La sindrome di Dio

Charles DarwinBerlicche ci regala un curioso argomento contro il darwinismo, La sindrome di Darwin:

Credo di averne già parlato: a me piace progettare mondi.

Chiamatela la sindrome di Darwin. Osservare come i sistemi si evolvono, come le creature in essi contenute vivano…

[…] Allora ero un darwinista convinto. Avevo anche realizzato una mappa delle isole Galapagos a china.
Crescevo. La teoria matematica dei giochi era una lettura affascinante. E poi era arrivato il computer.

Quello che fino ad ora avevo faticosamente imbastito con carta e fantasia poteva diventare una realtà virtuale.

[…] Se volevo una nuova opzione, questa non poteva uscire spontaneamente da quelle che già c’erano per aggregazione, mutazione o altro mezzo. La dovevo programmare, introdurre io. Se non scrivevo il codice per realizzare un fiore, il mio vegetale informatico non ne avrebbe mai avuto uno.
E se questo valeva per una pianta virtuale, cosa dire allora dell’infinitamente più complesso mondo reale?

Non c’è riuscito nessuno. Nessuno ha mai scritto un programma che realmente si evolva, che si faccia crescere pinne, poi gambe, occhi, mani, cervello partendo dal nulla. Neanche lontanamente. Se si vuole che qualcosa ci sia, quel qualcosa il creatore ce lo deve mettere dentro, deve scriverlo, intesserlo nell’essere.

Il giorno che ho realmente capito cosa ciò volesse dire, ho smesso di essere un darwinista.

Ricapitolando: Darwin era una sorta di demiurgo che progettava nuovi mondi; siccome in questi progetti, o simulazioni, non c’è possibilità che nascano nuove opzioni dal nulla, è impossibile che l’evoluzionismo neodarwiniano sia corretto.

Darwin però era un naturalista: osservava l’unico mondo che c’è, non si divertiva a crearne di nuovi. La sindrome di Berlicche non è quindi darwiniana: più che sindrome di Darwin, sarebbe meglio chiamarla sindrome di Padreterno. Il suo argomento, con qualche leggera modifica, può diventare una notevole dimostrazione della inesistenza di Dio: la vita si è sviluppata tramite l’evoluzione, ma è impossibile progettare un mondo che preveda lo sviluppo della vita per evoluzione, quindi il mondo non è stato progettato, quindi Dio non esite.

Ma leggiamo meglio l’argomento di Berlicche: «Nessuno ha mai scritto un programma che realmente si evolva, che si faccia crescere pinne, poi gambe, occhi, mani, cervello partendo dal nulla».
Anche ammettendo che sia vero, non mi risulta che nessuno abbia mai scritto un programma che dall’Unità d’Italia arrivi al secondo governo Prodi: eppure il governo Prodi c’è, ed è indubbiamente un (lontano) frutto del Risorgimento. Penso che Berlicche sarebbe contento di definire il governo Prodi un errore della storia, tuttavia questo governo c’è, e la sua esistenza pone problemi agli elettori di destra (ma anche di sinistra), ma non agli storici o ai programmatori.

Proseguiamo: «Se volevo una nuova opzione, questa non poteva uscire spontaneamente da quelle che già c’erano per aggregazione, mutazione o altro mezzo. La dovevo programmare, introdurre io». Non si capisce per quale motivo, con un numero sufficiente di generazioni a disposizione, la somma di mutazioni e aggregazioni, unita al necessario isolamento geografico (le famose “nicchie ecologiche”), non dovrebbe creare una nuova opzione, una nuova specie. Certo, difficilmente questa nuova opzione sarà quella desiderata dal demiurgo della situazione, ma questo è un problema per il demiurgo, non per Darwin.
L’argomento di Berlicche ricorda il paradosso del sorite o, a seconda delle versioni, del calvo: se strappiamo un capello ad una persona che non è calva, non diventerà di certo calva per quel singolo capello in meno, quindi non lo diventerà neppure se ne strappiamo un altro, e così via finché abbiamo strappato tutti i capelli della nostra cavia. Non è certo una singola mutazione a trasformare un alga in un leopardo, certo, tuttavia iniziamo ad accumulare e magari non otterremo un leopardo, ma qualcosa di diverso e di nuovo, prima o poi, la si otterrà.

