La logica è meglio del sesso

Fonti affidabili1 riportano che Achille Varzi, professore alla Columbia University, si presenti alla prima lezione di logica indossando una maglietta con la seguente scritta (ovviamente in inglese):

Niente è meglio del sesso.
La logica è meglio di niente.
Quindi la logica è meglio del sesso.

Pare che Varzi dedichi la prima lezione a spiegare l’errore: “niente” non è una cosa, e se la si considera come tale ci si imbatte in simili errori. I filosofi parlano, in questo caso, di ipostatizzazione.

Mi viene il dubbio che un simile errore venga commesso anche da Joseph Ratzinger quando spiega cosa significa entrare in quaresima:

Significa iniziare un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi. Vuol dire guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana.

In questa affermazione, il male è una cosa solo in senso retorico o anche in senso metafisico?

  1. È lo stesso Varzi ad averlo detto, durante una conferenza. []

10 commenti su “La logica è meglio del sesso

  1. La tua domanda dilemmatica presuppone, a torto, che non ci sia una terza uscita.
    Sicuramente Ratzinger intendeva il male come qualcosa che ha consistenza, ma non come un oggetto metafisicamente opposto al bene.

    Il male non è un tipo di ente autonomo, ma solo una negazione, una distorsione e una carenza del bene.
    Se “bene” si predica principalmente di azioni intenzionali, è chiaro che ciò è intenzionale è voluto; e ciò che è voluto è in qualche senso un bene per l’uomo.
    Però è reale l’atto di negazione o distorsione o di menzogna verso sé stessi.
    Non è dovuto (solo) ad ignoranza o povertà di mezzi materiali, come vorrebbe la visione intellettualista dell’etica e dell’uomo.

    ( …visione sottilmente celata in tutti i sistemi d’idee connessi in negativo o in positivo al “progresso”: conservatori o progressisti vorrebbero cambiare le condizioni sociali o culturali non perché sono auspicabili in sé stesse, ma essenzialmente per ammigliorare l’uomo. )

    E la scelta, la negazione o la distorsione producono un scia di trascinamento, che dentro di noi è un habitus e fuori di noi è un modello d’attrazione: difficile dire che non esistano o che siano “ipostatizzazioni”.

    Poi da questo Ratzinger parte e arriva a “satana”, ma è un altra faccenda… e cmnq satana non è metafisicamente opposto a nulla.

    ciao! Eno

  2. @eno: Ecco, lo sapevo che non dovevo scrivere quel “in senso metafisico”, che dice troppo, molto più di quel che pensavo.
    Lasciando da parte satana, mi sembra che dici che il male esiste nel senso che esiste una volontà “perversa”: non è solo questione di mancanza di intelletto o di forza. Fin qui ti seguo, e se Ratzinger intende questo, allora sono ratzingeriano anche io (almeno su questo punto).
    Quello che mi chiedo è, appunto, se Ratzinger gira la questione del bene e del male dell’assenza di bene alla volontà e alle azioni umane o se invece intenda la questione in altri termini.

  3. Con troppa ed alessandrina finezza dicevo:

    Se “bene” si predica principalmente di azioni intenzionali…

    Principalmente, ma non solo.

    Agostino parlava di tre forme di colpa: quella la cui punizione coincide con l’atto in cui viene compiuta( l’atto di chi odia qualcuno e si rode dentro ), quella a cui l’eventuale punizione o espiazione segue l’atto( l’atto del ladro che rischia la galera ) e quella che è compiuta da altri e si riversa su di noi( se nostro padre è un ubriacone scialacquatore, noi ne pagheremo il prezzo ).

    Ora, i primi due tipi sono connessi alla responsabilità di qualcuno. Ma il terzo?
    Se, come nelle tragedie greche, portiamo dentro di noi il segno di una colpa altrui, se il nostro carattere si ribella alla volontà, se viviamo in un mondo in cui ci è inculcata la violenza fa differenza se è il risultato di colpa e volontà altrui o no?
    Sempre una fascinosa pulsione al male, all’autodistruzione ed una akratia ci sarà.

