Le parole sono importanti

È il mio momento Nanni Moretti, quello in cui mi viene voglia di urlare “le parole sono importanti!”.

Accade che in Ticino si discuta della promozione di un poliziotto condannato per aver condivido post nazisti su Facebook. Sul merito non ho voglia di pronunciarmi – mi limito a osservare che, dovesse essere effettivamente promosso, non potrei non guardare con diffidenza e un po’ di timore tutti i sergenti maggiori della Cantonale – ma, come Nanni Moretti, lasciatemi urlare un “le parole sono importanti”.

Nel dibattito si è infatti andati a prendere il “Regolamento concernente i gradi e le promozioni presso la Polizia cantonale“. Il quale, all’articolo 6, affronta appunto il caso di “condanna iscritta a casellario per reati di lieve entità o con colpa lieve, rispettivamente sanzioni disciplinari comminate negli ultimi 2 anni” (corsivo mio).

E qui mi agito, perché “comminare” non vuol dire quella cosa che chi ha scritto l’articolo aveva in mente. È la legge a comminare, in generale, una pena, cioè a prevedere o, se vogliamo dar retta all’etimologia, a minacciare quella pena a tutti quelli che trasgrediscono una legge. Poi, al singolo, se condannato, viene inflitta quella pena.
È vero che nel linguaggio comune si utilizza spesso “comminare” per “infliggere”, e ad esempio la Treccani si è arresa e lo dà come possibile significato, ma qui si tratta di un testo ufficiale.

Testo che, tra l’altro, utilizza la parola corretta poche righe sopra, all’articolo 5: “Sanzioni disciplinari inflitte negli ultimi 2 anni possono, su decisione della Commissione disciplinare, essere motivo di sospensione dell’esame della promozione”.

Intervistato dal quotidiano laRegione, pure il portavoce della polizia si adegua:

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