Modesta proposta per la reintroduzione della schiavitù

Un clandestino esiste unicamente e semplicemente come essere umano, non come cittadino. Così, in parte, è già; così, temo, sarà sempre di più in futuro. Il clandestino non ha vita sociale – non nel senso che non ha amici, ma nel senso che non è parte della società, non ha documenti che attestino la sua esistenza sociale e giuridica.

Può lavorare, ma non può avere un contratto. Può ricevere soldi, ma non può avere un salario. E se non viene pagato, può lamentarsi, ma non può denunciare il datore di lavoro. Il clandestino può essere picchiato, perché non può fare causa per aggressione. Non può essere ucciso, perché l’omicidio di un clandestino è sempre un omicidio, ma se riesci a nascondere l’accaduto hai buone possibilità di cavartela, dal momento che difficilmente ci saranno indagini (chi denuncerà la scomparsa del clandestino?).

Vista la situazione, la schiavitù costituirebbe un miglioramento, non un peggioramento della  situazione per questi esseri umani.
L’abolizione della schiavitù sarebbe stata una buona idea se la società avesse potuto fare a meno degli schiavi. Ma così non è: per alcune attività le macchine – vuoi per questioni di tecnica, vuoi per questioni di costi – non riescono a sostituire l’uomo. Probabilmente un giorno ci riusciranno, ma rinunciare alla schiavitù prima di quel giorno significa vedersi costretti a ricorrere ai clandestini, a persone che, giuridicamente, non esistono.

Meglio esistere come schiavi che non esistere. Il proprietari, per tutelare l’investimento, si prenderà cura dello schiavo, e pretenderà un cospicuo risarcimento in caso di ferimento o uccisione. Lo schiavo può possedere soltanto pochi beni personali, ma almeno questi pochi beni saranno garantiti e protetti dalla legge. La libertà di uno schiavo è poca, ma è comunque superiore a quella di un clandestino.

Per questi motivi propongo di introdurre nel nostro ordinamento la figura giuridica dello schiavo – anche se probabilmente sarebbe meglio trovare un altro nome meno problematico.
I dettagli sono ancora da studiarsi, ma in linea generale chiunque voglia venire nel nostro paese può proporsi come schiavo e, se trova un acquirente interessato, può trasferirsi qui indipendente da permessi di soggiorno e quote di immigrazione (tutte faccende che riguardano i cittadini, non gli schiavi). Uno schiavo potrà, dopo aver pagato il suo proprietario e in rispetto delle normative sull’immigrazione, diventare un cittadino libero.
I diritti umani? Retorica della quale possiamo (dobbiamo?) fare a meno.

Penso che attuare questa modesta proposta porterebbe non pochi miglioramenti alla situazione dell’immigrazione nel nostro paese.

52 commenti su “Modesta proposta per la reintroduzione della schiavitù

  1. La proposta è indubbiamente interessante. La integrerei con la definizione di chi debba essere pagato per acquistare lo schiavo: secondo me lo Stato dovrebbe avere la maggior parte dei soldi, per ovviare alla scarsità di risorse pubbliche.

  2. Mi hai fatto venire in mente un episodio dell’Odissea, che cito a braccio (chiedo venia preventiva). Achille nell’Ade dichiara allo “splendido Odisseo” che pur di tornare in vita sarebbe disposto ad accettare la più bassa condizione sociale, che individua in quella del “teta”, il salariato dei campi, l'”uomo libero al servizio di un proprietario con un salario pattuito”. Curiosamente non menziona svariate categorie di schiavi dell’epoca, che pur esistevano (lo schiavo nato da schiavi in famiglia, lo schiavo di guerra, lo schiavo per debiti).

  3. Se facciamo riferimento alle condizioni materiali, allora c’ è chi sostiene autorevolmente che non solo il clandestino ma anche parecchi cittadini debbano invidiare il tenore di vita degli schiavi (americani).

    Penso comunque che la tua “modesta proposta”, una volta fuori dai paradossi swiftiani, possa essere assimilata a quella dello “sponsor”, fallita proprio perchè gli sponsor più attivi (associazioni caritatevoli e istituzioni varie – pochi i privati) non avevano la giusta mentalità del padrone.

  4. Questo tuo ragionamento, del quale certo meglio di me saprai svelare l’obiettiva improponibilita (quella apparente la colgo anche io) mi riporta ad un argomento sul quale mi sto arrovellando in queste settimane; quanto può essere legittima la scelta di una donna che si sottopone alla schiavitù del niqab per essere accettata dalla società in cui vive?
    Anche qui siamo di fronte, come nel caso dell’immigrato, a una scelta tra una condizione in cui non si ha alcun diritto (si pensi che in alcuni casi rischiano la lapidazione, o almeno di non poter uscire di casa) ad una in cui se ne hanno molto pochi.

  5. L’ unico modo pulito ed elegante per trarsi d’ impaccio da simili paradossi è accettare la definizione libertaria di schiavitù tale per cui una schiavitù non puo’ mai essere il frutto di una libera scelta (come quella di migrare).

    Se è così il post si limita a giocare con il termine “schiavitù” senza in realtà riferirsi al reale concetto, e da questa discrepanza trae i suoi paradossi.

    Se è così il paradosso cessa di essere tale e si conferma invece una verità da sempre predicata dagli economisti: il salario minimo (e ogni garanzia minima) è strappato a spese degli ultimi.

    Il Fogel linkato sopra dice che il benessere materiale degli schiavi americani era superiore a quello di molti cittadini bianchi del nord e, per decenni, a quello medio dei neri liberati. Anche se a posteriori cio’ indurrebbe molti a scegliere quella condizione, tuttavia non ci fu mai una libera scelta.

