Paternalismo libertario

Leggendo Le Scienze di agosto scopro l’esistenza del paternalismo libertario.
Arrivo in ritardo: il libro Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness di Richard H. Thaler  e  Cass R. Sunstein è uscito nel 2008, mentre la traduzione italiana è nelle librerie da maggio; ne hanno inoltre parlato Roberto Casati e Simona Morini.

L’idea è semplice: dal momento che l’uomo non è un essere razionale e spesso prende decisioni irrazionali e illogiche, è necessario aiutarlo. Secondo il paternalismo classico, questo aiuto consiste nel prendere le decisioni al suo posto; secondo il paternalismo libertario, basta aiutarlo a scegliere bene, fornendo tutte le informazioni necessarie nella forma più chiara possibile e ricorrendo ad alcune spinte (in inglese Nudge) per indirizzare le persone verso la scelta corretta.
Si lascia la libertà di scelta ma si aiutano le persone a scegliere bene: ecco sciolto l'(apparente?) ossimoro.

Ma la contrapposizione tra due atteggiamenti diversi rimane.
Se l’aiuto si limita a informare al meglio, smascherando eventuali “abbagli” cognitivi, mi sembra pomposo scomodare il paternalismo: basterebbe riflettere sul concetto di libertà. Viceversa, se l’aiuto consiste nel decidere qual è la scelta migliore e nell’imporla con gentilezza (e in maniera nascosta), non capisco dove stia l’atteggiamento liberale.

Un esempio.
La forma del bicchiere influenza la nostra percezione di quantità di liquido versato:

Pare che le persone versino dal 20% al 30% di alcol in più nei bicchieri corti e larghi rispetto a quanto faccia in quelli stretti e lunghi dello stesso volume.
(via Psicocafé)

Come comportarsi?
Tralasciando il paternalismo classico (ma qui sarebbe più corretto parlare di autoritarismo) che imporrebbe a tutti di non bere, o si obbligano tutti i bar a utilizzare a bicchieri stretti e lunghi senza dire niente a nessuno, oppure si interviene con bicchieri graduati e cartelli informativi su questa distorsione cognitiva.
Mi sembrano due interventi radicalmente diversi, e fatico a capire come si possa tenerli insieme sotto la comune etichetta di “paternalismo libertario”.

Non è inoltre chiaro per quale motivo i governanti, che sono uomini irrazionali come tutti gli altri, dovrebbero compiere solo scelte razionali e ottimali.
L’idea che mi sono fatto, in poche parole, è che il paternalismo libertario metta in evidenza un problema reale (l’irrazionalità dell’uomo) ma non si avvicini neppure a una soluzione davvero efficace.

Aggiornamento 21 settembre 2022

La teoria delle spinte gentili è diventata molto popolare in questi anni, trovando molte applicazioni. Tuttavia potrebbe essere scientificamente meno solida di quel che si crede.

12 commenti su “Paternalismo libertario

  1. ma questa presunta irrazionalità dell’uomo, insomma… mi sembra che viene sottolineata sin troppo spesso.
    Su cos’è basata tale assunzione (così forte e con tante implicazioni)?
    E’ la razionalità un criterio così ben delineato che ci consente di affermare “questo atteggiamento è razionale, questo no”?
    Cosa vuol dire “essere razionali”? Quest’affermazione non si traduce sin troppo spesso con “l’essere razionali secondo la definizione di razionalità di x” trasformandosi in un criterio decisamente soggettivo e limitativo? Un atteggiamento irrazionale x non potrebbe trasformarsi in uno razionale sotto un’altra prospettiva?

    Sono consapevole che il post non è esplicitamente sulla razionalità, ma si basa su assunzioni che non sono dimostrare (l’irraz. dell’uomo può essere dimostrata da un altro uomo?)

    Il paternalismo libertario mette in evidenza, credo, un problema diverso da quello dell’irrazionalità dell’uomo: mette in evidenza il problema della mancanza di informazione: a mio avviso un uomo con una informazione completa non può che fare scelte giuste e ottime che portano ad un miglioramento della sua condizione. In un certo senso, quindi, un uomo con una informazione perfetta non può che fare scelte -razionali- (anche se ovviamente è necessario specificare cosa si intende con scelte razionali…)

    Ho provato ad affrontare in maniera barbara il probl. dell’informazione qui: http://abolirelarealta.blogspot.com/2009/08/una-breve-considerazione-su-ipod-apple.html
    ma credo di aver fatto un gran casino. Cerco di pensare come l’uomo, sebbene abbia una informazione incompleta, abbia altresì una buona probabilità di avere informazioni per lui interessanti. (es. abbiamo informazioni sui prodotti che possono danneggiare la nostra vita)

  2. Alcuni anni or sono (era il ’95 o il ’96, credo), andava di moda il “neo-colonialismo illuminato”. Mi pare che siano stronz … concetti che si muovono sulla stessa lunghezza d’onda.

