Per la pace perpetua

Intorno alla fine del diciottesimo secolo, un oste olandese, particolarmente dotato di spirito, fece dipingere un cimitero sull’insegna della propria locanda e vi aggiunse la scritta “La pace perpetua”.
L’eco di questo esercizio di satira politica arrivò, non si sa bene come, fino a Königsberg e Kant ne scrisse un breve saggio intitolato, appunto Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden).

Le idee di Kant sulla pace perpetua sono abbastanza note e ampiamente commentate: affinché possa davvero esistere la pace perpetua, tutti gli stati devono essere repubblicani e devono unirsi in una lega e federazione di nazioni.
Meno note sono le idee che, sullo stesso argomento, aveva il calabrese Luigi Carnovale, autore di un testo intitolato Il nuovo vangelo, pubblicato negli anni ’20 del secolo scorso.

Il nuovo vangelo di Carnovale

Pablo Picasso, Colomba della paceIl progetto di Carnovale per la pace perenne è più semplice di quello kantiano sotto numerosi aspetti, il primo dei quali è sicuramente il numero di nazioni che è necessario coinvolgere: è sufficiente la partecipazione degli Stati Uniti d’America, l’adesione di tutte le altre nazioni è raccomandabile ma non necessaria.
Come è scritto a pagina 16, è possibile impedire tutte le guerre

senza bisogno d’una Lega di Nazioni e d’una Corte Permanente di Giustizia Internazionale;

senza bisogno di trattati d’alleanza o d’obblighi di sorta da parte d’essi Stati Uniti d’America con le nazioni d’Europa e con le nazioni delle altre parti del mondo;

senza bisogno d’un disarmo parziale o totale delle nazioni;

senza bisogno d’eliminare le cause delle guerre;

senza bisogno d’insistere sulla Dottrina di Monroe.

La faccenda si fa interessante: cosa devono fare gli Stati Uniti per determinare “l’avvento pratico della pace universale perpetua”?

Abolizione della neutralità

La risposta di Carnovale è: l’abolizione della neutralità.
Ma cosa si intende con “abolizione della neutralità”? Ci viene spiegato alle pagine 18 e 19:

È l’opposto dell’indifferentismo ignorante bestiale – in una controversia tra due nazioni – dei popoli non involti nella controversia.

È l’opposto dell’astensionismo egoista delittuoso – quando la controversia degenera in guerra – dei popoli non coinvolti nella guerra.

È l’interessamento fraterno vivo ansioso – in una controversia tra due nazioni – dei popoli non involti nella controversia.

È l’intervento pronto generoso eroico – quando la controversia degenera in guerra – dei popoli non coinvolti nella guerra.

È lo spirito purissimo della solidarietà umana, com’esso è naturalmente sentito e praticato dagl’Italiani.

In pratica, Carnovale propone di trasformare ogni scaramuccia in una guerra mondiale. E dire che il discorso era iniziato con un netto rifiuto della guerra: «le guerre sono il peggiore dei mali, il più infernale elemento d’odio e di morte tra gli uomini».

Offesa e difesa

Carnovale distingue tra guerre offensive, «volute e provocate da uomini cattivi e prepotenti», e guerre difensive, giuste e lecite. L’abbandono della neutralità riguarda soltanto queste ultime: gli Stati Uniti dovranno quindi intervenire esclusivamente in difesa di una nazione ingiustamente attaccata.
Più nel dettaglio, ecco la formulazione precisa del principio di abolizione della neutralità, che Carnovale espone a pagina 20 e che si augura venga ben presto inserito nella costituzione degli Stati Uniti e di tutti i paesi:

Quando tra due nazioni di qualunque parte del mondo sorge una controversia (a parole), gli Stati Uniti d’America e tutte l’altre nazioni non involte nella sorta controversia, invece di starsene indifferenti, ossia neutrali, debbono immediatamente e ufficialmente simpatizzare per la nazione debole che nella sorta controversia si trova dalla parte della ragione, e, nel contempo, stigmatizzare la nazione forte che, nella sorta controversia, si trova dalla parte del torto.
Se, dalle parole, le due nazioni in controversia passano ai fatti, ossia alla guerra, allora gli Stati Uniti d’America e tutte l’altre nazioni neutrali debbono senz’altro intervenire con tali forze armate di terra di mare d’aria, e con tali forze finanziarie, commerciali e simili, da poter fulmineamente e definitivamente battere sconfiggere schiacciare militarmente ed economicamente la nazione forte che ha torto e ha provocato la guerra.

