Interregionale fermo in stazione: un uomo sale, o meglio si lancia, su una delle prime carrozze del treno .
Primo: Complimenti per lo scatto atletico!
Secondo: Grazie. Sono uscito in ritardo dall’ufficio e temevo di perdere il treno. Fortuna che ha cinqus minuto in ritardo…
Primo: I minuti sono almeno dieci: me lo ha detto ufficiosamente il capotreno.
Secondo: Ufficiosamente?
Primo: Sì. Ufficialmente il treno è in orario.
Secondo: Capisco. Potevo risparmiarmi la corsa. Avevo pure il tempo di comprare il giornale.
Primo: Attività inutile: non è successo nulla di interessante. L’unica notizia meritevole sono le dieci idee con cui salvare l’Italia.
Secondo: Ne bastano solo dieci?
Primo: Facile ironia, la tua.
Secondo: Sì, è vero. Ma in concreto quali sono queste idee?
Primo – gli porge il giornale: Guarda qui: «superare l’attuale bicameralismo perfetto», «riduzione del numero dei parlamentari», «favorire un bipolarismo basato su competitori coesi programmaticamente e politicamente» «rafforzare decisamente la figura del Presidente del Consiglio», «riconoscere il voto ai sedicenni per le elezioni amministrative», «completare la riforma federale dello Stato», e così via.
Secondo: Più che salvare l’Italia, mi sembrano idee per salvare la politica.
Primo: Immagino che sia proprio queste l’idea dell’autore di queste proposte: salvare la politica per salvare l’Italia.
Secondo: Ma poi perché salvare? Una simile visione salvifica la vedo bene nei discorsi di un prete, non di un politico!
Primo: Infatti sono io ad aver parlato di salvare l’Italia. Nell’articolo si afferma che «la democrazia italiana è malata», si parla di «crisi di autorità di un sistema istituzionale e politico».
Secondo: Il discorso cambia di poco: invece di un sacerdote, il nostro politico si crede un medico.
Primo: Dai, sono metafore.
Secondo: Non sottovalutare il linguaggio.
Primo: E tu non sopravvalutarlo. Comunque, cosa ne pensi delle dieci proposte concrete?
Secondo: Se sopravvaluto il linguaggio, tu sopravvaluti la mia capacità di lettura: è un testo di almeno 7000 battute, spazi esclusi!
Primo: Non mi aspetto una analisi dettagliata, solo una impressione generale.
Secondo: L’impressione generale te l’ho già detta: più che curare l’Italia vuole curare la politica. Nobile intento, indubbiamente…
Primo: Però?
Secondo: Però qui si discute di come far sì che il mondo politico prenda decisioni. Il problema sembra essere questo: la difficoltà di prendere decisioni.
Primo: E non è un problema?
Secondo: Una politica che non riesce a prendere decisioni è indubbiamente un problema. Ma prima di affrontarlo sarebbe utile chiedersi su quali temi è lecito che la politica debba decidere.
Primo: Già, la libertà dell’individuo! Ma non siamo in una dittatura…
Secondo: Non siamo in una dittatura, è vero. Ma la politica prende molte decisioni che forse potrebbe lasciare agli individui. varrebbe la pena fare un tentativo. Penso ad esempio a quella interessante invenzione che è il cinque per mille.
Primo: Il cinque per mille?
Secondo: Sì, il cinque per mille: la possibilità, per i contribuenti, di destinare una parte delle proprie tasse al volontariato o alla ricerca scientifica. Perché non estendere il principio al resto delle tasse? Il cittadino potrebbe decidere dove destinare i propri soldi. Alle forze dell’ordine, alle infrastrutture, alla scuola pubblica, all’esercito, e così via.
Attualmente queste decisioni le prendono i politici: sono loro a decidere se destinare più soldi alla ricerca scientifica o al trasporto pubblico.
Primo: Se ho capito bene, noi due, da bravi pendolari, potremmo decidere che una parte delle nostre tasse vada alle ferrovie e non alle autostrade, ad esempio.
Secondo: Esatto. Sarebbe anche una soluzione per alcuni problemi eticamente sensibili. Se tu sei convinto che non sia moralmente lecito fare ricerca sulle cellule staminali embrionali, semplicemente non sovvenzionerai i centri di ricerca che effettuano questo tipo di ricerche.
Primo: I politici dovrebbero solo approvare le leggi e amministrare in base alle risorse assegnate dai cittadini, esatto?
Secondo: Esatto. Questa sarebbe una bella riforma. I politici avrebbero molto meno da fare: un notevole risparmio di tempo e di denaro.
Primo: Intanto il nostro treno non è ancora partito: oramai sono 20 minuti che siamo qui fermi.
Secondo: Venti minuti? Lo stato dovrebbe assegnare più risorse alle infrastrutture ferroviarie!
Primo: Dici lo stesso per le autostrade quando ti ritrovi bloccato al casello!
il problema in tutto ciò lo fai notare in fondo: può la “gente” decidere con cognizione? Cosa sarebbe successo, ad esempio, nel 98 con la cura Di Bella, se fosse stata la gente a decidere quale cura finanziare oppure no (la maggioranza era pro-dibella, e io mi trovavo a dover assicurare chi incontravo che ero vivo da 10 anni grazie alla chemio)? E il problema non è molto diverso quando devi decidere dove mettere un inceneritore. Forse la democrazia non è il governo del popolo, è semplicemente mettere in mano al popolo la “ghigliottina” che permetta di liberarsi di un governante se non va bene. Il governante deve avere la cognizione, i mezzi per comprendere cosa è giusto .. e qui forse nasce un problema 🙂
L’idea di fondo del dialogo (che è un divertissement, non una proposta concreta: quelle, nonostante tutto, le lascio ai politici) è appunto che i politici non sono affatto preparati, o almeno non lo sono più dei cittadini: proprio la cura Di Bella, da te citata, ha visto tra i sostenitori alcuni uomini politici!
In ogni caso, la proposta avanzata nel dialogo non prevede un controllo così preciso della destinazione delle tasse: si dovrebbe scegliere tra diverse categorie (sanità, infrastrutture, educazione, cultura, eccetera) con eventuali sotto-categorie (infrastrutture: ferrovia, strade o autostrade? cultura: cinema, letteratura, musei?).
Cosa sia la democrazia è una domanda che preferisco lasciare da parte…