Io parlo. Io penso.

Lo Newspeak o Neolingua è il linguaggio immaginato da George Orwell nel suo romanzo 1984. Lo scopo che il regime si prefigge, attraverso l’introduzione di questa nuova lingua, è quello di rendere impossibile anche solo pensare atti di ribellione: il vocabolario e la grammatica di questo linguaggio sono infatti ridotte all’essenziale, e i pensieri eretici risultano quindi non solo proibiti, ma anche privi di senso.
L’assunto che muove questa invenzione di Orwell è che l’uomo pensa attraverso le parole e quindi che senza parole non si possono neppure avere i pensieri.

La prima affermazione è sicuramente vera, la seconda è molto probabilmente falsa: l’uomo pensa attraverso le parole, ma le parole non sono strutture fisse ed immutabili. È possibile lavorare con le parole.
Il pelide Achille, nell’Iliade, è bravo oratore oltre che ottimo guerriero (come hanno modo di scoprire, loro malgrado, i troiani), e si ritrova nella curiosa situazione che ad Orwell sembra impossibile: pensare, e soprattutto parlare, senza le parole adatte.
Tiepolo: Atena impedisce ad Achille di uccidere Agamennone  (particolare) Achille, da alcuni anni, combatte a fianco di Agamennone contro i troiani.
Apollo, responsabile della pestilenza che colpisce i greci, costringe Agamennone a rinunciare alla schiava Criseide: quest’ultima è infatti figlia di Crise, sacerdote di Apollo e quindi suo protetto.
Come Agamennone ha ceduto di fronte ad Apollo, così Achille dovrà cedere di fronte ad Agamennone, e consegnargli la schiava Briseide. Achille, ovviamente, non è d’accordo, vorrebbe battersi con Agamennone, ma Atena glielo proibisce: alla fine, decide di cedere Briseide ma anche di non combattere più al fianco di Agamennone.

È questo un atteggiamento, tutto sommato, normale e comprensibile per i greci (o meglio gli achei) vissuti parecchi secoli prima di Cristo: l’unico valore riconosciuto è l’eroismo, inteso come eccezionalità. I concetti di virtù e di giustizia come li intendiamo noi e come li intenderà ad esempio Platone ancora non esistono.
Nel nono libro accade tuttavia qualcosa di veramente insolito. Agamennone si accorge dell’errore ed invia una ambasceria per convincere Achille a tornare in battaglia. Ulisse, Aiace e Fenice offrono ad Achille non soltanto la restituzione della schiava Briseide, ma anche numerosi doni nonché la possibilità di divenire genero di Agamennone sposando una delle figlie.
Achille non ha alcun motivo per rifiutare l’offerta: il torto subito è stato riparato. Eppure Achille rifiuta. Perché?
Omero Oggi, alcuni millenni dopo, non è difficile rispondere: perché Agamennone lo ha disonorato, e nessun dono potrà riparare il torto subito. Ma per gli achei l’onore non esiste: il concetto che più si avvicina è time, che indica la capacità, il merito del guerriero.

Achille cerca di spiegare l’onore pur non avendo a disposizione alcuna parola. Eppure vi riesce. Purtroppo per il Grande Fratello, è possibile sfidare i limiti del linguaggio. Possibile ma non semplice: Ulisse e i suoi compagni, udito il diniego di Achille, non possono non concludere che il suo cuore è pieno d’ira divina (menis), ossia che è un po’ pazzo.

2 commenti su “Io parlo. Io penso.

  1. Ed è anche vero che i protagonisti di 1984 riescono a superare le barriere imposte dal linguaggio, pensando atti eretici e mettendoli in pratica, e vengono considerati pazzi dagli altri.

  2. @Stefano: La pazzia, e in generale la malattia mentale, è spesso utilizzata per combattere i rivoluzionari o, in generale, chi non la pensa come la maggioranza (fermo restando che i pazzi esistono davvero!).

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