Pericolo di vita

Mi sono imbattuto in questo articolo di Antonio Socci sul cosiddetto testamento biologico.

Socci avanza una richiesta tutto sommato ragionevole: fare in modo che un soccorritore possa rianimare una persona senza dover consultare le sue dichiarazioni anticipate di trattamento. In effetti, l’immagine di un buon samaritano che, prima di soccorrere una persona incosciente, chiama il comune di residenza del morente per sapere se questi ha lasciato qualche disposizione è degna di un film di Buñuel.
Potrei dire che se Socci pensa che ciò possa davvero accadere, allora ha qualche difficoltà a distinguere il realismo dal surrealismo, ma non è questo il punto.

Socci, per evitare il realizzarsi dello scenario sopra tratteggiato, caldeggia il seguente comma: «In condizioni di urgenza o quando il soggetto versa in pericolo di vita immediato, la dichiarazione anticipata di trattamento non si applica».
Certo, questo comma equivale al comma “la dichiarazione anticipata conta quanto la carta igienica”, perché ci sarà sempre il momento in cui il pericolo è immediato. Ma non è neppure questo il punto.
Il punto è che Socci, riprendendo il comma, usa senza farci troppo caso l’espressione “pericolo di vita” invece di “pericolo di morte”.
Se leggiamo questa curiosità linguistica come un lapsus, ne viene fuori che per Socci il pericolo è, o almeno può essere, rimanere in vita, non morire.

10 commenti su “Pericolo di vita

  1. Socci ragionevole 😎 ? Siamo all’ossimoro.
    Ovviamente la vita è più semplice di quello che prevede il “grande comunicatore”. Il suo problema è relativo a condizioni in cui non si faccia in tempo a trovare le informazioni… beh non mi sembra che sia il grosso dei casi in cui si auspica che il diritto possa essere applicato. Comiciamo a definirlo almeno per tutti i casi i cui non sia possibile sostenere che non sia conoscibile e penso che già un bel passo avanti sia raggiunto.

  2. @il più cattivo: Ma sì, è un procedere abbastanza classico: si propone un caso limite problematico al quale non puoi dire di no, si propone una soluzione apparentemente innocua che scardina tutto.

  3. Sai benissimo anche tu che l’espressione pericolo di vita è abbondantemente usata. Capisco che la tua vis polemica non abbia resistito alla tentazione di usare le parole di un avversario a tuo vantaggio: anche questo è un procedere abbastanza classico ed ha il suo bell’effetto retorico.

    Solo che colpire il povero Socci su questo punto mi sembra quantomeno inelegante.

    (Credo di essere d’accordo con il più Cattivo, ma ho impiegato alcuni minuti a risolvere quella doppia negazione e non ne sono sicurissimo…)

  4. Scusa, di chi rischia la morte si dice che è in “pericolo di vita”. Persino il Codice Civile utilizza continuamente questa espressione. Cosa mi sfugge?

  5. Per semplicità:

    Se esiste la possibilità di chiedere a qualcuno e questo qualcuno dice che esistono delle volontà…. verifichiamole ed applichiamole.

    Sarebbe appunto un bel passo avanti (non definitivo ma, secondo me, un bel passo avanti)

    Un Sorriso

    Pericolo di vita –> vita in pericolo? mah sofismi e nulla più!!! Se pensiamo a

    ” pericolo caduta massi ”

    però …. rende l’idea ! 😎

  6. @galliolus: non mi concedi neppure un po’ di cattiveria? Poi ho scritto “se leggiamo questa curiosità linguistica come un lapsus”, ammettendo che potrebbe essere, appunto, solo una curiosità linguistica.

    @Broncobilly: quando c’è ghiaccio sul marciapiede dici che c’è pericolo di scivolare o di restare in piedi?
    Nel codice civile ho trovato un solo articolo con l’edpressione pericolo di vita. Molte occorrenze, invece, di vita in pericolo.

  7. @broncobilly: Non ne sono sicuro: secondo me è una espressione errata ma molto diffusa (probabilmente una corruzione di “pericolo per la vita”) che diventerà prima o poi espressione idiomatica.

  8. Togliamo la querelle linguistica avvitata su sé stessa: se una locuzione è diffusa, specie in un registro elevato, non può essere sbagliata.

    Al netto della polemica, l’osservazione di Socci vale in un numero limitato di casi, che non affossano il progetto generale ma che hanno comunque una loro rilevanza.

    Penso che un buon discrimine sia la diminuzione della dignità e della libertà personale.
    Essere ospedalizzati ed esser rianimati su un marciapiede sono condizioni personali incomparabili.

    E’ un criterio flessibile ma efficace, già utilizzato per distinguere limitazioni della libertà diverse. Per una ispezione corporale serve l’autorizzazione del giudice perché è degradante, per un palloncino anti-alcol no perché al massimo è seccante.

  9. @eno:

    se una locuzione è diffusa, specie in un registro elevato, non può essere sbagliata

    Potrei essere d’accordo sul principio, ma… i giornali (e Socci) registro elevato?

    Penso che un buon discrimine sia la diminuzione della dignità e della libertà personale

    Potrebbe essere una idea. Ma non vedo bene come inserire un tale criterio nella legge (nella sua applicazione sì)

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