È uscito il numero di novembre di Recensioni Filosofiche.
Invece di segnalare alcune recensioni, ne riporto alcuni passaggi:
Emerge una critica alla struttura carceraria così com’è, perché l’offerta formativa è di minorità, un po’ come il minimo garantito, senza nessuna aspirazione –scrive Ferraro. Se la salute di una democrazia si misura proprio nelle sue zone di confine, e il carcere è una di queste perché è la zona dell’illegalità, allora bisogna indagarla, anziché emarginarla.
Irene Merlini a proposito di Giuseppe Ferraro, L’innocenza della verità. Corso di filosofia in carcere.
Alla base della tesi suggerita da Innerarity vi è l’idea secondo la quale è necessario operare un radicale ripensamento della nozione di “spazio pubblico” alla luce di nuovi criteri interpretativi in grado di ridefinire l’estensione dei confini tra ciò che pertiene la dimensione privata e ciò che si inserisce entro l’orizzonte propriamente collettivo.[…]
La tesi di Innerarity prende le mosse da tale considerazione e può essere riassunta in questi termini: così come l’avvento di una nuova classe sociale unitamente alle nuove istanze sollevate dallo spirito illuministico e al ruolo sempre più incisivo rivestito dalla stampa quale strumento di costruzione di un’opinione pubblica, avevano determinato l’esigenza di ridefinire la nozione stessa di “pubblicità”; allo stesso modo i profondi cambiamenti intervenuti nella società contemporanea rendono necessaria una revisione della nozione di partecipazione e decisione collettiva.
Vincenzo Maimone a proposito di Daniel Innerarity, Il nuovo spazio pubblico.
Chissà poi, a conclusione, se un testo così sarà veramente letto dai ragazzi o soltanto proposto loro da genitori e insegnanti, e chissà se li entusiasmerà o finirà per deprimerli intorno all’opportunità di riflettere su questi argomenti, come i famosi commenti ai libri o i temi sulle gite scolastiche che rovinano tutto il piacere e la trasgressione della gita e del libro.
Francesca Rigotti a proposito di Charles Pépin, Sette giorni di filosofia.
Nei primi capitoli dell’opera, il filosofo si occupa dello statuto metafisico degli animali. Non tutti gli animali sono dotati delle stesse facoltà. Occorre indicare, allora, alcuni livelli di “dotazione” mentale che possono darsi o meno nelle differenti specie. Il livello sensorio è presente in tutti gli animali, mentre quello percettivo, che comporta già una valutazione soggettiva, non è prerogativa di tutti. Ogni animale detiene appetiti e bisogni, ma soltanto gli animali superiori hanno delle credenze e sono capaci di apprendere proprio tramite l’acquisizione o la perdita di queste ultime, riconoscendo gli oggetti e le situazioni, nonché nutrendo certe aspettative nei loro confronti. Le specie più evolute sono contraddistinte dall’intenzionalità, poiché non reagiscono semplicemente agli stimoli, ma alle idee degli stimoli. Esse, dunque, riescono a suscitare la nostra simpatia. La simpatia umana verso gli animali, in ogni caso, non deve confondersi assolutamente con un’emozione sentimentalistica giacché, mentre il vero amore è interessato all’oggetto, l’amore sentimentalistico “non va oltre il Sé e dà priorità ai suoi stessi piaceri e dolori, oppure inventa per se stesso un’immagine gratificante dei piaceri e dei dolori del suo oggetto” (p. 100).
Michele Paolini Paoletti a proposito di Roger Scruton, Gli animali hanno diritti?.