Forza di volontà

Apprendo da Giovanni Nocera la seguente notizia:

In Inghilterra dimenticano, sembra con maggiore frequenza, di dar da mangiare a pazienti che, forse, non meritano di vivere.

La segnalazione prosegue con una nota polemica:

Strano il tono del servizio visto che sul Corriere si sfogano molte delle firme che vorrebbero per Eluana Englaro la stessa fine.
Siamo già al punto denunciato da tempo. Ognuno decide per se, ma per chi è incapace chi decide? Vogliamo essere così crudeli da far vivere le persone in condizioni non degne?


La polemica, lo dico francamente, mi sembra pretestuosa: quello che è accaduto in Inghilterra sembrerebbe essere un (grave) errore medico, dovuto a superficialità del personale e a una falla nelle procedure, non certo a un piano prestabilito o a uno zeitgest eugenetico. Chi ha a cuore l’autodeterminazione delle persone non può certo gioire di un evento simile: non si è rispettata la volontà del paziente, perché anche chi è incapace di intendere e di volere può avere una propria volontà, come ben dimostrano i bambini piccoli che, come ben sanno i genitori, manifestano fin troppo bene i propri desideri.

Polemica a parte, Giovanni avanza una obiezione che viene proposta, in termini tutto sommato simili, anche da molti altri e credo quindi che una risposta sia utile e necessaria.
Il ragionamento, spero di non sbagliare, dovrebbe essere il seguente: se si ammette la possibilità di sospendere la nutrizione per pazienti capaci di intendere e di volere (come Eluana che, stando a quanto stabilito dal tribunale, ha manifestato in maniera chiara la propria volontà in proposito), allora la si deve ammettere anche per pazienti incapaci, e a questo punto la soluzione più semplice sarebbe lasciare morire queste persone. Se non ho sbagliato nel presentare il ragionamento, più che un argomento è uno pseudo-argomento: con lo stesso schema potremmo proibire praticamente ogni atto giuridico, dai contratti telefonici ai testamenti.
La domanda che sembra tormentare Giovanni, chi decide per gli incapaci, ha da tempo una risposta: il tutore, che decide in base agli interessi dell’assistito, non ai propri o a quelli della società. Determinare quali siano questi interessi può non essere facile, e sicuramente c’è lo spazio per eventuali abusi, abusi che vanno contrastati con ogni mezzo. Posso convenire che, in caso di dubbio, si decida per proseguire le cure, ma appunto in caso di dubbio, non quando la volontà e l’interesse del soggetto sono chiari e ben determinati.

Infine, una piccola riflessione: la paura di Giovanni è l’eutanasia di stato, ed è una paura che condivido: provo orrore all’idea che qualche funzionario decida cosa fare e cosa non fare in base alle necessità politiche sociali.
La soluzione prospettata è proibire l’eutanasia e, in generale, l’interruzione delle cure insistendo, è doveroso specificarlo, sull’illegittimità dell’accanimento terapeutico. Una soluzione universale, buona per tutti, che non coinvolge quella variante particolare che è la volontà del singolo.
Chi decide cosa è accanimento terapeutico e cosa no? Non il singolo, ovviamente, altrimenti si ricadrebbe nel “ognuno decide per se”. Il medico curante? L’ordine dei medici? Lo stato? Quale che sia la risposta, il rischio che la decisione non venga presa nel rispetto del paziente ma pensando ad altre necessità mi sembrano aumentare rispetto all’alternativa basata sull’autodeterminazione del soggetto.

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