Lamentarsi delle fototessere è un classico. I racconti di infernali macchinette in grado di trasformare innocenti ragazzine, tanto carine dal vivo, in orrende creature che, al confronto, le erinni sembrano le finaliste di Miss Universo, questi racconti, dicevo, sono simpatici ma, tutto sommato, un po’ ripetitivi.
Non vi narrerò quindi del mio nuovo abbonamento, che è mio solo per il nome stampatoci sopra, dal momento che la fotografia è quella di un probabile terrorista o di un serial killer.
Non una riflessione sugli inganni delle fotografie, quindi, bensì una riflessione sugli inganni della tecnologia: l’onnipresente tecnologia che controlla anche le macchinette delle fototessere. Tecnologia dal volto umano, o meglio: dalla voce umana: «Scegli il formato che preferisci». Cacchio, devo fare un abbonamento, la normalissima fototessera: cosa me ne faccio del ritratto? «Preparati: stiamo per scattare la prima foto.» Bene. «Uno… Due… … … …» E mentre pensi a che fine abbia fatto il tre?, strani congegni si mettono in moto e un flash ti illumina. «Questa è la foto scattata: se va bene, premi il tasto verde per stampare, altrimenti preparati per un altro scatto.» Non hai neppure il coraggio di guardare. «Uno… Due… … … …» Questa volta non ti lasci fregare, ma il risultato non cambia di molto: terzo tentativo. E qui arriva la malvagità della tecnologia: il terzo tentativo è anche l’ultimo, ma nessuno lo dice, prima.
La tecnologia ti illude di avere tutto sotto controllo, ti lascia credere di poter fare tutto, di poter risolvere tutti i problemi: credi di poter avere una fototessera nella quale non sembri appena uscito da un incontro di pugilato, ma non è così. E finché l’inganno si limita alle fotografie che ti ritrovi sull’abbonamento, poco male: il problema è che sulle illusioni della tecnologia si costruiscono, ad esempio, politiche energetiche.
Cavoli, devi esserci rimasto proprio male male, se il tuo disappunto s’è sfogato in un post… tutta colpa dell’immagine che abbiamo di noi stessi e che si sedimenta nel cervello. Anch’io mi penso con i capelli e senza pancia e poi, ogni volta che mi guardo allo specchio, dico: “ma chi è quel brutto lì?”. Coraggio, gli anni passano per tutti…
🙂 🙂 🙂 🙂 🙂
OT:
scusa l’OT ma ti volevo ringraziare per l’e-mail con la segnalazioe. Vedremo come fare. Grazie mille e se ne trovi altre facci sapere. 😉
@lector: Ma io non ho problemi con gli specchi, e neppure con le fotografie delle vacanze. Sono proprio le fototessere a ferire il mio ego!
@fabristol: Tendo a leggere sempre meno i quotidiani, comunque tranquilli: vi passerò tutte le perle scientifiche che trovo!
“Sono proprio le fototessere a ferire il mio ego!”
Dirò sicuramente una vaccata, ma a mio parere la colpa della scarsa “fotogenicità” nelle fototessere automatiche è dato dal fatto che trovare l’allineamento “giusto” in quei casi è difficile.
Allo specchio, tendiamo naturalmente a mostrare il nostro “lato migliore”. Nelle fotografie fatte da umani , la scelta la fa il fotografo, che per quanto mediocre sia, adegua la vista meglio della macchinetta.
Le macchinette per fototessere spesso ti inquadrano troppo dal basso o dall’alto, ed è sorprendente vedere come in questi casi si cambi (in peggio, di solito).
@Kirbmarc: Non credo sia una vaccata: un fotografo umano, per quanto mediocre, si comporta meglio di una macchina, per tempi e inquadrature. La fototessera, poi, è particolarmente infida: non puoi assumere una posa particolare e naturale.