Scontro di (in)civiltà

Nel Land tedesco del Baden-Württemberg, i cittadini di fede islamica che intendono acquisire la cittadinanza tedesca dovranno sottoporsi ad un questionario di trenta domande. Si tratta del Gessinnungsprüfung, test sui principi.
Ecco alcune delle domande, come riportate dal Corriere della Sera e da La Repubblica: “È giusto decidere chi i figli debbano sposare?”, “Cosa pensa degli attentati dell’11 settembre?”, “Vi fareste visitare da un dottore (per le donne) o da una dottoressa (per gli uomini)?”, “Vostra figlia/sorella torna a casa e racconta di essere stata molestata sessualmente. Cosa fate voi come padre/fratello?”.

Nonostante alcune perplessità marginali (perché solo i cittadini mussulmani? che utilità può avere un simile test, dal momento che si basa esclusivamente sulla onestà delle persone?), l’idea di fondo è essenzialmente corretta: essere cittadini significa far parte di una comunità, rispettare le regole e le leggi che reggono questa società, accettarne i principi.
Il vero problema è contenuto nella parola accettare. Cosa significa accettare i principi di una società?

Sicuramente non significa avere le stesse identiche opinioni della maggioranza degli altri cittadini. E per molte delle domande del Gessinnungsprüfung, l’impressione è proprio questa: non si vuole sapere se i futuri cittadini rispetteranno la legge, ma se la pensano come la maggioranza dei cittadini.
Manca il concetto di tolleranza: i redattori del questionario non concepiscono la possibilità che una persona, pur non condividendo una idea, non la ostacoli o non la rispetti.

Si parla spesso di scontro di civiltà. Probabilmente, l’accento non dovrebbe essere posto sul termine scontro, ma sul termine civiltà. Perché ideando simili test non si può no temere che, se vi sarà uno scontro, avverrà tra incivilità.

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