Sono una brutta persona?

Nel sentire i titoli del telegiornale, la notizia che più mi ha colpito a livello emotivo è stata la morte del direttore d’orchestra Nikolaus Harnoncourt – non riesco ad ascoltare una versione che non sia la sua delle Quattro stagioni di Vivaldi o dei Concerti brandeburghesi di Bach – e non la morte, nel mar Egeo, di venticinque persone che cercavano rifugio in Europa.

Sono una brutta persona, per questo?

Pubblicato nella rubrica Spilli

14 commenti su “Sono una brutta persona?

  1. Harnoncourt era evidentemente più vicino a te sia di Nancy Reagan che dei venticinque affogati. È l’equivalente della funzione di utilità in economia.

  2. Indubbiamente ero più “vicino” ad Harnoncourt, però era comunque un legame indiretto, non era un amico o un conoscente e si era già ritirato, per cui non c’è neanche il dispiacere di non avere più sue incisioni da ascoltare. Insomma, devo vergognarmi di questa mia reazione emotiva, visto che la morte di quelle 25 persone è oggettivamente più drammatica di quella di un anziano direttore d’orchestra?

  3. Ma i legami non devono essere necessariamente diretti! (e non c’entra nulla la fama, naturalmente). Quello che conta è che con una persona tu abbia qualcosa in comune da un qualunque punto di vista.
    Comunque saresti più una brutta persona se ti saresti preoccupato nel caso tra i 25 annegati ci fosse un italiano (o un ticinese se preferisci)

  4. (Dissento sul ticinese: il cantone è così piccolo che con due gradi di separazione hai raggiunto tutta la popolazione residente e i ticinesi all’estero).
    Comunque, dici che è normale reazione della psiche umana e non devo cercare di correggerla, giusto?

  5. Io prenderei in considerazione le emozioni. È evidente che il filosofo (si noti la vena di disprezzo, nell’uso del termine) sia legato all’artista sotto il profilo emozionale. Non mi riferisco necessariamente a una emozione manifesta, come quella che si può provare al momento dell’ascolto dei brani succitati, ma a quella traccia latente residua che rappresenta il collegamento costante (e privilegiato) con persone con le quali abbiamo, in qualche modo, stabilito un rapporto affettivo (anche in una sola direzione).
    Qui fa gioco citare la Sindrome di Capgrass, disturbo che dimostra incontrovertibilmente come le emozioni sommerse, appunto, influiscano sulle nostre elaborazioni, sia in loro presenza che in loro assenza (come appunto nel caso della sindrome).
    Quindi, avere la tendenza a “privilegiare” la perdita di un riferimento affettivo è naturale; d’altro canto chi potrebbe rimproverarci per il fatto che ci sentiamo più tristi per la perdita di un figlio piuttosto della morte contemporanea di 250 persone per un disastro aereo?

    Che dire di più? Ah, sì: viva le neuroscienze, abbasso la filosofia!
    (Dennett*, non sarebbe d’accordo, credo).

    * a proposito, com’è messo con la faccenda della coscienza? Ci sono sviluppi?

  6. se ti poni il dubbio, allora non sei una brutta persona

    a me pare un ragionare insensato, il paragone fra i dispiaceri

    per capirsi: è normale che io mi senta molto colpito dallo sterminio degli Armeni, di cui ho notizia storica ed è normale, nel contempo, esser triste dalla morte del mio gatto

    ragionar colla bilancia non è ragionare ma porsi domande insensate

  7. (Glissando sulle velate critiche di marcoz alla filosofia) il problema è che faccio fatica a definire “affettivo” il mio legame con Harnoncourt, anzi faccio pure fatica a parlare di legame. Fosse il solito discorso del figlio o del gatto – con cui ho legami diretto e anche delle responsabilità – rispetto a cento estranei, non mi porrei il problema, o meglio me lo porrei in altri termini.

  8. posso aggiungere che la morte di George Martin mi è dispiaciuta, ma non è stato un grave colpo emotivo. Non so se sono più o meno brutta persona.

  9. C’è poi la reazione di chi ha pensato si trattasse del quasi omonimo scrittore e _si è sentito sollevato_. Sono casi strani, che non so se trovare sconvenienti o no.

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