  6. Nella paradossalità del ragionamento, vai fastidiosamente vicino alla realtà.

    Però su una cosa, credo, ti sbagli: in tanti casi in cui pure potrebbero, le macchine non sostituiscono gli esseri umani non per motivi di redditività, ma perché si tratterebbe di investimenti che richiederebbero una oculatezza e una capacità di programmazione che a tanti dei nostri cosiddetti imprenditori difetta, ma di parecchio anche.

  7. In questo governo qualcuno potrebbe prenderti alla lettera.
    Comunque è un punto di vista interessante e una provocazione che ha delle sue ragioni.

    p.s.
    una domanda ce mi tormenta da anni: quando le macchine soppianteranno gli uomini in tutti i lavori che cosa faranno questi schiavi/lavoratori per vivere? La disoccupazione a causa dell’avvento delle macchine creerebbe non pochi problemi. In Dune di Herbert vengono risolti con una rivoluzione, la Jihad Blateriana. Chissà cosa succederà veramente.

  8. Non stupisce che lo scarto tra realtà e questa acuta boutade sia minimo. Le leggi sull’immigrazione CREAno para-umanità disponibile alla soggezione; non soggetti di, ma soggetti a. Persone parziali, braccia con un resto inservibile.

    Caporali e leghisti hanno buon gioco nello sfruttare gli irregolari e al contempo nel lanciare allarmi contro il loro arrivo in quantità industriale (appunto …)
    Matte Salvini ha proposto di vietare agli stranieri di comprare casa per un anno. La LegaNord del Trentino ha proposto controlli psichiatrici su tutti gli immigrati. L’inferiorizzazione per legge è un dato di fatto delle politiche governative attuali.

    La proposta della schiavitù per legge sarebbe un’uscita dall’ipocrisia. Ma l’ipocrisia è fondamentale per il nostro finto regime democratico.

  9. Faccio una domanda che sicuramente farà irritare molti e mi farà passare per quello che non sono, cioè un fascista e razzista:
    Se chi entra illegalmente nel nostro paese sa già che avrà un’esistenza non tutelata giuridicamente, perché sceglie di venire?
    Evitate di replicare (1)che chi etra non sa che cosa l’aspetta (le notizie girano anche nel terzo e nel quarto mondo e questo poteva valere forse per i primi immigrati), oppure (2)che fugge dalla guerra o da situazioni di miseria disperata (coloro che si trovano in queste situazioni sono troppo occupati a salvarsi in qualche modo la vita quotidianamente da poter soltanto concepire di lasciare il loro paese). La quasi totalità dell’immigrazione non è fatta da queste categorie di persone, ma da gente (a volte con titoli di studio superiore)che sa benissimo a cosa va in contro prima di partire e sceglie comunque di venire sapendo che nel nostro paese è facilissimo trovare lavoro pagato in nero. Il tutto con la prospettiva di mettere insieme un pò di soldi e ritornare quanto prima a casa. In questo senso lo status di clandestino è una costruzione giuridica frutto di scelte politiche a favore soltanto dei datori di lavoro, che sono gli unici beneficiari veri di questa situazione, e a tutto scapito del lavoratore dipendente “regolare” o, come lo definisce omericamente meristemi nel suo post, “teta: l’uomo libero al servizio di un proprietario per un salario pattuito”. Io mi concentrerei un pò di più sull’erosione dei diritti nel mondo del lavoro e ci penserei due volte a dare dello “schiavo” a una persona che ha scelto consapevolmente la clandestinità ed in qualsiasi momento è libero di lasciare il nostro paese per qualsiasi altra destinazione. Chiedo pietà.

  10. Scusate, ragazzi, ma permettetemi di sfatare un luogo comune. Nel Nord Italia – ve lo dico perché è il mio lavoro ed ho il polso della situazione – le condizioni d’illegalità sono limitate ad un numero veramente esiguo di casi, vuoi perché i controlli sono realmente intensi, vuoi perché il rischio che si corre quando si viene beccati con personale non in regola, è tale da ridurre un imprenditore sul lastrico. Quindi, di solito, chi rischia sono solo i pazzi oppure quelli che non hanno nulla da perdere (normalmente pregiudicati che mettono su un’impresa, il più delle volte nel campo dell’edilizia, e che lavorano in condizioni d’estrema illegalità, finché non vengono scoperti). Inoltre, nel Nord, Equitalia Polis – cioé il concessionario della riscossione dei crediti erariali – è molto efficiente e ci mette un attimo a pignorarti la casa e a sequestrarti la macchina, anche per debiti irrisori. La Guardia di Finanza, quando ha il minimo sentore d’incapacità dell’impresa di far fronte a debito riscontarto e sanzione irrogata, ti sequestra tutto. In queste condizioni, chi volete che si metta a sfruttare il lavoro dei clandestini? Come già detto, solo chi non ha più nulla da perdere. Da noi non c’è la mafia o la camorra che spara alle gambe del povero ispettore del lavoro o di quello dell’INPS, solo perché sta facendo il suo dovere.

  11. @.mau.: Mi ero posto il problema di chi debba essere pagato. Lo stato sarebbe la soluzione migliore per i conti pubblici; ma credo che sia più giusto che sia lo schiavo a indicare, come ultimo atto da libero cittadino, chi riceverà i soldi (ciò non toglie la possibilità di una tassazione molto alta, anche più della metà del prezzo di acquisto).

    @merismeti: Interessante. Forse l’interpretazione è parziale e forzata, ma molto suggestiva (mi piacerebbe l’opinione di qualche esperto di Omero).