  3. vaaal,

    io direi che agire razionalmente significa fare la scelta migliore che permette di ottimizzare qualcosa. Quel qualcosa è arbitrario, e a diversi scopi corrispondono diverse strategie, che potrebbero apparire anche piuttosto “irrazionali”(prendete per esempio il famoso giochino di Nash sulla spartizione delle donne ad una festa, in cui la strategia apparentemente più irrazionale in verità ottimizza la probabilità di rimorchiare).

    Una delle assunzioni della teoria dei giochi è il comportamento razionale dell’uomo. In natura invece si verificano situazioni critiche in cui gli organismi compiono scelte irrazionali, non ottimali, aprendo un ventaglio di comportamenti che nella maggior parte dei casi risultano fallimentari ma che garantiscono la sopravvivenza della specie. E rendono la nostra vita più interessante. Una sorta di “fantasia” della natura.

    Per questo non vedo come la razionalità dell’uomo sia desiderabile. Se non ci fosse la componente irrazionale, ma solo la ragione e la biologia, come dice de André, saremmo delle specie di cinghiali laureati in matematica pura.

  4. @vaaal: Complimenti: hai centrato il vero nocciolo del problema, quello che io non ho affrontato.
    Se ne lamentava anche Matteo Motterlini, che si occupa di neuroeconomia: non c’è una definizione condivisa e univoca di razionalità.
    Per alcuni è la decisione che massimizza il risultato del soggetto; per altri è la decisione che massimizza il risultato complessivo, mio e degli altri autori (non sempre le due cose coincidono); per alcuni è la decisione a lungo termine, per altri a breve termine e così via.
    Il problema dell’informazione riguarda non tanto l’accessibilità di fatto, ma la forma dell’informazione. Sull’articolo di Le Scienze si cita il fatto che una ricompensa più alta sembra migliore anche se il potere di acquisto è uguale o addirittura minore. 10 dollari sono meno allettanti di 15 anche se con i 10 dollari posso acquistare più cose che con i 15. Le informazioni ci sono tutte, ma non hanno la stessa visibilità. Introducendo i prezzi in unità basate sul potere di acquisto (esempio: 1 credito = costo di un chilo di pane, mezzo chilo di carne e un chilo di frutta e verdure) la quantità totale di informazione non cambia, ma effettuare i confronti è più agevole.

    @lector: Non dimentichiamo il fascismo compassionevole di Doonesbury!

    @tomate: aggiungiamo che la razionalità ha un costo, soprattutto di tempo.
    Se la scelta ottimale mi può fruttare 10, ma per effettuarla devo investire 20, è razionale essere irrazionali.
    (tra parentesi: più le conoscenze aumentano, più essere razionali costa, perché più tempo dovrei passare a documentarmi).

  5. Mi vengono in mente i famosi “rinforzi” di Skinner…
    In verità l’uomo come gli animali non gode di nessun libero arbitrio in senso letterale, non si pone mai con indiffereza rispetto ad A o B… Egli è sempre costretto verso una delle due, o a ragione di forze esteriori che lo coartano (paternalismo classico) o a ragione di un determinismo dei motivi, una coercizione interiore, derivante dall’incrocio di educazione, cultura e quant’altro. Il paternalismo libertario, assumendo lo stesso presupposto di quello classico, e cioè il non libero arbitrio,cerca di dirigere l’uomo verso il suo bene in maniera più nobile e meno autoritaria proprio attraverso questi strumenti. Ed in effetti una coercizione interiore è per ognuno meno gravosa di un’esteriore (a patto che di quella interiore non se ne riconosca il condizionamento esteriore). Quindi IVO, il fatto che non distingui il paternalismo classico da quello libertario probabilmente deriva dal fatto che a) non ne condividi il presupposto, ovvero credi in una libertà d’indifferenza dell’uomo e b)coerentemente non contempli la diff. tra mezzi coercitivi autoritari e altri più moralmente accettibili (quali i condizionameenti interiori derivanti dall’educazione dall’informazione e quant’altro). D’altronde questa è una lezione platonica: l’uomo non può che ricercare il proprio bene, se lo riconosce come tale, o se qualcuno lo aiuta a riconscerlo.