L’idea di Carnovale non è niente male: di fronte alla prospettiva di ritrovarsi a combattere contro gli Stati Uniti d’America, quale nazione oserà mai attaccarne un’altra?

Forti e deboli

Pablo Picasso, Guernica (particolare)Carnovale ipotizza che vi siano una nazione forte e una debole, che la prima attacchi la seconda e, soprattutto, che la prima si trovi dalla parte del torto e la seconda da quella della ragione. Vi è una identificazione, da una parte, tra ragione, debolezza e difesa e, dall’altra parte, tra torto, forza e attacco. È facile riconoscere che «l’agnello non può provocare, non può aggredire il lupo», più difficile accettare che il lupo abbia sempre torto e l’agnello sempre ragione: nonostante la dubbia fama del lupo, si deve ammettere l’eventualità che sia lui a trovarsi dalla parte della ragione, e non l’agnello. Inoltre, vi possono essere conflitti tra nazioni di eguale potenza.
Tra i tre criteri, l’avere ragione, l’essere debole e il venire attaccato, a prevalere deve essere,per Carnovale, quello di essere nel giusto, come si può leggere a pagina 21:

Insomma, gli Stati Uniti d’America e tutte l’altre nazioni neutrali debbono sempre intervenire in una guerra a difesa della nazione che ha ragione, sia questa nazione la più debole o la più forte.

Come stabilire tuttavia chi ha ragione e chi ha torto?

Torti e ragioni

Carnovale, mostrando una attenta attitudine filosofica, prima di chiedersi come giudicare quale nazione abbia ragione e quale torto, si domanda come sia possibile, il generale, stabilire cosa sia la ragione e cosa sia il torto? Siamo sicuri che queste due espressioni abbiano un significato?

Tutti gli uomini, purtroppo, conoscono bene i conflitti individuali e collettivi, e si sono così formati una chiara conoscenza delle cause delle guerre.
È proprio da questa conoscenza che nascono le idee di ragione e torto (pag. 22):

Fu appunto in conseguenza di tale conoscenza, frutto tristissimo delle dette lotte fratricide millenarie, ch’essi – gli uomini d’ogni parte del mondo – riuscirono a formarsi un’idea chiara e precisa dell’essenza morale contenuta nelle due opposte parole ragione e torto.

L’idea di Carnovale è molto interessante e, per certi versi, anticipa alcuni temi della filosofia del linguaggio del novecento: il significato dei concetti di torto e di ragione è chiaro e preciso, dotato dalle umane esperienze di «una concretezza positiva ben definita».

È sempre questa concretezza positiva dei concetti di torto e di ragione a garantire un facile e rapido giudizio su chi abbia ragione e chi abbia torto (pag. 23). Ma su questo tema è utile una non marginale precisazione.

Potere al popolo

Per Carnovale non devono essere i governi a giudicare torti e ragioni, bensì il popolo o, meglio, i popoli (pag. 24).

Perché i popoli sono imparziali, e i governi non lo sono.

Il popolo d’una nazione (per popolo intendo non solo la parte infime della popolazione, la «bestia varia e grossa che ignora la sua forza», descritta dal Campanella, ma intendo anche, e specialmente, la parte intelligente intellettuale cosciente della popolazione), preso in massa, non appartiene a nessun gruppo privilegiato nazionale. Esso è libero e, come tale, non ha interessi partigiani da sostenere: non ha che un solo interesse d’indole generale da sostenere: il proprio benessere e la propria felicità, e il benessere e la felicità degli altri popoli.

[…] Il popolo d’una nazione, perciò, giudica sempre con perfetta equità.

Carnovale non nutre alcun dubbio in proposito: i popoli non possono errare. Vox populi, vox dei: credere che il popolo possa sbagliare significa pensare che Dio possa errare: una bestemmia (pag. 25).
Pragmaticamente, Carnovale osserva che, anche in caso di errore, si raggiungerebbe ugualmente lo scopo supremo: il raggiungimento della pace perenne.