    @broncobilly: Spero che l’idea dello sponsor (di cui ricordo molto poco) fosse ben lontana dalla schiavitù!
    Sul modo pulito ed elegante: quello che vuole l’uomo libero tranne di rinunciare alla propria libertà è effettivamente un ragionamento pulito ed elegante; troppo pulito ed elegante per essere valido.

    @ugolino: Scusa se non rispondo, ma il tema mi spaventa per la sua vastità.

    @anonimo: Sì, la scarsa oculatezza è sicuramente un altro motivo di ritardo.

    @Fabristol: Immagino – voglio immaginare – che vivranno grazie al lavoro delle macchine. O grazie alla carità degli altri.
    Temo che moriranno.

    @L. Tedoldi: Con il termine “uscita dall’ipocrisia” hai centrato il punto della modesta proposta.

    @Filopaolo: Ci sono un paio di punti che mi convincono poco. Concordo sull’erosione dei diritti – ma anche qui: perché preoccuparsi di chi ha scelto consapevolmente di lavorare sotto salario con pochi diritti?

    @lector: Ma non funziona così in tutta Italia, vero?

    @il più Cattivo: E perché dovrei voler tutelare qualcuno?

  12. @Ivo: Mi sembrava di capire che lo vedessi come un miglioramento per i clandestini mentre io lo interpreterei principalmente come una regolarizzazione del diritto di alcuni alla sopraffazione sugli altri.
    Mi sto perdendo un concetto… in questa affermzione sono cinico o ottimista?

    Un Sorriso

  13. Pingback: Fahreunblog
  14. un ragionamento pulito ed elegante; troppo pulito ed elegante per essere valido.

    Già, ma cosa c’ è di disturbante in una definizione lineare di “schiavitù” che abbia il pregio di neutralizzare i curiosi paradossi riducendoli a banali leggi economiche? Forse la cosiddetta domanda di Nozick? Certo, l’ imbarazzo che crea in molti prenderebbe il posto di quei paradossi. Non essendo tra quei “molti” è facile far quadrare le cose.

  15. Trovo sconcertante che un argomento non propriamente leggero come la servilizzzioe del’uomo sia subito diventato in alcuni commenti un pretesto per una divagazione intellettuale, un affare per raffinati teorici, che parlano di annientamento della libertà come parlerebbero dei serafini e dei cherubini.
    Mi ricorda la frase di Gargani che Marco Rovelli nel suo saggio sul lavoro dei clandestini, “Servi”, ha posto in esergo: “La vittima del sacrificio è la persona muta che soffre ciò che gli altri dicono”. Ed immagino che gli sforzi d’empatia verrano visti come un segno di moralismo.
    Quanto alla questione della mancanza della schiavitù al Nord. Può darsi che le Rosarno siano più nel Mezzogiono. Ma mi pare sotto la luce del sole che i lavoratori stranieri debbano sostenere un carico da cui gli italiani, che non lavorano sotto la minaccia dell’espatrio, sono esentati. E poi c’è da dire che la violenza è esternalizzata; muoiono prima di arrivare, nel Mediterraneo o nel deserto libico.

  16. Sembra, il tuo, un modo garbato per non dire benvenuto. Evidentemente, comunque la mettiamo, sono riuscito ad essere inopportuno, e me ne scuso. Mi spiace anche perché ho trovato il tuo modo di scrivere molto stimolante, e mi piacerebbe riuscire ad interloquire.

  17. Dimmi, dimmi Ivo, che cos’è che ti convince poco di quello che ho scritto?
    Perché bisogna concentrarsi innanzitutto sulla tutela dei lavoratori “regolari”? Perché qualsiasi riflessione sul problema del lavoro dipendente (regolare o no) non può che partire dalla critica della sua condizione “legale”. Che il lavoro non tutelato sia una “brutta cosa” e chi fa lavorare in nero non sia una “brava persona” è ovvio. Queste questioni di morale spicciola però lasciamole alla coscienza di ognuno ed occupiamoci invece dell’ambito nel quale le istanze di ordine morale diventano diritti e doveri cioè quello del diritto. Chi accetta, anche suo malgrado, di lavorare in nero si pone fuori dalla legalità e nessun atteggiamento compassionevole può riuscire a sollevarlo dalla propria responsabilità. Chi si pone fuori dalle norme non può mai aver ragione, perlomeno in uno stato di diritto.

  18. Ottima proposta, alla quale se ne possono affiancare altre.

    1. Ritorno alla “res publica christiana” e al “cuius regio eius religio”. Questa laicità sta facendo un sacco di danni (tutti sotto i nostri occhi), le discussioni sono infinite, le tensioni sociali anche, non si viene mai a capo di nulla. Vivere in uno stato teocratico renderebbe tutto più semplice.

    2. Abolizione della democrazia e della libertà di stampa: vedi punto precedente.

    3. Ripristino dell’inquisizione. Così quando c’è un problema (eutanasia, fecondazione, coppie di fatto) c’è finalmente un’autorità che provvede a stroncare sul nascere ogni divergenza. Basta con questo “relativismo etico”!

    4. Introduzione delle caste. In fondo, non siamo tutti uguali: a chi vogliamo darla a bere?

    5. Negazione dell’anima alle donne. Sono delle gran rompi*****ni, lo sappiamo tutti.

    Eccetera.

    Un salutone! 🙂
    L.

  19. @—>Filopaolo
    Chi si pone fuori dalle norme non può mai aver ragione, perlomeno in uno stato di diritto.
    Secondo me, qui stai proprio sbagliando. Non c’è legge che tenga, di fronte al diritto d’ogni uomo di sopravvivere; anche perché, troppo spesso, la legge è solo una condizione ipocrita con cui le classi dominanti sottomettono quelle dominate. Ti dirò di più: se qualcuno osasse toccare mio figlio, ossia l’unico ente al mondo a cui tengo veramente, non avrei la benché minima esitazione nell’uccidere, ossia a commettere quella che ritengo essere la suprema espressione d’illegalità.