Il modo migliore per concludere il discorso è leggere qualche pagina da Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l’esistenza di Charles Darwin. Capitolo VI, Difficoltà contro la teoria della discendenza con modificazioni (già, da buon scienziato Darwin ha preso in considerazione le difficoltà della sua teoria, le ha esposte e discusse nel suo libro).

Evoluzione dell’occhioIo confesso liberamente che mi pare il più alto assurdo possibile supporre che l’occhio sia stato formato per mezzo dell’elezione naturale, con tutte le sue inimitabili disposizioni ad aggiustare il suo fuoco alle varie distanze, ad ammettere diverse quantità di luce e a correggere l’aberrazione sferica e cromatica. Quando si proclamò per la prima volta che il sole è immobile e che la terra gira intorno ad esso, il senso comune degli uomini dichiarò falsa questa dottrina; ma la vecchia sentenza Vox populi vox Dei, come ogni filosofo sa, non può sostenersi nella scienza. La ragione mi indica che, se può dimostrarsi che esistano numerose gradazioni dall’occhio perfetto e complesso all’occhio più semplice ed imperfetto, e che ogni grado di tale perfezionamento sia utile all’individuo; se di più l’occhio deve variare, sia pure insensibilmente, e le variazioni sono trasmesse per eredità, come appunto si verifica; e se infine ogni variazione o modificazione di un organo, sotto condizioni mutabili di vita, è sempre utile all’animale; allora la difficoltà di ammettere che un occhio perfetto e complesso possa formarsi per elezione naturale, quantunque insuperabile alla nostra immaginazione, può vincersi e questa ipotesi può ritenersi vera.

[…] Questi fatti, quantunque esposti troppo brevemente, dimostrano quanta differenza graduale esista negli occhi degli animali inferiori, e ove si rifletta al piccolo numero di animali sopravvissuti, in confronto a quelli che furono estinti, io non saprei trovare una difficoltà molto grande (non maggiore di quella che offrono molte altre strutture) nel pensare che l’elezione naturale abbia trasformato il semplice apparato di nervo ottico, ricoperto solamente con pigmento e rivestito di una membrana trasparente, in uno strumento ottico della perfezione di quelli che si trovano in ogni individuo della grande classe degli articolati.

(pp. 99-100)

16 commenti su “La sindrome di Dio

  1. Nno potrebbe essere una critica di direzione aristotelica, più banalmente?
    Cioè:
    “La vita è situata nel tempo.
    La fisica e le scienze naturali non conoscono il tempo diveniente e continuo della vita, ma un susseguirsi di punti temporali.
    Visto che quell’altra temporalità è essenziale per capire la vita, una teoria dell’evoluzione può studiarla ma non capirla del tutto, perché metodologicamente il suo studio deve sottrarsi parte del proprio oggetto.
    Dunque, la vita studiata da un biologo è sempre vita meno un x. ”
    Non lo affermo e non lo nego, mi chiedo però se per principle of charity non sia un’interpretazione più chiara e lineare di quell’intervento…
    Buon pranzo, eno!

  2. Il testo di Berlicche non sembra proprio andare in quella direzione… e non sono neppure sicuro che la critica di direzione aristotelica, per quanto sensata, sia pertinente (sul tema però devo ancora pensarci…)

  3. L’argomentazione di Berlicche a me pare ridicola, come si può pretendere di farsi un’idea dell’origine della vita e della sua evoluzione senza tenere in conto il supporto su cui è basata (la materia)?

  4. Il professor Piero Bucci, a un congresso scientifico sulla “Probabilità nelle scienze”, dichiarò: “Supponiamo che io vada in una grotta preistorica, e vi trovi incisa, su una parete, una scritta, per esempio: ‘Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura / che la diritta via era smarrita’. E supponiamo che io dica ai miei colleghi: in quella grotta, a causa dell’erosione dell’acqua, della solidificazione dei carbonati e dell’ azione del vento, si è prodotta, per caso, la prima terzina della Divina Commedia. Non mi prenderebbero per matto? Eppure non avrebbero nulla da ridire se dicessi loro che si è formata per caso la prima cellula vivente, che ha un contenuto d’informazioni pari a 5.000 volte l’intera Divina Commedia“.

