Ivo Silvestro

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Alpha: Che cosa è la matematica?

Beta: È l’arte di dimostrare l’ovvio.

Alpha: Mi stai dicendo che la matematica è ovvia?

Beta: Assolutamente no: la matematica è tutt’altro che ovvia.

Alpha: Non ti stai contraddicendo?

Beta: No: la matematica non è ovvia, appunto perché dimostra l’ovvio. Tutti sono buoni a cercare dimostrazioni di cose non chiare. Solo un matematico si sente in dovere di dimostrare anche quello che è chiaro e intuitivo.

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  1. Valerio 14 Novembre 2007 at 13:26

    ma la matematica non discute solo cose ovvie. Quello è il filosofo. (uha uha)

  2. Ivo Silvestro 14 Novembre 2007 at 13:41

    Mi ferisci nell’orgoglio: ho sempre pensato che la psicologia discuta solo l’ovvio.
    Comunque, come nella migliore delle dimostrazioni matematiche, ho un controesempio:

    L’Esserci, in quanto costituito dall’apertura, è essenzialmente nella verità. L’apertura è un modo di essere essenziale dell’Esserci.

    Tutto potrei dire di questa affermazione di Heidegger (profonda, insensata, eccetera) tranne che essa sia ovvia!

  3. Maurizio Colucci 14 Novembre 2007 at 13:54

    Proprio non capisco la posizione di beta.

    Quello che dimostri è implicito negli assiomi iniziali, certo, ma questo non significa che sia ovvio!

  4. Ivo Silvestro 14 Novembre 2007 at 14:09

    Maurizio Colucci: Molti teoremi (non tutti) dimostrano cose a prima vista ovvie, che non hanno bisogno di dimostrazione. Eppure i matematici li dimostrano.
    C’è, ad esempio, un teorema che dimostra che, se la funzione x è continua e in un punto è negativa mentre in un altro punto è positiva, allora vi sarà un punto nel quale ha valore zero. Come dire che i matematici sentono il bisogno di dimostrare che se stamattina il termometro segnava -5 gradi e a mezzogiorno +5, c’è stato un momento nel quale ha segnato 0…

  5. Maurizio Colucci 14 Novembre 2007 at 15:45

    Ah, grazie. Avevo capito male. Credevo che il tizio sostenessa che la matematica dimostra SOLO cose ovvie.

  6. Valerio 14 Novembre 2007 at 22:24

    cose ovvie solo all’apparenza, cioè. La matematica fa anche questo, ma non solo questo. Vabè lo sapevi già ma volevo far sgranchire le dita.

  7. hronir 14 Novembre 2007 at 23:04

    L’esigenza di dimostrare l’ovvio, come nel teorema che citi, Ivo, nasce dall’esigenza di chiarire e mettere in luce tutte le ipotesi “sottintese” per le quali la cosa ci sembra ovvia, ed eventualmente evidenziare come e perche’ al cadere di ciascuna di quelle ipotesi, l’ovvio smette di essere ovvio.
    Nel caso del teorema che citi, per esempio, l’uomo della strada avrebbe compreso benissimo l’esempio della temperatura, ma difficilmente avrebbe sottolineato, come invece hai fatto tu “a posteriori”, la necessita’ dell’ipotesi di continuita’ della funzione…

  8. hronir 14 Novembre 2007 at 23:09

    Ah, Valerio, Valerio, la filosofia… 🙂
    Si racconta che i vari dipartimenti universitari debbano sostenere spese molto diverse fra di loro in base agli studi che portano avanti. Dipartimenti sperimentali come chimica, fisica e biologia, ad esempio, hanno spese di laboratorio del tutto assenti in dipartimenti come quello di matematica: a un ricercatore basta una penna, un foglio di carta e un cestino.
    A filosofia, poi, non hanno bisogno nemmeno del cestino!

  9. Ivo Silvestro 15 Novembre 2007 at 00:26

    Valerio e hronir: non devo scrivere certe cose prima di andare a dormire.
    Sono stato confuso (alcuni teoremi riguardano l’ovvio, non tutti) e troppo lapidario: la mia non è una critica alla matematica!
    Ci vuole un notevole senso critico per mettersi a dimostrare un risultato ovvio come quello citato, ed è bene appunto perché se la funzione non è continua il teorema non vale…

    hronir: una curiosità: la storiella sulle spese dei dipartimenti universitari da dove viene? Io l’ho letta, la prima volta, in un romanzo di Arthur C. Clarke…

  10. hronir 15 Novembre 2007 at 02:05

    Ivo, continua pure a scrivere anche prima di andare a dormire: il mio, come dice Valerio, era uno sgranchirsi di dita. Il tuo dialogo era evidentemente uno sasso gettato, uno spunto di riflessione… e mi ci sono buttato a pesce 🙂
    Quanto alla storiella sui filosofi e i matematici, me la raccontò il mio mitico esercitatore di Analisi I. Sono un appassionato di Clarke, ma non ricordo di averne letto da lui… in che romanzo la racconta?

  11. Ivo Silvestro 15 Novembre 2007 at 11:29

    Se non sbaglio, 3001 odissea finale

  12. hronir 15 Novembre 2007 at 13:38

    avevo letto 3001, ma non ricordo la storiella… (forse ci avevo fatto poco caso perche’ la conoscevo gia’…?)

  13. lector in fabula 16 Novembre 2007 at 17:40

    Per Ivo (commento n. 2).
    Sempre di Heidegger, esiste una definizione sul “pensabile” come ciò che è degno di essere pensato, ecc., costruita all’incirca allo stesso modo. Buona come esercizio d’esegesi. Mi sa che era uno stilema del Maestro, utilizzato un po’ qua e un po’ là per far colpo sugli studenti. Un professore usava “umiliarci” scrivendo alla lavagna contemporaneamente, con ciascuna mano, testi differenti che poi si raccordavano tra loro nel punto d’unione.
    Innocui malvezzi dei geni o presunti tali. 🙂

  14. Tensor 21 Novembre 2007 at 21:06

    Leggere:
    Richard Courant, Herbert Robbins
    Universale scientifica Boringhieri, 1985.

  15. Ivo Silvestro 21 Novembre 2007 at 21:54

    Tensor: qualche parola in più sul libro?
    Inoltre, hai messo il link a casaccio o sei il ghostwriter di Ratzinger e vatican.va lo consideri un po’ il tuo blog? 😉

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