Non è mai esistito?

Io di economia ne capisco veramente poco; ho letto un paio di libri squisitamente divulgativi, qualche articolo non tecnico e poco altro. Sono convinto che “libero mercato” indichi una cosa bella, ma da bravo filosofo mi fermo con mille dubbi su quel “libero”, senza mai arrivare al “mercato”.

Tutto ciò fa di me una delle persone meno indicate per disquisire di faccende economiche come il liberismo e l’attuale crisi finanziaria. Non so se il fallimento delle grosse banche americane sia l’inequivocabile dimostrazione dell’inadeguatezza del libero mercato o, al contrario, dei guasti che possono arrecare interventi statali errati. Non lo so, vorrei saperlo ma l’impresa mi sembra improba.
Invidio chi ha certezze.

Una cosa, però, mi ha colpito, e la dico senza per questo voler difendere una delle due scuole di pensiero. Quando leggo che:

Purtroppo il neoliberismo, semplicemente, non è mai esistito.

mi chiedo: e questo cosa significa?
Non dico che non sia vero, dico solo che è la scusa alla quale ricorrevano i comunisti quando venivano posti di fronte ai disastri, umanitari ed economici, dei paesi cosiddetti comunisti. “Il vero comunismo, semplicemente, non è mai esistito”, “Quello in Unione Sovietica (o in Cina, o nella Germania dell’est, eccetera) non è vero comunismo”, e così via.

È sempre difficile confrontare i fatti con le idee.

14 commenti su “Non è mai esistito?

  1. l’articolo infatti, fatti alla mano, afferma una cosa: che i pesanti interventi delle banche centrali drogano i mercati con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi.

    “Sono gli investimenti e i risparmi, fenomeni reali, che devono fissare i tassi di interesse, e non la banca centrale”

    tutto qui. dicendo che il neoliberismo non è mai esistito, libertyfirst va contro la vulgata che vuole tutto in mano ai pericolosi mercati liberi. non è così.

  2. Si tratta solo di chimere. Anche se possiamo teorizzare, date certe premesse, un particolare risultato, che potremmo chiamare d'”equilibrio”, gli attuali strumenti non consentono di determinare con ragionevole approssimazione “quando” tale risultato sarà effettivo. Una moria generalizzata d’imprese o una disoccupazione crescente potranno anche consentire, secondo le teorie, di pervenire alla mete auspicate, ma quanto costerebbero, in termini sociali, dal momento in cui si avvia il processo a quello in cui la meta potrà dirsi raggiunta? Gli economisti sembrano dimenticarsi che il fattore tempo, nelle cose umane, ha la sua notevole importanza. Fin tanto che attendo che gli effetti “benefici” del mercato si compiano, devo pur sempre riempire lo stomaco.

  3. non per aprire dibattiti millenari, ma alla prova dei fatti il mercato è quello strumento che ha permesso il maggior benessere al maggior numero di persone. se quel “benefici” tra virgolette sottindende ironia, beh, c’è poco da ridere 🙂
    abbiamo visto che un’economia pianificata, semplicemente, non funziona, e l’aveva già detto mises nel ’22 in “socialismo”, bastava dargli retta:)
    http://en.wikipedia.org/wiki/Socialism:_An_Economic_and_Sociological_Analysis

  4. se è per quello abbiamo visto che nemmeno il libero mercato ha funzionato (e bastava dar retta a marx a metà ‘800, se ne facciamo una questione di priorità cronologica).

  5. Un breve pensiero sul tema. Gli argomenti a favore del libero mercato sono di solito i due seguenti:

    1) Speculatori tendono a livellare i prezzi. Comprano quando è basso e rivendono quando è alto. In questa maniera fanno si che nei momenti di “carestia” di una risorsa, questa sia comunque accessibile a prezzi accettabili.

    2) Se sbagliano, vanno in fallimento, quindi c’è una sorta di selezione che porta a eliminare gli speculatori non bravi, destinando più risorse a quelli bravi.

    Il problema è che se le banche centrali intervengono a salvare gli speculatori, l’argomento 2) cade completamente. In questo senso, penso, non c’è, ne c’è mai stato il neoliberismo.

  6. “se è per quello abbiamo visto che nemmeno il libero mercato ha funzionato”
    infatti il socialismo reale ha vinto e cuba è un faro del mondo libero
    quelli che dicono che il mercato ha perso non capisco dove vivono.
    vabbeh, non voglio creare un forum di argomenti già discussi.

  7. “Il vero comunismo, semplicemente, non è mai esistito”, “Quello in Unione Sovietica (o in Cina, o nella Germania dell’est, eccetera) non è vero comunismo”, e così via

    In effetti chi dopo gli eventi ripetuti mantiene una sua visione con ipotesi ad hoc è poco credibile. Bisogna allora andare a vedere cosa si diceva “prima” che quegli eventi si verificassero.