    Qui l’intero articolo

  5. Mi piacerebbe saperne qualcosa di più, su questo Piero Bucci. Purtroppo tutto quello che si trova è questo aneddoto, e ogni citazione sembra ricondurre ad un libro di Antonio Socci.
    Ad ogni modo, non sembra saperne granché di evoluzionismo, se lo paragona all’azione del vento e alla solidificazione dei carbonati…
    Per capire meglio i limiti della metafora di Bucci, consiglio La teoria dell’evoluzione di Telmo Pievani, pubblicato dal Mulino.

  6. Il fatto è, tralasciando chi l’abbia detto (non mi sono posto il problema di Bucci perchè il concetto espresso è comunque interessante): l’enorme complessità della vita è riconducibile al caso? Cioè per puro caso (la selezione, che comunque parte da una ipotesi, cioè un tentativo totalmente aleatorio, sceglie l’individuo più adatto su un numero di tentativi potenzialmente infinito) le cellule che mi costituiscono si sono formate e aggregate?
    Mi pare evidente che non si parla di evoluzionismo nello stralcio che ho indicato, ma si pone l’accento al fatto che il caso, nello specifico interpretato da acqua e altri agenti, avrebbe potuto tranquillamente scrivere sulla roccia brani di senso compiuto!! Magari in endecasillabi!! Possibile? Io non lo credo.
    Non voglio negare l’influenza che l’ambiente esercita sugli esseri viventi, nel senso dell’adattamento! Ma l’evoluzione è un’altra cosa! Dal brodo primordiale all’uomo… da qualcosa di informe a qualcosa di estremamente complesso… sarebbe come se, dopo un terremoto fortissimo, io entrassi in un supermercato e trovassi, sparsi in mezzo alle macerie, fettuccine al pesto, tagliatelle al ragù, filetti di trota all’uva, torte alla frutta, … E aspettare il secondo terremoto perché il primo mi ha proposto un menu che non mi garbava… Un po’ fantasioso, no?!
    Non voglio nemmeno provare a confutare la teoria dell’evoluzione, perché non la ritengo totalmente campata in aria! Ma non può diventare l’unica possibilità di sguardo al mondo vivente, perché sarebbe troppo riduttivo! E a conferma della sua debolezza, l’evoluzionismo si trascina i cosiddetti “anelli mancanti”, per cui l’evoluzionismo è una teoria che ha ancora bisogno di conferme!

  7. L’idea del terremoto culinario è bella ed efficace.
    La riprendo modificando un po’: se i biologi descrivessero davvero una simile situazione, l’evoluzionismo sarebbe morto prima ancora di nascere.
    Occorre modificare i supermercati, o almeno pensarne uno molto grosso.
    I prodotti si mescolano, molti prodotti si mescolano, e ne escono vari miscugli. Queste sono le mutazioni casuali (o contingenti).
    Poi arrivano le persone che mangiano. E mangiano chiaramente le cose buone, non quelle cattive, che vengono buttate.
    Supponiamo che le cose cattive, che non si mescolano bene, vengano allontanate le une dalle altre. È il processo di selezione.
    Con un numero sufficientemente alto di terremoti, diciamo qualche milione, potrei anche trovare le fettuccine al pesto. Dopotutto, è solo questione di avvicinare gli ingredienti giusti e allontanare quelli sbagliati…

  8. Parliamo degli anelli mancanti. Che in molti casi mancanti non sono: curiosamente, proprio oggi ho letto di un proto-pinguino scoperto chissà dove.
    Comunque è vero: ci sono molti punti oscuri. Il passaggio da procarioti a eucarioti, ad esempio.
    Sull’inizio della vita, a quanto ne so (e ne so poco), si sanno molte cose ma non tutte.
    Ci sono punti oscuri, come in tutte le cose umane.
    Abbiamo due scelte: pensare che sono cose che non sappiamo e magari non sapremo mai con certezza ma che sono simili alle cose che sappiamo, oppure pensare che sia accaduto qualcosa di inaudito e straordinario? In poche parole: gli anelli mancanti sono un problema (da risolvere) o un mistero (da accettare)?