  20. @Filopaolo
    “Chi accetta di lavorare in nero” etc. Siamo sicuri che ci siano alternative per i lavoratori irregolari?

  21. Nel momento in cui l’io pone se stesso, afferma anche il suo diritto a sopravvivere, che è l’unico e solo diritto “naturale”, poiché non richiede l’intervento d’altri se non di chi lo afferma. Nei confronti dell’altro, detto diritto può essere fatto valere con la forza, prevaricando il prossimo, ovvero con la collaborazione, mediante un “patto” in cui si realizzi un sinallagma dal quale ciascuna delle parti coinvolte tragga sufficiente soddisfazione. Tuttavia, nel momento in cui si verifica uno sbilanciamento tale, nel patto, da risultare radicalmente lesivo dell’interesse di una delle dette parti – che non avrà più nulla da perdere nel non rispetto delle regole – torniamo allo stadio primitivo della prevaricazione e all’autolegittimazione, o legittimazione SOGGETTIVA, all’uso della violenza, in reazione alla violazione pattizia commessa dalla controparte.

  22. Caro/a L. Tedoldi, sì che c’è l’alternativa al lavoro irregolare in un paese straniero, ed è quella, per esempio, di rimanersene a casa e contentarsi ( o magari anche rassegnarsi).
    Personalmente se fossi nato, che so, pecoraio sulle montagne dell’Albania oppure nella savana africana ed in entrambi i casi avessi almeno il minimo per sfamarmi e per proteggermi dal clima, preferirei mille volte questa condizione a quella dei lavoratori di Rosarno o degli edili che lavorano per pochi euro senza protezioni. Ma forse è una questione di gusti…O di semplice dignità?

  23. Caro lector, tutte le elucubrazioni teoriche di questo mondo non riusciranno mai a togliere di mezzo il fatto “concreto” che dobbiamo muoverci in ciò che c’è. E attualmente nel mondo va di moda, almeno ufficialmente, lo stato di diritto, che ti piaccia o no, e ci si deve rassegnare. Certo con la fantasia filosofica si può volare verso ben altri lidi e utopie (o anche verso ritorni allo stato selvaggio e alla legge dell’occhio per occhio come da te proposto per certi casi particolari). A questo riguardo spero non ci sia bisogno di ricordarti che, comunque, uccidere per vendicare un omicidio, non solo non è consentito dalla legge, ma non aiuta nemmeno minimamente a ristabilire le condizioni precedenti all’atto. Non riesco a credere che davvero tu ti sentiresti in questo modo “risarcito”. Credo che la perdita di qualcuno a cui tieni particolarmente resta per sempre e totalmente ineliminabile anche se uno si vendicasse una volta al giorno per il resto della sua vita.

  24. Caro Filopaolo, lo stato di diritto non nasce per partenogenesi. Esso è il risultato dell’evoluzione di ciò che, schematicamente, suole definirsi come “patto o contratto sociale”. Ogni contratto contiene un sinallagma (e Ivo, che è un cultore di filosofia del diritto, qui potrebbe ben dire la sua) costituente il punto d’equilibrio delle volontà che v’intervengono. Nulla è pre-costituito: quando l’equilibrio si spezza, il vincolo pattizio si rompe e si torna alla situazione primigenia o anteriore alla “stipulazione” (ovviamente in senso figurato) del patto. “Rebus sic stantibus”, lo stato di diritto, a cui tu fai riferimento, semplicemente cessa d’esistere e gli antagonismi più feroci perdurano, sinché non viene ritrovato un nuovo equilibrio. Esempi storici ne hai a bizzeffe, a partire dalla Presa della Bastiglia, passando per la Rivoluzione d’Ottobre e per finire alla Caduta del Muro. In ognuna di queste situazioni, l’ordine costituito s’è sbriciolato per effetto d’una crisi irreversibile che ha spezzato l’equilibrio rappresentato dal precedente patto sociale, e la situazione di vuoto di legalità è perdurata sino alla ricomposizione delle posizioni, secondo nuovi schemi e un nuovo ordine.

  25. @il più Cattivo: La tua domanda mi sembra presupporre una serietà che, nella mia modesta proposta, non c’è.

    @broncobilly: Non provo neppure imbarazzo di fronte alla domanda di Nozick. Ma forse mi sfugge il nocciolo della questione.

    @L. Tedoldi: Questo è un blog con (probabilmente mancate) ambizioni filosofiche: è ovvio che ci siano divagazioni intellettuali. Non è questo il luogo delle (probabilmente necessarie e sicuramente impossibili) rivoluzioni.

    @ugolino: Non direi inopportuno: piuttosto, troppo vasto con le proposte. Come uno che si presenta con un menu di trenta portate: visita gradita, ma purtroppo da declinare per questioni dietetiche.

    @Filopaolo: Cosa non mi convince?
    Il fatto che l’assunto “chi subisce X ha scelto X altrimenti avrebbe fatto altro” mi sembra irrealistico. Come è già stato fatto notare, se non ci sono alternative si può parlare di scelta? Ha senso parlare di responsabilità come in presenza di valide e numerose alternative?
    Quello che mi convince, ma credo di averlo già detto, è il discorso di tutela delle leggi sul lavoro.

    @Lorenzo: Proposte molto interessanti.

