Categories: Pensieri diversi

Ivo Silvestro

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Il 31 gennaio 2007 si è tenuta, presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di Milano, si è tenuta la Seconda Giornata di Studio sulle Cellule Staminali.

A giudicare dal programma, gli organizzatori hanno cercato di affrontare il tema da più punti di vista: dall’impiego delle cellule staminali embrionali umane per gli studi tossicologici (Giovanna Lazzari), sul differenziamento cardiaco (Marisa Jaconi e, per l’esperienza italiana, Elisabetta Cerbai) e neuronale (Elena Cattaneo) agli aspetti giuridici della ricerca sulla staminali (Emilio Dolcini), ai metodi per derivare linee cellulari staminali umane senza compromettere lo sviluppo dell’embrione (Fulvio Gandolfi). Non è, ovviamente, mancata la discussione sugli aspetti di bioetica (Demetrio Neri, dell’Università di Messina, e Maurizio Calipari, della Pontificia Accademia Pro Vita).

Un programma decisamente ampio, forse troppo per una giornata sola. Eppure alcuni studenti l’hanno trovato limitato e hanno scritto una Lettera ad una professoressa. Ne hanno parlato diffusamente alcuni giornali (interessante quello apparso su l’Unità, commuovente la retorica di quello apparso su Avvenire).
Leggiamo alcuni passaggi:

C’è qualcosa che sta più in profondità di qualsiasi brevettabilità futura, che è più originale di qualunque possibile applicazione, pur importante che sia: è l’oggetto del nostro studio, che detta sempre il metodo al nostro lavoro. Per questo siamo usciti molto preoccupati, forse anche un po’ sconcertati, dal convegno pubblico che lei ha organizzato nella nostra Facoltà. È possibile fare ricerca, senza porsi la domanda principale: che cosa ho di fronte? Nella fattispecie: che cosa è l’embrione? È vita umana?

No, non è possibile fare ricerca senza porsi queste domande. Poniamole e ascoltiamo le risposte, che poi valuteremo.

Forse ha fatto parlare dei preti (che se lei ha notato hanno difeso più la ragione che il catechismo) perché i “laici” invitati davano risposte francamente impresentabili, come quella dell'”etica a stadi”. […]

L’etica a stadi è la teoria presentata da Demetrio Neri, teoria che gli autori di questa lettera non solo non apprezzano, ma giudicano impresentabile. Insomma, era meglio se Demetrio Neri se ne fosse stato zitto e avesse lasciato parlare il collega Calipari.

Crediamo che ci sia un problema di metodo, che consiste in un uso troppo ristretto della ragione, come se essa si arrestasse non appena entrano in gioco questioni che non possono essere decise in base al metodo scientifico. […] Ma non abbiamo bisogno di attendere ulteriori progressi della ricerca scientifica, ulteriori esperimenti o dimostrazioni, per stabilire che, se un embrione non viene soppresso, si mostrerà come quell’individuo umano che è fin dall’inizio, e non ne verrà fuori un elefante o un topolino.

Di fronte a consocenze scientifiche così solide, come ribattere?
Ad esempio notando che, se il problema è un uso limitato della ragione, stabilire di non avere bisogno di ulteriori dimostrazioni è un uso limitato della ragione.

Ricapitolando: un gruppo di studenti ha partecipato al convegno, ha trovato le risposte fornite inaccettabili e impresentabili e propone, in poche parole, di lasciar perdere il dibattito.

Quando qualcuno fa notare che è difficile, date le premesse, interpretare il messaggio come un invito al dialogo, subito gli autori della missiva si agitano e si chiedono allarmati: Esiste ancora libertà di espressione in università?

Alla fine, sembra ne nascerà un incontro dall’interessante titolo Se questo è un uomo. Riflessioni sull’uso di embrioni umani a scopo di ricerca scientifica (ma un titolo originale, no? Prima si copia la scuola di Barbiana, adesso Primo Levi…).
Ben vengano i dibattiti: confidiamo nell’uso della ragione.

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  1. farfintadiesseresani 2 Marzo 2007 at 15:49

    Un po’ dissento. Non sarà scientifica, ma la conoscenza del fatto che “se un embrione non viene soppresso, si mostrerà come quell’individuo umano che è fin dall’inizio, e non ne verrà fuori un elefante o un topolino”, al netto di qualche doverosa precisazione, mi pare vera assai.

  2. Ivo Silvestro 2 Marzo 2007 at 16:21

    Letta così, dissento anche io (lo confesso: sono stato poco chiaro).
    È una affermazione vera assai, come scrivi tu, ma è un po’ poco per costruirci un dibattito serio. È come se pretendessimo di discutere di ortopedia partendo dall’assunto che l’uomo ha due piedi e non tre. Giusto, ma decisamente poco.
    Inoltre, la frase andrebbe emendata: “se un embrione (umano) non viene soppresso o non muore per cause naturali ne verrà fuori un essere umano non un elefante o un topolino”. Difficile pensare che in quel piccolo embrione che ero fosse già scritto tutto quello che oggi mi rende individuo. Forse la (leggera, leggerissima) calvizie sì, per la mia pancetta ho già qualche dubbio, per la laurea in filosofia sono sicuro di no.