    La seconda ipotesi, l’intervento sovrannaturale, pone più problemi di quanti ne risolva.
    Alla scienza, tanto per cominciare: è conoscibile o no, questo intervento sovrannaturale? È comprensibile?
    Ma anche alla teologia: che rapporto ha questo Dio dell’evoluzione è anche il Dio di qualche fede? È compatibile? Rischia, in tutta onestà, di non esserlo: il Dio dell’evoluzione è abbastanza cattivo e pasticcione…

  9. A ‘sto punto, mi conveniva rispondere con un post, piuttosto che qui. Ma andiamo avanti: non intendo sostenere che fede e scienza siano incompatibili, mutualmente esclusivi e che se credi nella scienza non puoi più credere in Dio.
    Darwin perse la fede, ma pare più per la morte (credo) della figlia che per le sue scoperte…
    In soldoni: la scienza riguarda la conoscenza oggettiva del mondo, ha una dimensione apofantica (le sue affermazioni sono o vere o false). La religione, secondo me, si situa in una altra dimensione, non apofantica (una preghiera o la speranza non sono vere o false).
    Ci sono molti problemi in questa divisione: per un cristiano degno di questo nome è essenziale che Cristo il terzo giorno sia veramente risorto, e se non lo è tanto vale darsi al buddhismo, con rispetto parlando. La resurrezione diventa un fatto apofantico e come tale scientifico, pur riguardando la religione… Un gran casino.
    Vabbè, mi fermo qui che ho già scritto abbastanza.

  10. Preghiera e speranza sono vere! Ci sono, sono un dato! O no?
    La preghiera è domanda, la speranza è attesa! La scienza non procede per una domanda di significato e attende un risultato? Altrimenti tu mi dici che la scienza per conoscere il mondo si muove ciecamente e prima o poi sbatte contro qualcosa… ma se non ti muove nessuna curiosità, nessuna domanda, ti possono cascare in testa anche mille mele, ma ti fai solo male. Chiaro l’esempio?
    Quindi la religione non è cieca o stolta perché non può dire vero o falso: il Cristianesimo è un avvenimento! Cristo c’è stato o non c’è stato (questo è il punto)! O ci credi ai Vangeli (ritrovati e datati) come documento storico, oppure no (e in questo caso, perché credere agli uomini preistorici o alla scoperta del fuoco?).
    Sulla questione del senso, cioè del fatto che la ricerca scientifica procede per la certezza di un senso nel mondo che studia, rimando a questo interessante articolo.
    Gli anelli mancanti non sono un problema in sé… sono un fatto! Reale! Per cui la teoria dell’evoluzione non può dirsi valida finché anche questi punti oscuri non siano chiariti! Non si può parlare dell’evoluzione come della certezza! Discendiamo dalla scimmia? Perché la scimmia c’è ancora e l’homo erectus no? Domande allettanti…
    Inoltre non è sensato limitare la scoperta a priori… a me non interessa se il Dio a cui credo è un Dio dell’evoluzione, se è vera l’affermazione! Né mi interessa se la scienza ha dei problemi a conoscere l’intervento sovrannaturale! L’importante è muoversi su basi solide, senza apriorismi o ideologie!!

  11. Preghiera e speranza sono vere! Ci sono, sono un dato!

    Certo che sono vere nel senso che ci sono. Ma non sono né vere né false nel senso che non asseriscono nulla di vero o di falso.
    “Ratzinger è nato il 16 aprile” è una affermazione vera, “Ratzinger è nato il 15 aprile” è invece falsa, “Ratzinger prega una volta al giorno” è una affermazione probabilmente vera ma potenzialmente falsa. Ma “Ti prego signore fa che Ratzinger viva cento anni” non è una affermazione, non è né vera né falsa: nessun fatto potrà confutare o confermare questa mia preghiera.
    Non ci sono solo le preghiere, comunque: per dire, anche “Io la dichiaro dottore in filosofia”, pronunciato dal presidente della commissione di laurea, non è né vera né falsa, non asserisce nulla, ma dichiara.