    Non è solo questione che le scelte della volontà possono essere perverse, ma che può incartarsi su sé stessa la volontà medesima.
    Visto che non si può parlare di responsabilità per ciò che non controlliamo, è meglio parlare di una perversione che controlla la volontà e che non può essere curata dalla semplice conoscenza.

    Ma Ratzinger non intende la cosa anche in altri termini? tu mi chiedi.
    Onestamente, non lo so.

    ciao! Eno 🙂

  4. Una concezione deterministica e finalizzata del divenire permetterebbe di accogliere l’ipotesi del male in contrapposizione a ciò che è bene; non certo di ipostatizzarlo. Tuttavia, escludendo la necessità stessa dell’essere, o perché indimostrabile ovvero perché illogica e antinomica, anche “bene” e “male” non assumeranno alcuna valenza oltre lo stretto contingente.

  5. “quella che è compiuta da altri e si riversa su di noi( se nostro padre è un ubriacone scialacquatore, noi ne pagheremo il prezzo )”

    Così, se qualcun altro vicino a noi compie un atto e noi ne subiamo le conseguenze, la colpa è comunque (anche) nostra? Assurdo e masochistico.

  6. Kirbmarc,
    infatti è una colpa in senso improprio, come dice Agostino, e non comporta alcunissima nostra responsabilità– come ho detto in maniera chiara ed inequivocabile – per l’avvenuto, né “solo” né “anche”.
    Ma la questione NON ERA sulla responsabilità individuale – come ho detto in maniera chiara ed inequivocabile- ma sui vari modi in cui il male può essere positivamente presente e incombente per l’uomo.

  7. “sui vari modi in cui il male può essere positivamente presente e incombente per l’uomo”

    Mi sembra comunque masochistico. Anche se non ne parli in termini di responsabilità, ne parli comunque come una “contaminazione”, di “fascinosa pulsione al male, all’autodistruzione” (per inciso: non sono sicuro che l’AUTOdistruzione sia SEMPRE classificabile come “male”).

    Se ci si vuole preoccupare di essere “buoni” (suona un pò stucchevole, detto in questi termini), NON ci si può preoccupare anche di ciò che è successo nel nostro passato,o di quello che gli altri ci fanno, dato che è impossibile controllarlo. Non è un “marchio” su di noi, è un avvenimento. Il “male” in questo caso fatto gli altri, e NON è un nostra “perversione”.

    Quello che è stato è stato. Inutile tormentarsi, come fa Edipo, sulle colpe dei genitori.
    Anzi, interrogarsi su questo “male” potrebbe essere una scusa per deresponsabilizzarsi…

  8. @Kirbmarc: Perché ti sembra comunque masochistico? Che noi si possa subire l’avversa sorte è un dato di fatto, e direi che è bene saperlo per poter prevedere e arginare, nei limiti del possibile, il male che indirettamente può arrivarci.
    Il discorso, comunque, riguarda la domanda (espressa in termini “antichi”: la saggezza basta per la santità? È un problema di mezzi o anche di fini?
    In un ipotetico mondo perfetto, nel quale ognuno è saggio e razionale, esisterebbe comunque il male, inteso come sofferenza delle persone?

  9. “In un ipotetico mondo perfetto, nel quale ognuno è saggio e razionale, esisterebbe comunque il male, inteso come sofferenza delle persone?”

    Ma il “male” non è la sofferenza in sè, è semmai l’atto umano di aumentare la sofferenza umana. Se picchi contro un sasso, soffri, ma il sasso non è “maligno”.

    Comunque sì, in quanto chi è scarsamente provvisto di comportamenti empatici è comunque (a volte) razionale.

    Le deduzioni che si basano sul principio generale di non aumentare la sofferenza nei casi specifici sono razionali, ma il principio “aumentare la sofferenza umana è male” non è il frutto di una riflessione razionale, è l’espressione linguistica di un comportamento empatico, che evolutivamente si è trasmesso perchè vantaggioso (vedi “Il Gene egoista”, ad esempio).

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