    Chi scrive le righe che commenti penso scriva da una prospettiva “austriaca”, una specie di capitalismo radicale. Gli appartenenti a questa scuola sono anni e anni che ci assordano proclamando il collasso prossimo venturo del sistema finanziario così come concepito oggi (ecco per esempio un sito, ed ecco un blog che si esprimono in quei termini). Non mi sembra certo che per loro si possa parlare di ipotesi ad hoc! Naturalmente poi bisogna anche capire di cosa si parla quando si parla di “libero mercato” e di teoria della moneta, rinunciarci non è un buon modo per rendere credibile il proprio giudizio.

  8. @yoshi: mica ho tessuto le lodi dei paesi comunisti. ho solo detto che neanche nei paesi capitalisti tutta la gente vive bene. poi magari è colpa mia, della mia storia personale: semplicemente, sono figlio di operai e non di padroni di fabbriche…

  9. SAlve.

    Siccome ho scritto io l’articolo di partenza meglio chiarire.

    A partire dagli anni ’80 abbiamo avuto delle mixed policies, metà di mercato, metà interventiste, che hanno di molto complicato il quadro.

    Indubbiamente ci sono state delle liberalizzazioni. Ma ci sono state anche politiche ancora più attive che negli anni ’70 per certi aspetti.

    Gli statalisti senza se e senza ma ovviamente negheranno che queste complicazioni esistono e così si viene a creare un mito semplicistico e poco credibile che si chiama “Neoliberismo”.

    A partire dagli anni ’80 abbiamo osservato le seguenti politiche:

    POLITICHE LIBERISTE (cioè liberali, sono sinonimi)

    – Maggiore libretà del mercato del lavoro (ergo minore disoccupazione, soprattutto di lungo termine)
    – Maggiore libertà dei mercati finanziari (questo potrebbe avere amplificato l’instabilità economica)
    – Maggiore libertà degli scambi commerciali internazionali (oltre che apertra di intere regioni prima del Terzo Mondo, in quanto marxiste o semi-marxiste, ora in rapido sviluppo, come India, Cina, Est Europa).

    POLITICHE ANTILIBERISTE

    – Deficit pubblico USA a livelli mostruosi, con accumulazione del debito a livelli impressionanti, soprattutto se si considerano le passività dello stato sociale USA, che nonostante il mito del liberismo USA è estremamente vasto e costoso (e reso ancora più costoso dalle recenti riforme di Bush Sr, un noto socialdemocratico).
    – Interventismo monetario continuativo per manipolare i mercati finanziari. Nel “liberismo” dell’800 questo non esisteva (come non esisteva la spesa pubblica impazzita o il deficit pubblico stile buco nero).
    – Spesa pubblica in crescita in senso assoluto, anche se un po’ meno in rapporto al PIL.

    A questo punto c’è da chiedersi da cosa deriva la crisi finanziaria. I due colpevoli probabili sono l’interventismo monetario (una politica antiliberista) e la liberalizzazione dei mercati finanziari (una politica liberista, anche se non del tutto… i mercati finanziari sono comunque molto regolamentati).

    Il quadro è complesso. Decidere quale delle due spiegazioni è credibile è un problema tecnico di teoria economica su cui neanche gli economisti capiscono granché.

    Di certo, il mito del Neoliberismo, una semplificazione becera, e fondamentalmente propagandistica, non aiuta a fare chiarezza: aiuta a chiudere gli occhi di fronte alla realtà, come ogni buona forma di propaganda.

    PS Ovviamente, le teorie economiche di Marx fanno ridere i polli. E’ assurdo che venga ancora preso in considerazione.

  10. @->Yoshi
    Non entro in meriti di carattere politico. Mi riferivo alle discipline economiche e ai tanti “guru” del settore: sotto l’aspetto della loro effettiva capacità previsionale, si tratta solo di emerite idiozie e poveretti coloro che se ne fidano. Hanno validità esclusivamente come analisi a posteriori. Sono specializzate nel chiudere la stalla quando ormai i buoi son già scappati.

  11. @ivo: clap clap clap!

    @libertyfirst: grazie della chiarezza!

    @altri: mah. Un modello affidabile della società non l’ha mai fatto nessuno, e come dice lector, i cosidetti esperti sono dei geni a posteriori, e quasi sempre degli inetti a priori. Il mio consiglio: diffidate delle semplificazioni e delle ideologie, e pensate a campà.

  12. Il liberismo di un Paese si misura anche e soprattutto dalle politiche monetarie. Anzi, è discutibile persino se si possa parlare di “liberismo” quando lo Stato controlla la moneta.

    Suggerisco a tutti la lettura di questo saggio, scritto in forma accessibile e che non presuppone conoscenze economiche. Una lettura di sicuro shockante; ricordo che mi fece molta impressione. Anzi, vado a rileggerlo pure io.

    Ciao

  13. Risposta collettiva: la critica, se di critica si può parlare, al liberismo qui accennata non è quella di essere una cattiva teoria ma, appunto, quella di essere “solo” una teoria, un ideale, un qualcosa di mai realizzato e mai sperimentato.
    Non dico che non vada tentato, dico solo che dalle idee alla realtà c’è sempre uno iato incolmabile.

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