Perché incontrarci?

I filosofi hanno questa malsana predilezione per lo stolto che osserva il dito mentre il saggio gli indica la luna: di fronte a una domanda, invece di pensare alle possibili risposte, il filosofo vuole ulteriori dettagli, cerca di scoprire perché porre proprio quella domanda e non un’altra, confronta varie domande eccetera.

Così, di fronte all’interrogativo che in questi ultimi giorni ha coinvolto varie persone durante una delle conferenze di BergamoScienza e, più in grande, a Norcia, durante l’incontro della Fondazione Magna Carta, non posso fare a meno di chiedermi: perché Scienza e Fede? Perché interrogarsi sul rapporto tra Scienza e Religione?
Andrea Frova, all’inizio della conferenza Scienza e Musica, si è sentito in dovere di spiegare il rapporto tra scienza e musica: cosa possono dire la fisica e la psicoacustica delle musiche di Arnold Schoenberg e Igor Stravinsky?
Similmente ha fatto Davide Cassi durante l’incontro dedicato alla Fisica in cucina: perché un fisico può aiutare un cuoco a preparare un gelato più buono?
Nessuno dei relatori della conferenza Scienza e Fede ha invece avvertito il bisogno di spiegare perché mai fede e scienza dovrebbero incontrarsi.

Similmente fa Giorgio Israel durantela sua relazione a Norcia, intitolata Il rapporto tra scienza e religione di fronte alle sfide della postmodernità:

Il tema del rapporto tra scienza e religione è sempre più materia di uno scontro non soltanto culturale ma addirittura politico che si manifesta in termini particolarmente accesi.

Uno scontro che potrebbe tranquillamente diventare incontro, e questo può rasserenarci o preoccuparci, ma ancora una volta: perché la scienza e la religione devono entrare in contatto?  Non potrebbero tranquillamente ignorarsi come, chessò, l’astrofisica e l’urbanistica?

13 commenti su “Perché incontrarci?

  1. Ho cercato di chiarire le cause intrinseche dell’inimicizia naturale tra scienza e religione. […] Da una parte gli scienziati, dall’altra i metafisici […] si rendevano pur conto che i loro sforzi verso la conoscenza si riferivano dopotutto al medesimo oggetto – l’uomo e il suo mondo. La necessità di un accordo fra opinioni fortemente divergenti era ancora sentita. Non fu raggiunto. La tregua relativa che osserviamo oggi, almeno tra le persone colte, non fu ottenuta perché i due punti di vista, quello strettamente scientifico e quello metafisico, fossero posti in armonia, ma nasce piuttosto dalla risoluzione d’ignorarsi, ossia da poco meno di un reciproco disprezzo. […] È deplorevole vedere l’umanità affaticarsi verso la stessa méta lungo due diversi sentieri tortuosi e difficili, munita di paraocchi e di mura di divisione, e facendo scarsi tentativi di riunire le forze al fine di giungere, se non alla piena comprensione della natura e della situazione umana, almeno al riconoscimento confortante dell’intrinseca unità della ricerca. Ciò è deplorevole, ripeto, ed è comunque un triste spettacolo vedere come il campo dei risultati conseguibili è ben più limitato di quello possibile se tutte le facoltà di pensiero di cui disponiamo fossero concentrate senza falsi scopi. Tuttavia il danno sarebbe forse sopportabile se la metafora di cui ho fatto uso fosse perfettamente appropriata, vale a dire se perfettamente due moltitudini diverse seguissero i due sentieri. Ma questo non è il caso. Molti di noi non hanno deciso quale sentiero seguire. Molti ritengono con dispiacere, anzi con disperazione, di doversi precludere alternativamente l’una o l’altra delle due concezioni. In generale non si verifica il caso che con il conseguimento d’una buona educazione scientifica si senta soddisfatta la tendenza innata alla stabilità interiore, religiosa o filosofica, di fronte alle vicissitudini della vita quotidiana, e ciò sino al punto di sentirsi felici senza porsi altre domande. Spesso succede che la scienza è sufficiente per mettere in pericolo le convinzioni religiose comuni, ma non per sostituirle con qualcos’altro. Da ciò deriva il grottesco fenomeno di menti allenate scientificamente, di gran competenza, che hanno vedute filosofiche incredibilmente infantili, non sviluppate o atrofizzate. […] Lasciando da parte la metafora, penso che la filosofia degli antichi Greci ci attira in questo momento perché mai né prima né dopo, in nessun luogo del mondo, si edificò qualcosa di simile al loro sistema conoscitivo e speculativo, raffinato e articolato, senza la malaugurata divisione che ci ha paralizzato per secoli e ai giorni nostri è divenuta insopportabile. Vi erano, senza dubbio, opinioni fortemente divergenti, schierate una contro l’altra con non minor fervore e talora anche con mezzi non più onorevoli (come plagi e distruzioni di scritti) di quanto accadde altrove e in altri periodi. Ma non c’era limite agli argomenti su cui un pensatore era autorizzato dai suoi confratelli a esprimere la sua opinione. Si era ancora d’accordo ad ammettere che il vero argomento era essenzialmente uno, e che i risultati importanti ottenuti per una parte di esso potessero, e di regola dovessero, influire su pressoché tutte le altre parti. L’idea d’una suddivisione in comparti stagni non era ancora sorta. Al contrario, si poteva facilmente incorrere in rimproveri per aver chiuso gli occhi di fronte alla reciproca connessione – come accadde agli antichi atomisti, per non essersi pronunciati sulle conseguenze etiche della necessità universale da essi asserita, e sull’origine del movimento degli atomi e dei corpi celesti. Per dirla in forma drammatica: possiamo immaginare la possibilità che uno studente della nuova Scuola di Atene intraprenda un viaggio durante le vacanza ad Abdèra (con le dovute precauzioni per mantenere il segreto nei confronti del suo Maestro), si faccia ricevere dal vecchio Democrito, l’uomo sapiente che ha molto viaggiato e la cui fama è immensa, e lo interroghi sugli atomi, sulla forma della terra, sulla condotta morale, Dio e l’immortalità dell’anima – senza che gli sia rifiutata una risposta su nessuno di questi argomenti. È immaginabile ai giorni nostri una conversazione così varia tra uno studente e il suo maestro? Pure con tutta probabilità parecchi giovani hanno in mente una simile – diciamo pure bizzarra – collezione di domande, e desidererebbero discuterla tutta con la sola persona in cui hanno fiducia.
    Erwin Schrödinger, da “L’immagine del mondo”, capitolo 8: ‘La natura e i Greci’