  3. eno 2 Marzo 2007 at 21:34

    Francamente la mia simpatia va tutta al gruppo di studenti, anche se solo per il giustissimo pathos della lettera.
    Mi dirai: “Il pathos… E il traballante contenuto?”
    Il contenuto è incerto e vuoto, ed è vero quello che dici: perché opporsi all’uso limitato della ragione( che c’è stato abbondantemente ) per poi passare da un ignaroramus a un ignorabimus?
    Ma lo stesso ragionamento è stato usato dagli attivisti pro referendum sulla procreazione assistita: “Non sappiamo dare un definizione di persona. Quindi non si può dare. Quindi non è un problema. Quindi chi afferma il problema vuole imporre le sue idee”. Grosso modo quello che dice Mori, poi, quando parla con tono prosopoaico di “attacco alla libertà di ricerca scientifica”… Per un lettera?!? E che c’entra la menzione “democrazia” con una corretta argomentazione?
    Suvvia!
    E il “volantinaggio abusivo”? cos’è, uno scherzo? perchè non controllare anche se erano in regola con gli esami? o se si passavano illegalmente i buoni pasto di terza fascia?
    Due torti simili ed opposti non fanno una ragione, ma visto che gli attivisti del secondo tipo erano prevalentemente docenti che spendevano il proprio campo in un ambito per trinciar giudizi in ambiti come fondamenti del diritto e/o bioetica, almeno s’è sentita finalmente una protesta. Meno male.
    Preferisco una persona che coglie un problema e da una risposta sbagliata e sciocca di qualcuno che con una sicura paludata pone la questione con la cosiddetta “etica a stadi” in un modo che implicitamente nega che ci sia un problema!
    Almeno il primo tonto lascia realmente aperto il dibattito.
    L’etica a stadi sta alla bioetica come il nominalismo o il sensismo possono essere considerate “teorie ontologiche”! Eh no, tendono a dissolvere e negare l’ontologia: non sono tesi DENTRO l’ontologia. Lo stesso fa l’etica a stadi: tende a dissolvere il problema di che cos’è una persona.
    Tesi in sunto: la persona ha diversi gradi di sviluppo.
    NOOO, MA VA? VERAMENTE?
    Questa osservazione empirica, che costituisce casomai materiale per le inquietudini esistenziali su “noi che siamo sempre un divenire” e le fini riflessioni delle Confessiones, non era sfuggita a nessuno, neanche al kantiano più spinto o al più assatanato e fanatico sostenitore della sacralità della vita, anzi tutti l’hanno presa in considerazione nei loro sistemi.
    Tutti sapevano che l’etica non è una questione empirica, però.
    Ma lui, viceversa, come fa a trarne una osservazione normativa e di valore?
    Come passa totalmente da questa banalissima isness alla oughtness?
    L’unico modo è negare che ci sia differenza di ordine tra i due campi.
    Cioè negare la questione etica, bioetica e di fondamenti del diritto.
    Ma nonostante l’escamotage, che è estremamente diffuso e che si trova anche nelle tesi del carattere privato della questione bioetica portate avanti dalla Cattaneo, il problema esiste.
    Sarai d’accordo con me che una proposta di soluzione si prefigge per definizione di risolvere il problema. Se vuole evitare di farlo è inaccettabile, perché non è pertinente con la questione.
    Sul resto posso anche essere d’accordo con te…
    Scusa il tono passionale del commento.
    ciao! eno

  4. Ivo Silvestro 2 Marzo 2007 at 23:19

    Scuso il tono passionale, ma non la lunghezza… tanto so che non ti offendi e soprattutto non riduci la mole dei commenti 😉
    Non so come si sia svolto il convegno, non conosco neppure nei dettagli le idee di Demetrio Neri. Insomma: sospendo il giudizio e non provo a difendere dalle tue critiche l’etica a stadi. Forse Neri si limita alla banale osservazione empirica, forse sviluppa ulteriormente il discorso, non lo so.
    Nella lettera ad una professoressa io non ho trovato critiche sensate, ma solo un richiamo alla non presentabilità di tali teorie in quanto (con un notevole salto retorico) porterebbero all’eliminazione dei Down. Mi sbaglierò, ma non vedo molti dibattiti aperti, ragionando così.

  5. Ivo Silvestro 2 Marzo 2007 at 23:23

    Dimenticavo.

    Sarai d’accordo con me che una proposta di soluzione si prefigge per definizione di risolvere il problema. Se vuole evitare di farlo è inaccettabile, perché non è pertinente con la questione.

    Non sono d’accordo con te, dal momento che di solito mi comporto proprio così. Spesso, di fronte ad un problema, mi chiedo se sia da risolvere oppure da evitare, da smontare e smascherare come falso problema.

    Lo so, non c’entra nulla con quello che intendevi dire tu 😉

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