“Non capiscono internet”

Sono abbastanza nauseato dai sedicenti intellettuali della rete che, di fronte a una qualsiasi analisi o proposta politica o legislativa che non condividono e che riguarda internet, la condannano senza appello con la lapidaria sentenza “non capiscono la rete”.

Non perché non sia vero – sicuramente chi fa certe proposte ha scarse conoscenze della rete – ma perché quel “non capiscono la rete” mi risuona come elitario e inconcludente. Come se, invece di cercare le (presunte o reali) difficoltà, dicessero “noi conosciamo internet, noi conosciamo la rete, voi non potete neppure nominarla”.

9 commenti su ““Non capiscono internet”

  1. E’ un atteggiamento abbastanza normale. Come quando ti metti a parlare di mercato con un economista, di legge con un avvocato o di fisica con un ingegnere. Di solito, ti guardano dall’alto in basso con quello sguardo d’accondiscendenza che la dice tutta su cosa pensino realmente di te (“te” impersonale, ovvio). Un mio professore di diritto, il compianto Giulio Partesotti, soleva dire che è il medesimo sguardo di compatimento che era uso riscontrare nella figlia di cinque anni quando le dimostrava di non conoscere i nomi dei Puffi.

  2. @lector: Almeno l’economista, l’avvocato e l’ingegnere hanno studiato una disciplina che ha un solido corpo di conoscenze (vabbè, forse non vale per l’economista).

    @puntomaupunto: Non (solo) Mantellini (che comunque non mi sembra argomenti granché, ma non ho letto i commenti).

  3. nel caso di Legnini non è che ci fosse molto da argomentare. Se qualcuno (nella fattispecie Legnini) afferma che “Per esempio [occorre] una qualche forma di certificazione dei giornali online” l’unica risposta possibile è “non capisci che non c’è nessuna differenza tra Internet e il resto del mondo; la certificazione allora la dovresti fare a tutti”. Ergo, se tu (Legnini) ritieni che per quanto riguarda la validità delle notizie Internet sia diversa dalla carta allora non capisci nulla di Internet.

    (Internet è diversa dalla carta per la *diffondibilità* delle notizie, ma il giro è ben diverso)

  4. @puntomaupunto: Ribadisco che non pensavo solo a Mantellini.
    Comunque: Legnini risponde a una domanda precisa (e un po’ stupida) sui problemi della qualità dell’informazione online. E lui risponde dicendo una cosa secondo me vera: “una quantità rilevante di non-notizie circolano in Rete senza verifiche né controlli”. Circolano anche sui quotidiani cartacei e l’idea di una certificazione è alquanto strampalata (ma sarei curioso di capire che cosa intende di preciso, se c’è un’idea precisa), per cui effettivamente la sua risposta è sciocca.
    Sono sicuro che Mantellini ha già analizzato la cosa in migliaia di articoli e, stufo di ripetersi, ha chiuso la faccenda in poche righe, ma forse qualcosina in più poteva farla, invece di atteggiarsi a “io ne so di internet voi politici no meglio se state zitti”.

  5. ok, lasciamo perdere Mantellini e restiamo su Legnini. Proprio perché la sua risposta è vera ma irrilevante (nel senso appunto che anche nella carta circola una quantità rilevante di non-notizie senza verifiche né controlli, e non saprei se la percentuale sia maggiore da una parte o dall’altra), implica che lui sia convinto che Internet sia diversa dal mondo reale, no? E a questo punto come vuoi controbattere (seriamente)?

  6. @puntomaupunto: Non sono sicuro che la sua risposta sia irrilevante. Come hai scritto poco sopra, “Internet è diversa dalla carta per la *diffondibilità* delle notizie”, e non mi sembra un aspetto irrilevante. Sarà un caso, ma quando prendo il giornale di carnevale e lo mostro a un amico per fargli leggere un articolo particolarmente divertente, l’amico ride; quando condivido su facebook un articolo di Onion o del Lercio, quasi sempre c’è qualcuno che commenta “ma è vero?”.
    Le bufale online e offline sono probabilmente le stesse. Cambia appunto la diffusione, e la minchiata che offline si diffonde a fatica di bar in bar online raggiunge i ventimila like su Facebook in venti minuti.
    Probabilmente lui confonde mondo online/offline con professionisti dell’informazione/gente che cazzeggia su facebook. Già fargli presente questa differenza mi pare un progresso.
    Poi chiederei che cosa intende con certificazione: qualcosa che mi chiarisca che http://www.repubblica.it è una testata giornalistica con una redazione e un direttore mentre http://www.lestinto.ch no? (per la carta stampata non ce n’è bisogno: Repubblica lo trovo in edicola o al bar, Lotta Comunista distribuito da barbuti individui nei pressi delle università, non posso confonderli). Gli spiegherei che un utente appena appena attento se ne accorge da solo anche senza il bollino statale, e che sarebbe più utile investire nell’educazione alla rete. O mettere una tassa sui like di Facebook.
    Queste le prime cose che mi vengono in mente.

  7. confondi la causa con l’effetto. La gente si chiede se le notizie di Lercio sono vere perché non sa che cosa è effettivamente Lercio. Col boxino morboso di Repubblica le notizie sono considerate tutte vere perché sanno cos’è Repubblica. Però chi cazzeggia su facebook non credo sia considerato da Legnini: più facile che lui punti su me e te.

  8. Il problema è anche che condividendo la notizia su Facebook o su Twitter spesso si perdono informazioni sul mittente. Quanto a Repubblica: il boxino morboso deve contenere notizie vere per quanto curiose; quando Repubblica mette notizie false, sbaglia e viene meno ai propri doveri, e questo è un problema del quale, effettivamente, Legnini (e tutti noi) dovremmo tenere conto.
    Comunque, vedi quante considerazioni oltre al semplice “non conosce la rete”!

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