    Sul testo di Orarel non mi pronuncio (dice alcune cose sensate, altre un po’ meno, ma la discussione prenderebbe troppo tempo).
    La scienza presuppone che gli eventi siano conoscibili, ossia che ci si possa formare un modello (più o meno) affidabile degli stessi. Si può tranquillamente dire che gli scienziati “sperano” e si “affidano” nella possibilità di conoscere il mondo. Non ne segue che devono per questo credere in un garante di questa possibilità o di questa fede.

    Gli anelli mancanti non sono un problema in sé… sono un fatto! Reale! Per cui la teoria dell’evoluzione non può dirsi valida finché anche questi punti oscuri non siano chiariti! Non si può parlare dell’evoluzione come della certezza!

    È un fatto che di alcune (alcune) transizioni previste dalla teoria non si hanno tracce. Da come scrivi, sembra che si abbiano tracce che smentiscano i modelli, il che, a quanto mi risulta, non è vero. Non ho prove che il ghiaccio che ho lasciato al sole si sia sciolto e non sia stato rubato da qualcuno, ma non per questo mi sento di affermare che la fisica non sia certa o valida!
    La sintesi moderna è valida e certa. Non è assolutamente valida e neppure assolutamente certa: adesso non ci sono ragionevoli dubbi, domani forse ci saranno, e si provvederà a integrare o modificare la teoria. Fine.

    Discendiamo dalla scimmia? Perché la scimmia c’è ancora e l’homo erectus no? Domande allettanti…

    No. Non discendiamo dalla scimmie. Noi e le scimmie abbiamo antenati comuni, che si sono estinti. La domanda più allettante riguarda l’estinzione dell’uomo di Neanderthal e dell’homo florensis.

    Inoltre non è sensato limitare la scoperta a priori…

    Dipende. Prendila come un racconto giallo: scopriamo l’assassino. Ci sono 7 miliardi di persone: sospettiamo di tutte perché non è sensato porre limiti a priori? Un australiano non avrebbe modo di viaggiare fino al luogo dell’omicidio? Dipende, magari ha inventato la macchina del tempo, o un mezzo di trasporto istantaneo, oppure ha comandato a distanza un robot… Perché porre limiti?

    PS: Una curiosità: cosa significa “Klomtee”?

