Oggi c’è l’idea che le utopie sono morte. Ma in realtà non muoiono perché l’uomo è un animale desiderante. Le utopie si riproducono e le peggiori sno quelle che rimangono nascoste e dicono di non esistere. La condanna delle utopie ha trasformato la politica in un navigare a vista, in un’amministrazione del presente.
Remo Bodei, in una intervista a Liberazione (17/9/2008, p. 11)
Bodei distingue nettamente le utopie, le società perfette che non si trovano in nessun luogo, dalle ucronie, le società perfette che non esistono in questo tempo, ma potrebbero esistere e, secondo i loro creatori, sicuramente esisteranno, un giorno (come cantava Gaber: “oggi: no, domani: forse, ma dopodomani… sicuramente!”).
Il problema sarebbe proprio lì: chi immagina una utopia sa bene che essa non è realizzabile, e non prova neppure a sacrificare la realtà per realizzare la sua società perfetta. Si limita, pragmaticamente, a confrontare l’utopia con la realtà, per migliorare quest’ultima.
Chi immagine una ucronia, invece, si aspetta che questa sua società perfetta si realizzi ed è quindi disposto a imporre la propria ucronia anche con la forza.
La sinistra italiana (quelli duri e puri, diliberto, bertinotti etc) quindi avrebbe rinunciato all’ucronia per rifugiarsi nell’utopia..
Umpf, dalla padella alla brace.
Credo nella necessità di una combinazione tra utopia e disincanto. In questo modo l’utopia è una tensione, non essa stessa un luogo. Non può esistere contenuto descrittivo del mondo noumenico in cui tutti gli uomini saranno solo fini e non mezzi ed in cui verrà attribuito a ciascuno il suo. Ma non possiamo abbandonare il come se dell’utopia, perfino dell’utopia anarchica. In un mondo in cui è inevitabile la disparità di forze tendere ad un pianeta in cui la forza non faccia male.
@ferrigno: Anche l’ucronia spinge all’azione – un’azione politica più rispettosa della realtà (ho il sospetto che Bodei avesse in mente il “tanto peggio per la realtà” che Lenin avrebbe detto quando gli fecero notare che la teoria non si accordava con la realtà).
La sinistra italiana, più che dall’utopoa all’ucronia, mi sembra passata al… no, vabbè, lasciamo perdere, dai.
@luca: Credo che Bodei sarebbe d’accordo: utopia come modello ideale al quale tendere, senza pensare di imporlo su questa terra (ma è realmente possibile fare ciò? i modelli ideali, nella loro perfezioni, costituiscono delle forti tentazioni).
Oh, il fine Remo Bodei…
Ragioniamoci un po’ sulla nostra natura desiderante.
Se vedo un povero costretto a vivere nei rifugi della Caritas perché il sistema Ater funziona male, cerco d’aiutarlo e desidero modificare le case popolari perché questo non si ripeta.
Se vedo le infiltrazioni della politica nella scelta di ricercatori e dottorandi, denuncio la cosa e cerco che siano modificati i decreti ministeriali.
Etc. etc.
Insomma, se vedo una cosa storta oltre a raddrizzarla DESIDERO un sistema perché la cosa non si ripeta.
Fin qua col monotematico Bodei, che parla di Bloch e utopie da 25 anni, ci siamo.
Ma mi si può spiegare il passaggio da riformare il singolo caso, fin alle sue lontane radici, con riformare la società?
Il criterio con cui aggiustare questo e quel guasto si trovano facilmente ed è altrettanto agevole giustificare la propria azione e convenire con gli altri su ciò che dobbiamo fare.
Ma esattamente, cos’è una società giusta, cosa me ne dà il metro e con che diritto posso adergermi a ingegnere sociale…?
Perché la somma di tutti i vari casi e intoppi, ognuno con la sua specificità, dovrebbe formare una compatta e ciclopica magna questione per cui v’è una risposta semplice? anzi, c’è una qualsiasi risposta e la domanda quale sarebbe?
ciao! 🙂
@eno: ma a te, gli ingegneri sociali, che male hanno fatto?
Oltre ad aver edificato sul niente una repubblica traballante e mal coesa, devastato l’università e la scuola perché “l’istruzione va migliorata, lo dicono i migliori pedagoghi”, cercato di costruire ed esportare democrazie a tavolino, devastato il Sud Italia e i Neue Länder tedeschi in folli tentativi di manipolare l’economia con assistenza di stato… no, niente.
Gli ingegneri sociali sono simpatici. 😛