  26. @–>Filopaolo
    P.S.: a proposito della tua affermazione finale … “temi l’ira dei giusti poiché sapranno essere implacabili” …

  27. Ivo, questo blog è molto bello.
    Ma io non credo che l’iniquità non possa essere pensata filosoficamente.

  28. @ Ivo: la serietà è in funzione della proposta. Se ti propongo di fare una partitina a biliardo posso anche scherzare. Se accenno ad un problema che ha afflitto la società di cui in tanti si glorificano di appartenere occorre prendere le misure. Tra l’altro sei tu che hai scagliato la prima pietra con la questione dell’antisemitismo della commedia di Shakespeare. Oppure siete due e scrivete i post a turno con lo stesso nome (dai ridi che questa è carina…)

    Se mi è concesso (ed ovviamente anche se no) accennerei una risposta al tema ampio proposto da ugolino (che se fosse un nick mi intrigherebbe in modo ossessivo):
    Il problema è forse ampio, anzi essendo un problema che riguarda milioni di persone lo è di certo. Solo che il tema è affrontato da un punto di vista che non condivido….
    (la prendo un pochino larga…)
    Oggi pomeriggio ho visto un film del 1960: titolo originale “inherit the wind” in italiano “…e l’uomo creo Satana” con uno splendido Spencer Tracy. In questo film (tratto da una storia vera) si tratta di un processo per violazione di una legge che vietava l’insegnamento nelle scuole pubbliche di teorie non conformi alla bibbia ed al creazionismo (e il darwinismo in effetti…). Che c’entra ??… c’entra, c’entra. Il problema è se ciò che conta è la libertà e la dignità oppure la legge (tu invochi la legittimità). In una società che difenda i suoi membri in modo da sopprimerne la diversità ed il diritto alla scelta in nome dell’uniformità o (peggio) delle verità rivelate, il diritto non prevede la libertà degli stessi. Io nel mio piccolo e finchè ci riuscirò proverò a oppormi, ma altrove la scelta (mi richiama un altro film…) è assai più dura. Posso avere pena per quelle persone ed ammirazione per quelle che hanno il coraggio di ribellarsi (letto a proposito: “Leggere Lolita a Teheran” ?), ma sposarne ed accettarne la legittimità farebbe di me non un uomo “più Cattivo” ma soltanto più misero….
    ok ho scritto fin troppo

    Un Sorriso

    P.S: Se qualcuno mi chiama ancora blogger pigro… potrò citare a mia discolpa i commenti lasciati in giro?…

  29. @L. Tedoldi: Come scrivi tu: pensata filosoficamente, non certo combattuta. Il tuo commento (#15) mi faceva pensare che criticassi l’inazione, lo stare a riflettere sui problemi invece di cercare di risolverli. Se ho capito male, scusami.

    @il più Cattivo: Mettiamola così: la proposta non è seria, il tema che solleva lo è, perché si può sollevare con facezia un tema serio.
    Sul rispettare le cattive leggi (mi è sembrato questo il tema).
    Non ho mai capito per quale motivo secondo diverse persone, compresi alcuni studiosi, il positivismo giuridico sarebbe in difficoltà di fronte alle cattive leggi, quasi che la disobbedienza civile fosse appannaggio del diritto naturale.
    Una legge può essere valida ma non piacermi, la posso trovare immorale, aberrante, infame. E posso non rispettarla, pur riconoscendola come legge valida (anzi, non rispettandola proprio perché la riconosco come legge valida), andando incontro alle conseguenze del caso.
    Posso affermare che chi si ribella a leggi che trovo orribili fa bene, senza nulla togliere al fatto che stanno andando contro la legge.

    Temo di aver risposto ad altri, più che a te.

  30. @—>Ivo
    “Posso affermare che chi si ribella a leggi che trovo orribili fa bene, senza nulla togliere al fatto che stanno andando contro la legge.
    Era ciò che volevo sentirti dire chiaramente! (vedi supra #24)

  31. Forse non è il momento adatto o il posto giusto. Forse non sono neanche la persona più indicata, ma ci proverò lo stesso:
    Il diritto di imporre delle norme ad un gruppo di persone e di farle rispettare con l’uso della forza non è una “innovazione” recente della storia umana. Ma da qualche secolo ha cominciato a “prendere corpo” l’idea che tali leggi debbano mirare a produrre vantaggi per la società che le esprime e le fa rispettare. Essendo opera dei membri fallibili delle società stesse ed essendo i costumi della società soggetti a cambiare nel tempo o comunque non “universali”, possono crearsi (oltre alle infrazioni per ignoranza e quelle per fraudolenza) delle condizioni di violazione delle stesse norme perchè il rispetto di queste rappresenterebbe per alcuni una violazione del concetto che dovrebbe ispirarne la stipulazione e la sua osservanza. (Mi sembro un professore di diritto, un po’ di contegno… ahahahhha).
    Quindi il concetto di validità di una norma è bivalente, una legge non ancora approvata o la cui approvazione è in difetto formale (esempio la norma è anticostituzionale) è valida e allo stesso tempo non lo è. Lo stesso vale per questioni che si ritengono al di sopra delle leggi formali esempio quelle che infrangono i diritti universali (esempio quelli religiosi o umani a seconda dei gusti) che portano alle obiezioni di coscienza sia riconosciute da qualche legislazione che quelle invece pesantemente perseguite da altre…
    La schiavitù rientra pienamente in questa situazione. Tra l’altro uno dei miei eroi (Charles Darwin) è famoso anche per esserne stato profondo avversario. Però la schiavitù, come ci ricordi nel tuo post, è stata a lungo legale e sostenuta da pensatori e condottieri non di piccolo cabotaggio. Come per la pena di morte (a quando una perorazione, anch’essa ironica spero, di quest’ultima) è un tema che spesso risuona caldo ancor’oggi….
    La schiavitù, forse perchè in alcuni casi non così fortemente avversata dalla legge e dai suoi paladini (vedi battute anch’esse ironiche del premier sulle belle ragazze albanesi) è per me un tasto davvero dolente (si era notato?) perchè già adesso primeggia e domina ampia parte del globo (dal turismo sessuale, ai soldati bambini, e così via) che non riesco a sopportarla. Come puoi notare, fuor mi metafora, mi fanno molto più male (come ho già scritto qui da te) i misfatti odierni che la responsabilità storica della mia nazione….