  2. Francamente, questo sarebbe il genere di convegno che vedrei solo se accompagnato da “Don Franco e don Ciccio nell’anno della contestazione”.
    Ma mi addormenterei cmnq.

    Però che dire, Ivo?
    Perfettamente d’accordo, se ti riferisci agli ambiti “religione” e “ricerca sulla realtà”.
    Si può forse parlare di sovrapposizioni occasionali ed erronee, di immagini cosmiche concorrenti( non si può studiare il sole se lo si crede un dio ), di eventuale funzione euristica di questo o quell’altro ambito rispetto alla ricerca sulla natura…
    Ma di relazioni direi proprio che non ve n’è traccia, se non per un occhio ideologizzato.
    Chiusa qui.

    Mi pare invece che Israel parli di religione e scienza come pratiche e attività, non come dottrine: le relazioni o contrasti vanno cercato su questo piano.
    E soprattutto come, ricorda Hronin, religione e scienza si rivolgono agli stessi oggetti del mondo, anche se in modo diverso.
    ( Non obiettare: “Ma Dio non è oggetto di scienza!”. Dio non è un oggetto punto e basta, neanche oggetto di fede. )

    Potresti chiedermi: “E dunque?”
    E dunque non so.
    La questione continua ad annoiarmi e a sembrarmi futile ora come prima.

    ciao! 🙂

  3. hronir: Schrödinger è sempre una piacevolissima lettura. Tuttavia, in questo passo Schrödinger sembra sovrapporre religione e filosofia, e alla fine il tema diventa Scienza e Filosofia o Scienze della natura e Scienze dell’uomo…
    Un approccio che ha i suoi pro, ma che mi lascia dubbioso.

    eno: ma come, un questione sulla quale si organizzano convegni su convegni, a te sembra futile e noiosa? Vergogna!!! 😉
    Più seriamente, il mio problema è che non ho ancora capito cosa siano la religione e la fede…

  4. Un po’ hai ragione, potevo incollare solo la prima metà della citazione, lasciando perdere il discorso sulla filosofia dei greci – ma non ho resistito… 🙂
    Però il ruolo della filosofia che emerge dal pensiero di Schroedinger è proprio quello di una sorta di unificatore fra scienza e religione, come a dire che non è possibile separare le cose.