Il popolo ha inoltre la responsabilità di spingere i governi a sostenere, militarmente ed economicamente, la nazione debole e dalla parte della ragione. Per quanto solidi possano essere i motivi che spingono alla neutralità un governo, il popolo avrà sempre la possibilità di imporsi (pag. 30).

Alternative inutili

Secondo Carnovale, unicamente l’abolizione della neutralità può impedire le guerre e imporre la pace perenne: non vi sono alternative.

La Lega delle nazioni è semplicemente un trattato tra governi, e nessun trattato di pace o accordo internazionale è mai riuscito a impedire le guerre (pag. 33).
Neppure la riduzione delle armi può avere effetti: le armi non sono la causa della guerra (pagg. 34-35), e lo stesso vale per la predicazione della pace (pagg. 36-38).
Soltanto l’eliminazione delle cause delle guerre potrebbe funzionare e imporre la pace perenne. Purtroppo un simile obiettivo è irraggiungibile (pagg. 38-39).

Tempi moderni

Proviamo ad applicare il progetto di Carnovale alla attuale situazione internazionale.
Gli Stati Uniti d’America dovrebbe dichiarare guerra, per aver ingiustamente attaccato una nazione più debole e quindi dalla parte della ragione, a… gli Stati Uniti d’America medesimi, per aver i conflitti in Iraq ed in Afghanistan.

Qualcosa non quadra. Riproviamo.
Gli Stati Uniti d’America dovrebbe dichiarare guerra, per aver ingiustamente attaccato una nazione più debole e quindi dalla parte della ragione, a Israele per aver invaso il Libano. Però è stato il Libano, o meglio gli Hezbollah libanesi, a provocare Israele. Chi ha iniziato? Carnovale, per banali questioni cronologiche, non ha affrontato il problema del terrorismo.
Riproviamo ancora una volta.
Gli Stati Uniti d’America dovrebbe dichiarare guerra, per aver ingiustamente attaccato una nazione più debole e quindi dalla parte della ragione, all’Iran per le minacce a Israele, paese più debole… ma Israele è davvero più debole dell’Iran? Dopotutto, il primo paese ha la bomba atomica, il secondo no.

Non è semplice giudicare chi ha ragione e chi ha torto. Ci si può affidare al giudizio del popolo, che su tutte le vicende sopraelencate si divide tra favorevoli e contrari in quasi egual misura.

Com’era, la storia di Kant sugli stati repubblicani?

9 commenti su “Per la pace perpetua

  1. Un gioco di bilancie, bilanciamenti e deterrenti…
    Sembrano un po’ gli ingegnosi marchingegni di Tom per catturare Jerry. Alla fine però è sempre il primo a trovarsi la coda schiacciata in una trappola per orsi.
    Non so se rendo l’idea.
    Visto che soffro d’insonnia, un curiosità: l’idea per il post ti è venuta qualche giorno fa vedendo di notte il Dottor Stranamore?
    ciao, Eno!

  2. L’idea del post mi è venuta un paio di mesi fa, quando in una bancarella a Sarzana ho trovato il libro di Carnovale… avendo trovato su eBay un altro testo del nostro, prevedo un nuovo articolo, nelle prossime settimane.

    L’idea di Carnovale è, tutto sommato, semplice, molto più semplice dei marchingegni di Tom e Jerry. Purtroppo troppo semplice in epoca di terrorismo e blocchi di nazioni contrapposti.

  3. L’idea di Carnovale mi ricorda molto quello che gli stati uniti dicevano di fare nella Prima Guerra del Golfo e in Bosnia.

  4. L’idea di Carnovale mi ricorda molto quello che gli stati uniti dicevano di fare nella Prima Guerra del Golfo e in Bosnia.

    E non mi sembra che siano riusciti a impedire tutte le guerre, nonostante le idee di Carnovale…

  5. “E non mi sembra che siano riusciti a impedire tutte le guerre, nonostante le idee di Carnovale…”

    Concordo pienamente,questo sistema non può funzionare.
    La mia era una riflessione sul fatto che non sia solo il semisconosciuto Carnovale a fare queste riflessioni (purtroppo).

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