    Forse non hai risposto tu a me. Spero a questo punto di aver risposto almeno io a te….

    Comunque e sempre (anche quando ricolmi di tristezza)

    Un Sorriso

  32. Minchia! Le mie idee sull’argomento, se vogliamo un po’ estreme, oltre ad una accesa discussione hanno provocato anche qualche venuccia di risentimento nei miei confronti, o sbaglio? Ok, vediamo se riesco ad incrinare quell’aura di cinismo nella quale senza volere mi sono avvolto. Per farlo però sono costretto a riportarvi, di nuovo, tutti con i piedi per terra perché mi sembra che a qualcuno il tema sia un po’ sfuggito di mano.
    Cominciamo con lector #24: siamo partiti se non sbaglio da un fatto di cronaca e siamo arrivati alle teorie dello stato e ai patti fondativi. Ebbene, penso che non ci sia bisogno di scomodare le grandi categorie del pensiero politico per sapere che qualsiasi ordinamento sociale non è nato insieme al Big Bang e non è destinato a durare in eterno. Il punto è un altro. Se stiamo discutendo un fatto di cronaca è necessario calare ogni riflessione nella concreta attualità. A cosa serve in questo caso tirare in ballo la categoria politica della Rivoluzione? Non mi sembra affatto che le proteste di Rosarno si possano considerare atti rivoluzionari: non si è trattato di nessun “equilibrio spezzato” perché semplicemente non c’era affatto in partenza nessun equilibrio: vittime e carnefici contribuivano e contribuiscono a perpetuare questa situazione aberrante. E per quanto riguarda il concetto di Rivoluzione e gli esempi che hai citato: l’idea che la Rivoluzione sia opera degli oppressi che si ribellano agli oppressori è un mito che va bene per la retorica della comunicazione politica; i bifolchi che corrono con i forconi in mano ed assaltano il palazzo del signorotto locale costituiscono un’immagine buona soltanto per le illustrazioni dei libri di storia scolastici. La storia delle rivoluzioni moderne che tu hai citato ci dovrebbe insegnare ben altro. E cioè che tutte sono state pensate e attuate dalla ricca e acculturata classe borghese con lo scopo di sostituirsi alla classe egemone (di solito la nobiltà)ed assumere così il potere al suo posto. Il popolino ha partecipato a tutte le rivoluzioni solo perché c’era bisogno di carne da cannone, ma poi è stato sempre messo da parte e le sue speranze sono state sempre represse (spesso con la forza). Questo vale anche per l’89: se il capitale occidentale non avesse avuto bisogno di ristrutturarsi e di cercare nuovi mercati per i prodotti e nuova manodopera a bassissimo costo il muro non sarebbe mai caduto, stanne certo. Come sempre: gli ideali sono molto belli ma a questo mondo vanno sempre troppo stretti e c’è sempre bisogno di renderli più “elastici”, cioè più adattabili ai concreti rapporti di potere.
    E veniamo a Ivo #25: l’assunto che tu mi attribuisci nel post (chi subisce x ha scelto x altrimenti avrebbe fatto altro) non convince nemmeno me, infatti io non ho detto questo. Io ho detto “se scelgo x sapendo che scegliendolo molto probabilmente subirò x me la sono andata a cercare”, e c’è una bella differenza, mi sembra. Non capisco poi perché non debbano esistere delle alternative: oltre a quella ovvia di restarsene nel proprio paese ed accettare la propria condizione, che non deve essere per forza miserabile, si può per esempio scegliere di andare in un paese dove le regole non sono un optional come da noi e le tutele giuridiche vengono normalmente applicate (un esempio fra i tanti: la Germania).
    Sempre per Ivo #29 (perché suppongo che sia io il destinatario occulto del quale accenni alla fine):
    cosa c’entra la disobbedienza civile di fronte a leggi palesemente ingiuste con i disordini di Rosarno? Ripeto di nuovo ciò che ho già detto ma che vedo che non vi vuole entrare in testa: nel caso di Rosarno NON C’ERA NESSUNA “LEGGE ORRIBILE” alla quale fosse giusto disobbedire perché la situazione era (ed è)tutta fuori dalla legge. Anch’io sono certamente d’accordo con te quando affermi che è giusto disobbedire a leggi infami, ma non è questo il caso.
    Infine: mi piacerebbe interloquire anche qualche volta con il più cattivo ma lo trovo sempre troppo ermetico e non riesco mai a capire cosa dice e dove vuole arrivare. Colpa mia. Peccato.
    Con rispetto.