    Insomma, i miei due centesimi (con cospicuo prestito in citazione, in realtà…) volevano essere questo: scienza e religione sono necessariamente in conflitto, non per invasioni di campo occasionali o recenti per ignoranza o malafede.

  5. Mi pare che un approccio metafisico di impostazione popperiana potrebbe tranquillamente sostituirsi alla religione, essendo parimenti non scientifico e dunque non falsificabile. Se le religioni si limitassero a questo, sarebbero accettabili. Quando tuttavia quest’ultime si traducono nella prassi, prevale il loro contenuto dogmatico, con tutte le conseguenze di ordine sociale (queste sì, inaccettabili) che ciò comporta.
    Ciao 🙂

  6. hronir: Posso anche accettare che scienza e religione trattino gli stessi oggetti. Lo fanno alla stessa maniera? Trattare lo stesso campo singifica automaticamente entrare in conflitto?

    lectorinfabula: Non mi convince molto la religione ridotta a una metafisica à la Popper ma, come da commenti precedenti, sono in crisi religiosa (cosa è la religione?)

  7. Per Ivo Silvestro:
    Vedo alcune analogie e compatibilità tra l’impianto basilare delle religioni e il “programma di ricerca metafisico” intenso nel senso di Popper. Tuttavia, nella pratica, ci scontriamo con religioni istituzionalizzate che hanno trasformato ed elevato delle mere ipotesi in altrettanti dogmi. Posso legittimamente predicare che il “Silmarillion” di Tolkien fu dettato allo stesso da un cespuglio in fiamme e costituisce una teogonia esplicativa delle origini della Terra; o che Gesù è un extra terrestre proveniente da Andromeda; ma non posso certo metterti sul rogo se tu non ci credi. All’origine delle religioni mi pare ci siano gli stessi problemi che pervadono la scienza. Limitarsi ad enunciarli e offrire delle soluzioni – per quanto assurde o ridicole – è lecito. Opprimere il prossimo in nome di congetture, no.
    Ciao 🙂

  8. Ivo, trattare con modi diversi uno stesso campo può non portare a contraddizioni se i risultati sono complementari e non si contraddicono a vicenda.
    La contraddizione fra Scienza e Fede nasce dalla semplice circostanza che entrambe vogliono dirci (la Fede, tra le altre cose che vuol dirci) com’è fatto il mondo. Puoi usare tutti i metodi che vuoi (e pace sul fatto che i metodi scientifici non sono gli stessi dei metodi della fede), ma se il risultato è diverso e contraddittorio, non si scappa. La contraddizione sta nelle affermazioni, chissenefrega del metodo (o meglio: se si deve decidere a quel punto quale posizione adottare, posso essere portato a scegliere in base al metodo…).
    Sbaglio?

  9. lector in fabula e hronir: il (mio) problema è appunto questo: la religione deve davvero fare quello che fa?
    La conoscenza del mondo che propone è davvero in relazione (non dico in conflitto, che è qualcosa di più) con la scienza?

    È ovvio che questi contatti (e questi conflitti) ci siano, mi chiedo se siano essenziali.

  10. Per Ivo Silvestro.

    A mio modestissimo parere ogni religione è oggi assolutamente inutile, se non addirittura nociva. Questo non vale per il passato, per quella che fu la primitiva funzione della religione quale proto-sistema normativo codificato per la civile convivenza. Di fronte alla scienza moderna, in ogni caso, tam quam non esset. Tuttavia ognuno è libero di crearsi i propri fantasmi, purché non pretenda che io ci creda. Ma la mia è senza dubbio una weltaschaung fondata sul pregiudizio.
    Ciao 🙂

  11. Post scriptum:

    Forse le religioni potrebbero continuare ad avere una loro funzione se si adattassero a un ruolo di brainstorming rispetto a ipotesi che la scienza non ha neppure il coraggio di sussurrare per non cadere nel ridicolo. Caso non voglia che, con molta fortuna, ne possa scaturire un qualche concetto di portata innovativa.

  12. Cos’altro può fare la religione? Anche l’etica che predica deriva dalla sua stessa concezione del mondo, per cui non potrebbe limitarsi a indicare una condotta morale senza difendere l’ontologia da cui deriverebbe. Per definizione (?) di religione…
    Non è una domanda retorica: cos’hai in mente quando ti chiedi se la religione potrebbe fare qualcosa di diverso da quello che fa?

  13. Non è una domanda retorica: cos’hai in mente quando ti chiedi se la religione potrebbe fare qualcosa di diverso da quello che fa?

    Non lo so, e non è una risposta retorica!

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