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Ivo Silvestro

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Ero invece fin dal principio in completa sintonia con il programma democratico della socialdemocrazia austriaca, che in linea di principio di fondava sul marxismo ma che nella prassi non aveva nulla in comune con la teoria anarchica dello Stato di Marx ed Engels. Come individualista, in un primo tempo avevo assunto un atteggiamento negativo davanti al suo programma economico di nazionalizzazione dell’economia. Però in seguito, soprattutto sotto l’impressione degli sconvolgimenti economici provocati dalla [prima guerra mondiale], divenni sempre più propenso ad ammettere che il sistema del liberismo economico, così come era stato realizzato nelle circostanze date, non offriva alcuna garanzia di sicurezza economica per la massa non abbiente e che – nella situazione di allora – la sicurezza economica si poteva raggiungere soltanto con l’economia pianificata, il che in ultima analisi significava nazionalizzare la produzione.
Ero allora, e lo sono tuttora, pienamente consapevole della difficoltà di collegare la nazionalizzazione della produzione con la libertà politica dell’individuo; ma credo anche di dover essere tanto obiettivo da riconoscere che, per la grande massa, la sicurezza economica è più importante di tutto il resto: quindi non ho il diritto di attivarmi politicamente per tenere in piedi un sistema economico in cui io e i miei consimili ci troviamo bene, né per contrastare un sistema economico che devo ritenere operante nell’interesse della grande massa e al quale io credo che appartenga il futuro, piaccia o non piaccia a noi che usufruiamo della libertà economica. Così, dal punto di vista personale, provo piena simpatia per un partito che sia socialista e, al tempo stesso, democratico, né ho mai fatto mistero di questa mia simpatia. Però più forte di questa simpatia è il mio bisogno di indipendenza politico-partitica nella mia professione. Come io non ammetto che lo Stato limiti il diritto alla libertà di ricerca e alla libertà di espressione, così non ammetto che un partito politico limiti questi stessi diritti attraverso la volontaria sottomissione alla disciplina di partito.

Hans Kelsen, Scritti autobiografici, Diabasis, Reggio Emilia, 2008, p. 100

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