  33. @–>Filopaolo
    “E cioè che tutte sono state pensate e attuate dalla ricca e acculturata classe borghese con lo scopo di sostituirsi alla classe egemone (di solito la nobiltà)ed assumere così il potere al suo posto.”
    In via pregiudiziale, non mi è dato di comprendere il tuo accenno al risentimento: stiamo solo parlando, abbiamo idee un tantino diverse, ma – almeno per me – tutto finisce lì.
    Sulla tua affermazione, che riporto virgolettata per comodità di riferimento, permettimi di osservare che quello che dici è giusto, ma non comporta la negazione di ciò che dico io, ossia che il nuovo ordine derivi dalla rottura degli equilibri preesistenti. Che poi, le finalità per le quali la massa ha creduto di agire, siano state successivamente snaturate o manipolate a tutto vantaggio d’una certa elite, non toglie alcuna validità a quanto da me affermato.
    Sui fatti di Rosarno: in Francia c’erano già state le banlieue; ma prima che un sistema consolidato collassi, è necessaria una concomitanza di fattori tale, da non esaurirsi certo in una piccola protesta di livello locale: sempre con riferimento alla storia, sottolineo come, dalla devastante crisi del III° secolo, si sia dovuto attendere sino alla fine del V° perché la parte occidentale dell’Impero Romano crollasse. A volte, i sistemi hanno già insiti gli elementi della propria autodistruzione, solo che nessuno riesce ad avvertirne tutta l’effettiva pericolosità (altro esempio: l’ascesa di Hitler in Germania).

  34. @ Filopaolo :
    …??? Ermetico io ??? Pensavo di essere stato troppo esplicito e prolisso?
    Uhm… potrebbe essere un complimento… mi dovrei inorgoglire?
    Forse è stata la scuola di Paolopasc….

    @ a proposito: Come è che il carissimo Paolo non si è ancora pronunciato in proposito… Settimana bianca?

    Se, comunque, ci sono parti di quello che ho cercato di esprimere che effettivamente risultassero ostiche (ed anche agnostiche) sono nei limiti di tempo che possiedo ben disposto ad approfondirle, sia in privato che ovunque (anche sul mio blog, che qui mi sembra di essere stato fin troppo invadente)

    Un Sorriso

  35. @ Ivo: Nel mio affannarmi appresso ad un tema di libertà vs schiavitù mi ero perso un altro tema che avete approcciato nei commenti e che è a me forse ancor più caro, anche se nella mia accezione è un elemento emergente e non fondativo della libertà, ovvero l’essere consapevole.

    Mi sembra di aver detto già tutto, ma visto la recente contestazione di ermetismo, cercherò di essere esplicito:

    senza libertà non può esserci consapevolezza e ammettere che qualcuno possa consapevolmente rinunciarvi è come ammettere che qualcuno possa seriamente dichiarare di essere incapace di comunicare (forse è estremo, spero sia chiaro).

    Un Sorriso

  36. Finalmente lector! Siamo arrivati ad un punto sul quale entrambi la pensiamo in modo simile, e cioè che le rivoluzioni culturali, quelle vere, richiedono tempi lunghissimi per avvenire. E penso che sarai anche d’accordo che queste rivoluzioni si realizzano come somma di innumerevoli comportamenti individuali. E su questo punto continuo comunque a ritenere che il comportamento di chi accetta di lavorare in nero (anche ammettendo che non ha alternative)non serva alla causa del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ma anzi ne sia di ostacolo e contribuisca a perpetuare questa situazione negativa, peggiorandola soltanto. Basta vedere come se la passa il meridione d’Italia da sempre, da molto prima che arrivassero gli stranieri.

  37. Mamma mia: libertà = consapevolezza e consapevolezza = libertà. Caro più cattivo, mi sa che su questa questione siamo proprio agli antipodi. Ma questo è un’altro argomento. Ciao

  38. @Filopaolo: mi sembrava di essere stato chiaro e di non aver scritto quello che estrapoli tu… peccato, sinceramente non saprei esprimermi meglio. Essere agli antipodi? Di cosa? Le uguaglianze che poni (tra l’altro la proprietà riflessiva dell’uguaglianza ti poteva risparmiare qualche carattere, …cattiveria) non sono certo le mie. Quello che non condivido (anzi non ho compreso) è la questione del meridione e degli stranieri (tra l’altro stranieri a cosa). Ti riferisci agli Arabi, ai Normanni o agli Spagnoli?
    Forse mi sono sbagliato io ti riferivi ai Greci o forse soltanto agli indoeuropei… la storia e le modifiche di cui parli tu hanno si tempi lunghi, ma bisogna mettersi d’accordo su di cosa si sta parlando, altrimenti lascio perdere…

    Un Sorriso
    P.S. Per risparmiarci un giro, ho immaginato che ti riferissi agli stranieri come gli immigrati clandestini degli ultimi trent’anni, ma mi sono risparmiato di considerare la questione in un modo che, spero senza offendere nessuno, riterrei alquanto miope.

  39. @—>Filopaolo
    Ovviamente, concordo sulla prima parte. Sulla seconda, sia pur aderendo in linea di principio alla tua affermazione, faccio solo notare che chi ha fame – quella vera – non si sofferma su certe sottigliezze … e lì interviene l’unico elemento che dovrebbe costituire il fattore fondante di tutti gli ordinamenti giuridici: il diritto che ha ciascun essere umano di sopravvivere – a prescindere! 😉

  40. @Lector: richiamerei la tua ultima frase per porvi l’accento:

    il diritto che ha ciascun essere umano di sopravvivere

    E’ questo il punto. Se la sopravvivenza non viene definita tutto il resto rimane un gioco da tavolo.
    Quando si parla di sopravvivenza rimangono ancora i diritti dell’uomo? In fin dei conti uno schiavo è un individuo che potrebbe dirsi sopravvissuto….
    Dall’altra parte potrei avocare il diritto di sterminare una foresta (il termine sterminare è scelto con attenzione) o ridurre in schiavitù una tribù o soltanto una “bella ragazza albanese” perchè lo stile di vita che associo a tale diritto mi richiede questo?
    Se si elide il concetto di parità di diritti inalienabili non saprei dove si possa arrivare (forse soltanto allo status quo)….

