Il 20 marzo 2003 una coalizione guidata dagli Stati Uniti ha invaso l’Iraq.
Le motivazioni della guerra sono oggetto di controverse discussioni; lasciando da parte le questioni geopolitiche (l’Iraq si trova tra Israele e l’Iran) ed energetiche (l’Iraq è ricco di petrolio), possiamo anche ammettere che l’Iraq sia stato invaso per portare la democrazia nel paese.
Freedom House pubblica ogni anno un rapporto sulla libertà nel mondo. Ad ogni nazione viene assegnato un punteggio da 1 (risultato migliore) a 7 (risultato peggiore). Dal 2003 ad oggi l’indice della libertà civile in Iraq è passato da 7 a 5, mentre l’indice dei diritti politici da 7 a 6.
Secondo il sito Iraq Body Count sono morti, in seguito ad azioni militari, almeno 55373 civili. Possiamo dubitare della fonte e dimezzare il numero, limitandoci a circa 25000 civili uccisi.
Almeno 25000 persone uccise per guadagnare due punti di libertà civile e un punto di diritti politici. Un successo.
davvero sono così pochi? Come crederci?
E perchè contare solo i civili?
Perché contare solo i civili e non anche i militari? Non lo so, evidentemente la morte, per un militare, è considerata normale, accettabile. Il numero è inoltre limitato: non si calcolano le morti indirette, causate dalle conseguenze.
Io ho accettato questi limiti, e ci ho messo anche un eccesso di cautela dimezzando il valore, perché questo testo è essenzialmente una domanda a chi questa guerra l’ha voluta, appoggiata, simpatizzata e giustificata, e quindi voglio una stima “oggettiva” e “onesta” del prezzo (strana espressione, trattandosi di vite umane) della democrazia in Iraq.