Julian Baggini, filosofo e giornalista inglese, ha immaginato un maiale molto particolare: grazie all’ingegneria genetica, Priscilla, questo è il suo nome, può parlare e soprattutto può dire che il suo più grande desiderio è venire mangiata. Si tratta di uno dei 100 racconti de Il maiale che vuol essere mangiato e altri 99 esperimeti mentali (Cairo editore, 2006). L’autore si chiede: per un vegetariano sarebbe lecito mangiare una salsiccia di Priscilla?
A Baggini interessa il concetto di tabù: il vegetariano, per quanto possa giustificare razionalmente la sua decisione di astenersi dalla carne, è forse determinato da un rifiuto emotivo e irrazionale, un tabù, appunto.
Sul sito della rivista The Philosophers’ Magazine, da lui fondata insieme a Jeremy Stangroom nel 1997, è possibile rispondere ad alcune domande incentrare su situazioni decisamente immorali, ad esempio l’incesto o il figlio che non mantiene la promessa fatta alla madre in punto di morte, ma prive di conseguenze negative per i soggetti coinvolti e quindi razionalmente non condannabili.
Dopo aver risposto alle domane si otterranno tre valori: il Moralising Quotient, che indica quanto si è morali, l’Interference Factor, che si riferisce alla volontà di interferire nelle scelte altrui, e il Universalising Factor, ossia la tendenza a formulare giudizi morali in termini universali.
Nel commentare i risultati, gli autori parlano di “Yuk-Factor”, che potremmo tradurre come “fattore bleah”, che indica l’emotiva reazione di disgusto che spesso accompagna le azioni immorali: nonostante le dichiarazioni di Priscilla, il vegetariano avverte una sensazione di nausea prima di assaggiare la salsiccia, e similmente avviene con il figlio spergiuro e la coppia incestuosa.
Il test presuppone l’adesione al consequenzialismo: per quanto una azione possa essere disgustosa o non condivisibile, se essa non danneggia nessuno è lecita e tollerabile.
Anche senza essere consequenzialisti, è comunque giusto chiedersi quanto, nei nostri giudizi morali, sia dovuto al ragionamento e quanto, invece, all’emozione e all’istintivo disgusto.
Mi riferisco ad un recente caso di cronaca, ad un certo personaggio politico fotografato in compagnia di una persona la cui identità di genere non è perfettamente stabile. Sono criptico per un semplice motivo: non voglio visitatori giunti cercando fotografie compromettenti. Per quelle, c’è il Corriere della Sera.
da vegetariano: se tu avessi bisogno del mio aiuto per morire, e io giudicassi valide le tue ragioni per voler morire, mi considererei in dovere di aiutarti a morire.
allo stesso modo, se il maiale a bisogno del mio aiuto per esaudire il suo desiderio (essere mangiato), io dovrei considerare la possibilita’ di assecondarlo. pero’, come con te, vorrei prima assicurarmi di giudicare valide le ragioni del maiale. ecco, come faccio? cosi come non potrei prendere la tua semplice preferenza per buona per ucciderti, posso prendere quella del maiale?
si potrebbe risolvere dicendo che, sebbene tu possa avere preferenze piu’ o meno giustificate, il maiale ha solo preferenze. e quindi, per stare dalla parte del maiale, bisogna assecondarne le preferenze senza fare altre domande. quindi si, se il maiale ha bisogno di me, saro’ li per lui.
Evidentemente, sei un vegetariano razionale e non emotivo.
Quanto a priscilla… immagino ci sarà qualche psicologo suino in grado di certificare l’autenticità dei desideri di Priscilla.
L’articolo è vecchio, ma la riflessione è valida.
In effetti, il fattore del disugusto in quel caso era preponderante.
Personalmente non mi importava molto del caso-era una questione tra il politico e i suoi familiari, e il fatto che sia stato reso pubblico denota un certo interesse per ciò che fa disgusto..
[…] Probabilmente qualcuno lo ha fatto, ha portato argomenti simili; la maggior parte – ma ripeto: sarò stato io un lettore superficiale – mi sembra che si sia fermata al disgusto, a quello che qualcun altro ha chiamato “fattore bleah!”. […]