    Un Sorriso

  41. Non provo neppure imbarazzo di fronte alla domanda di Nozick

    E a quale passo termina dunque la sttoria dello schiavo? Passo tre? E perchè non cinque, o sette? E’ proprio l’ aribtrarietà di questa scelta (tipica di chi non distingue il “padrone buono” dall’ assenza di padroni) che consente la proliferazione dei paradossi parlando di “schiavitù”. ciao.

  42. @—>Il più cattivo
    Davo per scontato che il mio diritto finisce lì dove inizia quello dell’altro. Ogni volta che si oltrepassa questa linea di demarcazione, il proprio sacrosanto diritto si trasforma in un abuso. Per questo è indispensabile raggiungere un accordo, il cui reciproco rispetto consente di poter sopravvivere entrambi.
    Un abbraccio.

  43. @IVO, non mi sembrava di aver dilatato così tanto il campo, e me lo conferma il fatto che mi hai con eccellente sintesi riposto con la frase:
    “quello che vuole l’uomo libero tranne di rinunciare alla propria libertà è effettivamente un ragionamento pulito ed elegante; troppo pulito ed elegante per essere valido”.

    @CATTIVO, vedi la citazione sopra, dare per scontato che ciò che configura schiavitù per me (portare il velo o lavorare per pochi euro) la configuri oggettivamente per ogni singolo è un cedimento illiberale; che non significa che approssimi la realtà in modo efficace.
    In altra sede però scrissi che per me 99,99 non è 100,00 e mi pare questo uno di quei casi.

    @LECTOR, mi piace molto il tuo riferimento al sinallagma, e l’esempio del figlio lo trovo particolarmente rappresentativo.

  44. @–>Ugolino
    E’ un esempio che richiede l’essere padre per venir compreso in tutta la sua tremenda tragicità.
    Si tratta di un’ipotesi estrema, che tutti ci auguriamo non abbia mai a verificarsi.

  45. @Filopaolo: Il destinatario del commento #29 non eri tu.
    Per il resto: qui si continua a parlare di scelta. Se le alternative non sono percorribili, non si ha scelta, ma costrizione. Credo che il problema sia su quanto consideriamo percorribili le alternative di fare i clandestini in un altro paese o rimanere nel proprio paese.

    @broncobilly: La domanda di Nozick non mi imbarazza perché non trovo necessario identificare il momento esatto, senza per questo vedermi costretto a rinunciare al concetto di schiavo.
    Quando inizia il giorno e finisce la notte? Quando fa chiaro? Quando il sole inizia a levarsi sull’orizzonte? Quando è completamente visibile? E se l’orizzonte è nascosto dalle montagne? Possiamo discutere sulla soluzione migliore, rimane il fatto che mezzogiorno non è mezzanotte.

    @ugolino: Il problema è mio: mi piacerebbe limitare i commenti a, appunto, commenti del post, senza divagazioni e soprattutto senza ricondurre la questione ai massimi sistemi…

  46. @Broncobilly: Ho trovato solo resoconti della posizione di Rothbard, e non sembra parlare di punizione, ma di diritto della donna di reagire.
    Del resto, prendo gli antibiotici non per punire i batteri, ma per guarire, e ho il diritto di farlo perché i batteri sono nel mio corpo.

  47. IVO 1: La favola di Nozick punta a quello: far riconoscere all’ “imbarazzato” quanto vaga sia la sua mozione di schiavitù. Non sempre la “vaghezza” danneggia, ma qui è proprio giocando con quella vaghezza che si ottengono i paradossi del post. Una definizione rigorosa, e indipendente dalla “benevolenza” del padrone, li ridurrebbe a semplice economia.

    IVO 2: L’ autore in “Etica e Libertà” (liberilibri – Macerata) considera l’ embrione un soggetto (l’ analogia con il batterio cade). Il “diritto della donna” si configura come una “legittima difesa” a seguito di un’ “invasione”. Dopodichè il passaggio dal danno inflitto per “legittima difesa” (a freddo!) al danno infilitto a seguito di “pena equa” è immediato. Specie per chi non ha difficoltà ad immaginare sanzioni anche in assenza di un qualsiasi ruolo giocato dalle “intenzioni”. ciao.

  48. Non riesco a comprendere perché si tenti di armonizzare l’istituto della schiavitù con il presupposto della sacralità della legge. L’antinomia è evidente ed è uno dei fattori che – secondo me – prova come ogni ordinamento sia solo una mera espressione convenzionale. La schiavitù derivava da un accordo. Un accordo che era diretto nel caso in cui vi fosse la propria dazione volontaria in schiavitù (fattispecie ben nota sia in Grecia che in Roma, come nel successivo diritto longobardo); indiretto, o derivato dalla consuetudine, nell’ipotesi in cui conseguisse a una sconfitta militare, perché essa comportava automaticamente che il vincitore potesse soggiogare il perdente.
    La successiva schiavitù nei confronti delle popolazioni africane, invece, trovava la propria legittimazione sulla presunta non appartenenza piena al genere umano di queste popolazioni, influenzata dalla maledizione biblica a carico della progenie cananea di Noè, destinata alla sottomissione nei confronti di Sem e Iafet.

  49. La discussione è debordata molto oltre le mie capacità culturali. Volevo solo ringraziare Ivo per l’articolo, che mi ha molto colpito, riuscendo a far crollare di colpo alcuni pregiudizi — o almeno opinioni frettolose — nei quali il mio pensiero si era incagliato. Non che adesso abbia le idee chiare… ma tutto sommato è una condizione interessante!

  50. @broncobilly: Approfondirò la posizione di Rothbard su questo punto, perché mi interessa e non mi convince.

    @lector: Mi puoi esplicitare l’antinomia tra schiavitù e la sacralità (che brutto termine) della legge?

    @Galliolus: Lieto di aver causato questa condizione interessante.

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