Tu chiamale se vuoi illusioni

Sono sempre più numerose le ricerche sulle cosiddette illusioni cognitive: dall’economia alla medicina passando per politica e informatica, è facile imbattersi in articoli che affrontano quelle che potremmo chiamare distorsioni della nostra facoltà di giudizio.

Un esempio: molti sono convinti gli immobili siano un buon investimento (“investire nel mattone è sempre una buona cosa”). Secondo alcuni questo giudizio è (in parte) viziato dalla non ottimale memoria dei prezzi: trattandosi di grossi importi, ci ricordiamo meglio quanto valeva una casa venti o trent’anni fa, mentre ricordiamo con più difficoltà quanto costavano un caffè, un libro o altri beni decisamente più economici delle case.

La domanda che anima questo post è: perché parlare di illusione e non di un semplice errore?

Iniziamo con l’affrontare il concetto “classico” di illusione, partendo dalla ben nota illusione di Muller-Lyer:

Le due righe orizzontali hanno la stessa lunghezza, eppure quella inferiore appare più lunga di quella superiore.
Perché si dice che questa figura è una illusione?1

Perché anche sapendo che le due linee sono uguali, continuiamo a vederle di lunghezza differente.
L’errore è a livello percettivo: la percezione non corrisponde allo stimolo sensoriale.
Si presuppone qui una sorta di catena causale: stimolo [2. Occorrerebbe distinguere tra stimolo distale e stimolo prossimale, ma qui possiamo ignorare il problema.] – percezione – giudizio. L’illusione si situerebbe tra lo stimolo e la percezione: avvenendo prima del giudizio, sapere che le due linee hanno pari lunghezza non ha alcuna influenza.

Quella che vengono chiamate illusioni cognitive sono fenomeni simili a questo?

Secondo me, solo a due condizioni.
Innanzitutto, il fenomeno non deve avvenire a livello di giudizio, altrimenti si tratta di un più banale errore (ho il sospetto che l’illusione cognitiva citata in apertura sia un più banale errore di giudizio, ma ovviamente occorrerebbe approfondire).
In secondo luogo, si deve avere una descrizione robusta di quello che corrisponde allo stimolo: per l’illusione di Muller-Lyer abbiamo la possibilità di misurare, con un righello, la lunghezza delle linee. Quando queste illusioni cognitive riguardano scelte etiche, non abbiamo, in generale, una descrizione robusta di quella che è la scelta oggettivamente corretta.

In conclusione, credo che alcuni studi sulle illusioni cognitive utilizzino questa terminologia in maniera impropria, con due rischi: giustificare o sottovalutare quelli che sono semplici errori di valutazione e occultare i problemi teorici ancora non risolti.

  1. In realtà si utilizzano anche altri termini meno ambigui: lo psicologo triestino Vittorio Benussi, ad esempio, preferisce l’espressione “percezione inadeguata della forma”. []

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