  6. Una domanda.

    Al di là di cosa significhi “razionalità”, se io affermo che l’uomo è un essere irrazionale, è evidente che ho un qualche concetto di razionalità. Se non sapessi cosa è “razionale” non potrei qualificare un comportamento come irrazionale (oppure si?). Quindi mi sembra che almeno in un senso l’uomo sia razionale, nella misura in cui sa qualificare una certa scelta come tale.

    Il problema semmai riguarda proprio il comportamento,l’azione.

    Io agisco in modo irrazionale quando so (in un certo senso) che cosa dovrei fare (razionalmente), eppure non lo faccio, e opto per l’altra scelta.

  7. Io agisco in modo irrazionale quando so (in un certo senso) che cosa dovrei fare (razionalmente), eppure non lo faccio, e opto per l’altra scelta.

    tu qui ammetti che sarebbe possibile sapere se una scelta x è razionale o meno. Uhm…

    Il post pone argomenti interessantissimi: libero arbitrio, razionalità, informazione e valore e visibilità dell’informazione…

    ma mi fa male la testa, davvero, è tutto decisamente difficile.

  8. @Zar: Se c’è qualcuno che mi guida, sia pure con gentilezza e trucchi psicologici, come fai a dire che è una coercizione interiore?
    La differenza tra paternalismo classico e paternalismo libertario la vedo; il mio problema è che con l’espressione paternalismo libertario mi sembra si indichino due atteggiamenti molto diversi, uno volto ad aumentare la libertà e l’altro a diminuirla.
    Sul libero arbitrio: in questo contesto mi accontento di definirlo come autonomia del soggetto rispetto a ciò che non è il soggetto. Che poi all’interno del soggetto non ci sia una libera volontà, è un dettaglio (qui) trascurabile.

    @Andrea e Vaaal: Giusto per complicare ulteriormente le cose: razionale o irrazionale è il ragionamento che ha portato alla scelta, che è una cosa diversa dalla correttezza del risultato.
    Esempio: tirando due dadi è più razionale puntare sul 7 o sul 2? La risposta razionale è 7 (ottenibile con 1+6, 2+5, 3+4, 4+3, 5+2 e 6+1), non 2 (ottenibile solo con 1+1). Ovviamente io posso puntare sul 7 e perdere perché è uscito il 2: ho perso, eppure la mia scelta è stata razionale.

  9. Caro Ivo, se qualcuno ti circuisce non è affatto una coercizione interiore, è ovvio. Ma se qualcuno, magari tuo padre o un’istanza equivalente, sin da bambino ti dice cosa conta nella vita, cos’è bene e cos’è male, quali sono i modi più adeguati per ottenere l’uno e quali per evitare l’altro… Tu quando sarai grande agirai assecondando quel genere di coercizione, di origine certo esteriore, ma che hai già perfettamente “interiorizzato”: chiama questo processo semplicemente “educazione”. In virtù di tale meccanismo tu credi realmente di agire liberamente e non costretto da alcuno, quando non percepisci spinte esteriori, ma in verità lo sei comunque e sempre.
    Per questo non esiste di fatto alcuna “autonomia del soggetto rispetto a ciò che non è il soggetto”, l’individuo piuttosto “è una proliferazione di soggetti che appaiono e scompaiono senza lasciare traccia” [Dionigi] (o per citare il mio sì caro Nietzsche: “se la lepre ha sette pelli, l’uomo può trarsene settanta volte sette e non potrà dire: «ecco, questo tu sei realmente, questa non è più corteccia»”), tuo padre, tua madre, il tuo insegnante del liceo, Wittengestein: tutti a modo loro vivono dentro di te, di determinano da una o dall’altra parte, costringendoti interiormente.
    Ora la questione tra pat. Classico e libertario è dirimibile se assumi che né all’uno né all’altro interessa la libertà: semplicemente si distinguono nella qualità dei modi con cui condurti verso (quello che loro reputano essere) il tuo bene.
    Condivo però in pieno la definizione che dai di razionalità rispetto all’esempio dei dadi.

  10. @Zar: Se affronti la questioni a così piccola scala, hai ragione. Ma se invece di considerare il soggetto in tutta la sua storia, ma ti accontenti di un particolare momento, la distinzione tra soggetto e non soggetto appare chiara.
    Le mie scelte di oggi sono sicuramente influenzate da quello che ieri era esterno (contesto familiare, educazione, ecc.), ma appunto oggi sono parte di me, contrariamente a un obbligo di legge, un rapinatore con la pistola o un illuminato monarca che legge testi di psicologia (tra i tre, preferisco il primo).
    Concordo che al paternalismo, classico o libertario che sia, la libertà interessi meno che al libertario puro.

    @Maurizio Colucci: Grazie per la segnalazione. Lettura interessante.

Lascia un commento