  12. È quindi tutto ridotto al dimostrabile? “Mia mamma mi vuole bene” è una affermazione vera ma potenzialmente falsa… Non è dimostrabile scientificamente e quindi dovrei vivere col terrore che mi avveleni la minestra? E posso fidarmi a parlare con un amico a cena senza il timore che mi accoltelli? Non lo posso dimostrare… ci passo sopra e mi tengo la fifa! Spero di avere interpretato male quello che hai scritto… anche se non mi pare; quando dici che la frase “la dichiaro dottore in filosofia” non è vera né falsa, sbagli! Semplificando le tappe: mi sono iscritto alla facoltà di filosofia, ho portato a compimento il corso di studi e sostenuto tutti gli esami con esito superiore o uguale a 18/30, ho appena discusso la tesi per la laurea in filosofia… allora se siamo alla proclamazione mia (non di un altro) la frase è vera! Ha un riscontro con la realtà!! Non è una frase buttata lì!!
    Per l’esempio del giallo: se tu fai un apriorismo escludendo qualcuno tra i 7 miliardi di individui hai già perso! Perché prima devi conoscere il caso. Potenzialmente, di 7 miliardi di individui più gli altrettanti miliardi di esseri viventi e centinaia di altre possibilità (caduta di una tegola, infarto, ecc.), finché non hai visto il morto e non sei partito da lui, non puoi dire quale degli x miliardi non c’entra nulla, o meglio, chi c’entra qualcosa con la faccenda! Chiaro? Parti dal morto! Non dall’esclusione aprioristica! E puoi trovare che l’assassino ha comandato a distanza un robot! Ma senza apriorismi, altrimenti sono indagati solo quelli che abitano nello stesso quartiere… e il tizio col robot gira libero in Australia! Mi pare tu dicessi una cosa del genere, ma come l’hai esposta sembra che l’apriorismo sia più che giustificabile; la scrematura deve essere frutto di una osservazione! Perciò dico che non è sensato decidere a priori cosa è giusto per la scienza o per la teologia, si deve stare di fronte al dato!
    La scienza parte da ciò che è né vero, né falso! La formula del moto del pendolo, è vera o falsa? È vera se corrisponde al reale, cioè se ha riscontro con un dato, che è (guarda caso) un dato: né vero, né falso! C’è!! Ma non è la scienza a rendere vero il moto del pendolo perché ne ha scoperto la formula… il pendolo funzionava anche prima, senza formule! Si capisce?
    Io non mi ostino a dire che ci deve essere un intervento divino, né dico che la scienza debba sottoporsi al vaglio di una autorità religiosa! Dico che si parte dal dato, ma nella sua interezza, nella totalità dei fattori!
    Tornando all’esempio del supermercato: sufficiente grandezza e un numero sufficiente di terremoti mi daranno le fettuccine! Per la legge dei grandi numeri, anche il sorbetto e il caffè! Ma chi ha deciso per le fettuccine? L’uomo, nel nostro esempio… una intelligenza! L’evoluzionismo, è vero, spiega dei passaggi… Citando il tuo esempio del ghiaccio, è certo che con questo caldo il ghiaccio diventerà acqua (anche se me lo rubano!); l’evoluzionismo può fare di queste previsioni? È una teoria sicuramente allettante… ma se la base della teoria è il caso, una cosa vale l’altra, perché le mutazioni sono casuali! Quindi non è scienza, è pura osservazione (arguta, se vuoi, vista la ricostruzione delle tappe evolutive). Non c’è una formula, a meno di non risalire all’intelligenza (alla regola, quindi) che impone la scelta rappresentata dalla seleziona naturale… anche qui però bisognerebbe capire se ci sono due o più mutazioni equivalenti per la selezione, e in qual caso, la prima che appare sarebbe quella “imposta” dalla selezione naturale… di nuovo si torna al mistero del caso!!
    Non è escluso un intervento esterno (non necessariamente divino) che regoli la selezione delle mutazioni, visto che si parla di selezione naturale… Gli animali e le piante ci sono, ed è un dato! Il come e perché queste determinate specie e non altre è una domandona da 1000 punti…
    Non volevo occuparti così tanto in questa conversazione, non era mia intenzione confutare qualcosa… solo che dal tuo post sembrava che giudicassi totalmente stupido pensare ad altro quando abbiamo già una teoria accreditata come quella dell’evoluzione… volevo solo porre l’accento al fatto che il caso, da solo, non mi convince! Non riesce a convincermi!

    Per la tua curiosità: Klomtee è il nome di un personaggio che usavo quando giocavo a World of Warcraft (un druido tauro)… un nome che evocava qualcosa di vagamente tribale… assolutamente aleatorio, come i nomi “fantasy”, in genere.

    Ciao

  13. Risposta telegrafica, non per scortesia ma per porre fine a un manifesto abuso dei commenti, non pensati per un simile dibattito serrato.
    Sulla verità e falsità di discorsi: John L. Austin, enunciati performativi (com’è in inglese? performative utterances?).
    Sulla riduzione al dimostrabile: non ho capito quando avrei sostenuto che solo il dimostrabile esiste.
    Sulla necessità di partire dall’oggetto studiato: giustissimo. Ma l’oggetto non è un assoluto che non pone problemi. Si impongono scelte, metodi diversi che studiano aspetti diversi. Senza sostenere che gli altri ambiti non esistano: semplicemente non interessano al momento.

    Ogni scienza ha i suoi metodi. L’evoluzionismo è diverso dalla fisica e dalla chimica. Difficile aspettarsi lo stesso tipo di previsioni e di modelli.

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