Intervista a Popper

A volte, mettendo ordine nella libreria, ci si imbatte casualmente in qualche testo curiosamente attuale e interessante, del quale tuttavia ci si era quasi del tutto dimenticati. Saggi sulla tolleranza, a cura di S. Mendus e D. Edwards, una raccolta di scritti di vari autori sul tema della tolleranza, è uno di questi: scritto più di vent’anni fa, è forse una lettura più interessante adesso che negli anni ’80.
Uno degli autori è Karl Popper: immaginiamo una intervista impossibile su questo tema.

Karl Popper Intervistatore: Buongiorno. Posso farle alcune domande?

Popper: Se lei è sicuro di volerle fare a me, e non a qualche altra persone, sì.

Intervistatore: Scusi, non è lei Karl Popper?

Popper: Sì, io sono Karl Popper, ed è appunto questo il problema. Lei è riuscito, non so bene come, ad arrivare qui in Paradiso ancora vivo. Ha la possibilità di incontrare chi vuole: Einstein, Aristotele, Kant, Agostino, Borges, Archimede, Petrarca… E decide di parlare proprio con me!

Intervistatoreimbarazzato: A dire il vero, non avevo pensato alla possibilità di intervistare Kant e Petrarca. Però oramai sono qui e tanto vale approfittarne.

Popper: Bene, allora iniziamo. Cosa voleva chiedermi?

Intervistatore: Il tema è la tolleranza. Lei ha scritto molto sulla società aperta e soprattutto sui suoi nemici: lo storicismo, che porta all’autoritarismo e al totalitarismo, e…

Popper: La interrompo subito. Sì, è vero, ho scritto un testo intitolato La società aperta e i suoi nemici. E in quel testo ho anche fatto nomi e cognomi: Platone, Hegel e Marx. Poi…

Intervistatore: Poi?

Popper: … poi sono morto: sono finito quassù e, soprattutto, ho avuto modo di conoscere personalmente Platone, Hegel e Marx. Ho capito che i veri nemici della società aperta non sono le idee, ma le persone.

Intervistatore: Le persone?

Popper: Sì, le persone. Non è che uno diventa un dittatore perché ha letto Platone o Marx. Piuttosto, siccome è una persona autoritaria e pure un po’ stronza, quando legge Platone, o Marx, oppure Voltaire, vi trova la giustificazione delle sue ambizioni.

Intervistatore: Scusi, ma un dittatore che si giustifica con Voltaire proprio non ce lo vedo.

Popper: Questo perché lei è evidentemente una persona aperta e democratica, e non riesce a trovare in Voltaire tracce di totalitarismo. Ma le assicuro che ce ne sono, a cominciare dalla sua terribile arte, l’ironia.

Intervistatore: L’ironia? Quindi l’ironia è nemica della società aperta?

Popper: Assolutamente no. Le ripeto che non ci sono idee nemiche della società aperta. Sono le persone, gli individui e le loro ambizioni a costituire un pericolo. Una persona che ricerca il potere personale è in grado di giustificare il suo desiderio nelle idee di Voltaire e, perché no?, nelle mie. Ovviamente la colpa non è di Voltaire o mia, e neppure delle idee.

Intervistatore: Quindi cosa rimane del suo libro?

Popper: Rimane l’elogio della società aperta, della democrazia, della libertà. E la necessità di difendere questi valori, ma dalle persone, non dalle idee.

Intervistatore: Su questo tema mi ha colpito la riflessione che ha sviluppato in un saggio apparso nel volume Saggi sulla tolleranza. È il testo di una sua conferenza tenuta nel 1981, nella quale formulava questa definizione di tolleranza:

Può darsi che io abbia torto e tu abbia ragione; e se discutiamo razionalmente può darsi che possiamo correggere i nostri errori e può darsi che tutti e due possiamo avvicinarci alla verità, o agire secondo giustizia.

Cosa ne pensa adesso, vent’anni dopo?

Popper: Chiaramente, non ho cambiato idea: la tolleranza ha senso se e solo se c’è spirito critico, disponibilità di mettersi in discussione, volontà di migliorare. Senza queste condizioni, non vi è tolleranza, e neppure società aperta.

Intervistatore: Nella conferenza ha anche manifestato un certo ottimismo: almeno per quanto riguarda il mondo occidentale, non si sta poi così male. Leggo sempre dal testo della sua conferenza:

La tolleranza, ad una prima occhiata, non sembra più essere un problema; non , per lo meno, nei paesi democratici d’Europa, Nord America, Australia e Nuova Zelanda.

E ancora, qualche pagine dopo:

Ho in mente l’affermazione, che è veritiera, che le società democratiche dell’Occidente sono le più libere, le più tolleranti, e le meno violente di tutte le società conosciute: forse con l’eccezione della società esquimese prima del XX secolo.

Popper: Mi piacerebbe molto poter ripetere quelle parole. Purtroppo non potrei: le cose, almeno da quel che si vede da quassù, sono peggiorate. Per mostrare il grado di libertà e tolleranza raggiunto dalla società occidentale, portavo l’esempio dell’influenza dell’opinione pubblica negli Stati Uniti d’America: il Vietnam, le dimissioni di Nixon, eccetera. Ma adesso, a quanto mi risulta, una gigantesca mobilitazione popolare non è riuscita ad impedire l’inizio di una guerra. Per non parlare della libertà di discussione!

Intervistatore: Parliamone, invece: nel 1981 internet, praticamente, non esisteva ancora e nel 1994, quando lei è morto, era agli albori. Da questo punto di vista, sono stati fatti enormi passi in avanti.

Popper: Certo: adesso il primo idiota può, con pochi euro, mettere in piedi un sito internet nel quale sfogare i suoi bassi istinti filosofici, per una decina, quando va bene, di lettori interessati. Internet è la grossa foglia di fico con la quale nascondere le nefandezze di radio e televisione: certo, in televisione quella persona non può parlare, ma ha il suo sito internet, qui non c’è censura!

Intervistatore: Non la facevo così scettico.

Popper: Sono realista. La libertà è anche una questione di numeri: quante persone leggono un determinato sito e quante persone guardano la televisione? Ecco la vostra libertà di discussione: siete tutti liberi di dire e, soprattutto, di ascoltare la stessa cosa.

Intervistatore: Secondo lei, come ci si può difendere? Quali sono le armi che la società aperta ha a sua disposizione per difendersi dai suoi nemici?

Popper: Quali armi ha la società aperta per difendere i propri valori? Che domande! La discussione, che è ascoltare e parlare.
Intervistatore: Ma la discussione non ha limiti?

Popper: Certo che ha dei limiti! Ma non ha, e non può avere, limiti preventivi. Che razza di società aperta è, se su alcune cose è chiusa? Ho seguito con interesse la vicenda di quello storico negazionista, quello che è stato condannato da un tribunale. Lo hanno lasciato parlare, hanno giudicato pericolose le sue affermazioni, lo hanno lasciato difendersi, esporre le sue ragioni, e alla fine lo hanno condannato. Così deve avvenire in una società aperta: si discute, ossia si ascolta e si parla.
Purtroppo la discussione non è molto citata negli appelli per la difesa dell’occidente, almeno in quelli che ho avuto modo di leggere.

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