla: il cielo era terso e vuoto. L’attimo dopo l’Ospite giaceva immobile sopra la città, a circa cinquecento metri di quota.

C’è un unico modo per descrivere la reazione che ebbe l’umanità intera, quel giorno: panico. Gli abitanti della città scapparono quasi tutti: nella precipitosa fuga morirono alcune migliaia di persone. Il resto del pianeta non fuggì, ma attrezzò la propria casa come una fortezza, acquistando quantità inverosimili di armi e cibo.
Tutti si aspettavano il peggio: la distruzione della città, l’arrivo di truppe aliene pronte a ridurre in schiavitù il genere umano, radiazioni mortali.
Quello che nessuno si aspettava era che non accadesse assolutamente nulla. E così avvenne, o meglio non avvenne: l’Ospite rimase fermo, immobile, immutato. Lentamente, molto lentamente, tutto tornò alla normalità.
La città si ripopolò. In poco più di un anno tornò ad avere la stessa popolazione di prima, ed iniziò anche ad avere molti più turisti di prima: l’Ospite non era più fonte di paura, bensì oggetto di curiosità e di studio. Ma sempre in attesa, in vigile attesa di un evento.

Il giorno stesso dell’apparizione gli scienziati iniziarono a dedicare la propria attenzione all’Ospite.
Affiancati dai militari, si affannarono in vani tentativi di comunicazione. Segnali visivi, sonori, elettromagnetici e persino termici vennero inviati in ogni frequenza e intensità, ma non vi fu alcuna reazione. In compenso i sofisticati strumenti di ascolto permisero la scoperta di un fatto strano: l’Ospite non emetteva alcuna radiazione, neppure per riflessione. Assorbiva tutto, dalle onde radio ai raggi ultravioletti ai raggi x, con la sola notevole eccezione della luce visibile, che rifletteva integralmente.
L’Ospite era bianco, di un bianco puro, assoluto, un bianco mai visto prima dall’uomo. Ma solo per l’uomo è bianco: è sufficiente allontanarsi di poco dalle frequenze visibili dall’occhio umano perché l’Ospite risulti nero.
L’energia assorbita in un giorno dall’Ospite è enorme, ed è evidente, vista l’assenza di emissioni, che essa viene in una qualche maniera accumulata all’interno.

Ovviamente ad interessarsi all’Ospite non furono soltanto gli scienziati. Due settimane dopo l’apparizione, un folle imbottito di idee sulla civiltà in pericolo salì su un aereo imbottito di esplosivo e cercò di schiantarsi contro l’Ospite. Scoprì così il secondo strano fenomeno: l’attrito zero. Il suo aereo scivolò lungo la bianca superficie dell’Ospite, superandolo senza esplodere e concludendo il volo contro un palazzo, fortunatamente abbandonato.
È impossibile appoggiarsi sull’Ospite: l’attrito nullo unito alla forza di gravità e al vento costringono qualsiasi oggetto ad una rapida caduta.
Questi ed altri eventi simili avrebbero sicuramente provocato delle reazioni, se l’Ospite fosse od ospitasse esseri intelligenti come noi.
Ma nessuno sa chi o cosa è l’Ospite. Il mistero rimane intatto dopo tutti questi anni, e intatta rimane anche l’attesa: l’Ospite, prima o poi, agirà.
Io non vedrò questo evento, molto probabilmente neppure i miei figli ci saranno più. Forse i figli dei miei figli, ma non ne sono sicuro.
Tuttavia l’Ospite agirà, un giorno. E noi dovremo essere pronti.
Restiamo vigili.

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