Il neonato è persona?

La relazione presentata da Gianfranco Vazzoler al convegno Le sfide della neonatologia alla bioetica e alla società ha destato molto stupore.

In sostanza, Vazzoler si è chiesto (o gli hanno chiesto: non so se ha scelto lui il titolo e l’argomento della relazione) se il neonato è persona, e in venti minuti si è risposto: no.
Non ero presente al convegno e non ho, quindi, nessuna idea di come Vazzoler abbia argomentato e giustificato questa sua risposta; non so neppure quali conseguenze egli intenda trarre da questa risposta.

Prima di definire questa risposta aberrante o neonazista, come a quanto pare è successo, credo sia opportuno fare un paio di premesse.

Innanzitutto: la domanda sulla personalità del neonato è scientifica o filosofica? Semplificando un po’, è una domanda fattuale o concettuale, riguarda lo stato delle cose o la definizione delle parole?
Diciamo che la parte problematica della domanda riguarda la definizione di persona; Vazzoler, a quanto pare, propone la seguente definizione: “è persona chi sviluppa autocoscienza, senso morale e razionalità”.
Il discorso, più che sui neonati (e i ritardati mentali) dovrebbe riguardare questa definizione.

Inoltre, ed è bene tenerlo presente, il non essere persona non implica necessariamente il non aver diritto a una tutela. Per dire, gatti e opere d’arte non sono sicuramente persone, eppure sono entrambe “cose” molto tutelate.

Due piccoli premesse per poter dialogare.

20 commenti su “Il neonato è persona?

  1. (Questo commento lascia un po’ il tempo che trova, non avendo letto l’intervento in questione)
    Beh, se la questione è posta in questi termini, allora nemmeno io, quando dormo, sono una persona.

  2. @Moe
    Pur ammettendo che durante il sonno si perda la propria “personalità” (chi, nel sonno, sogna?), colui che dorme è come un ponte chiuso perché deve essere ritinteggiato: è temporaneamente “fuori uso”, ma mantiene intatte tutte le sue funzionalità.

    Saluti

  3. @ Marcoz:

    Non è così semplice, perché allo stesso modo si può sostenere che un neonato (o un embrione, o uno spermatozoo) è temporaneamente fuori uso, ma in futuro avrà quelle caratteristiche… cosa cambia? (La probabilità? Il tempo necessario?)

    (PS: non capirò mai perché ci si concentra sull’autocoscienza e non sulla coscienza (= essere senzienti)).

  4. @M. Colucci

    Se è per questo, anche uccidere una coppia di sposini significherebbe uccidere i discendenti.
    Il fatto è che i discendenti non ci sono. Al contrario, l’individuo che dorme e il ponte sono lì, e basta svegliare o rimuovere il divieto di transito per riaverli nella loro completa efficienza (oddio, a me ci vorrebbe qualche minuto…)

    Analogamente a embrioni o spermatozoi, penso sia evidente la sostanziale differenza tra il progetto di un ponte (o un’impalcatura per costruirlo o tre piloni) e il ponte funzionante.
    Se io brucio il progetto, abbatto l’impalcatura o i singoli piloni, ho distrutto un ponte?

    Potremmo dire, ovviamente, che ci troviamo in presenza di un ponte anche se non è stato ancora asfaltato (quindi, non è completato come vuole il progetto), ma qui si entra in quella zona “grigia” in cui ritengo fondamentale, per le sorti della costruzione (e del neonato), quale tipo di tutela proponiamo di adottare, come ben suggerisce Ivo.

  5. Ha ragione Marcoz.

    Una cosa è l’essere in potenza e un’altra la possibilità fisica.
    Confonderle è- come dire- severiniano. 😛

    Se io adulto alle due di notte dormo, è comunque concepibile che rimanessi adulto ma con due caffè in corpo. Cioè, potevo starmene sveglio a leggere Hans Fallada.

    Un embrione indubbiamente tende a divenire un essere adulto e il suo legame con l’uomo di 20 anni non è casuale.
    Però perché un embrione sia cosciente e parli deve divenire adulto.
    Non è concepibile che le sue facoltà biologiche da embrione gli permettano di chiacchierare.

    Non capisco però il controargomento su l’ “essere in potenza”, la coppia di sposini e la rispettiva prole.
    Un neonato o un embrione diventa un adulto, ma gli sposi non diventeranno mica i propri figli, no? Al massimo divengono genitori.

    ciao, Eno

  6. @Ivo: Scusa la apparente brutalità di questo commento, però mi pare che l’asserzione per cui persona sarebbe “chi sviluppa autocoscienza, senso morale e razionalità” non vada nella direzione della limpidezza.

    Non dico che sia una cattiva azione, ma è una tipica presa di posizione roboante nei proclami e sfumata, quasi anodina nei codicilli.

    Nel tempo e nelle varie dottrine- non nelle polemiche politiche- persona ha avuto un significato o giuridico o filosofico.
    In nessuno dei due significati persona è “essere morale, autocosciente e razionale”.

    Certo, ci sono molti casi di politica ed etica dove i fattori in gioco sono solo quei tre.
    Per esempio, una persona può assumersi impegni vincolanti solo se ha quelle caratteristiche.

    Ma in filosofia “persona” significa essenzialmente tutto.
    Se ho di fronte Mario e mi si chiede chi è- al di là dall’essere Mario 😛 – la risposta non è “un organismo, un esemplare di homo sapiens sapiens, un amico, un cittadino, un essere mortale, etc.”.
    La risposta corretta include la totalità di cose che Mario è, e il legame tra tutti questi aspetti.

    Qualcuno lo esprime a parole con “essere umano”, ma non si riferisce alla specie biologica.
    “Persona” va bene uguale.

    Mi si vuole spiegare perché, forzando il significato secolare delle parole per effimere polemiche giornalistico-politiche, cambiare il senso dei termini in gioco?

    E di più, perché cambiare il senso di una parola utile in modo inutile?
    Se “persona” ha significato totale, so a cosa serve: esprime non solo tutti gli aspetti di Mario, ma anche il loro intreccio.

    Se “persona” significa – convenzionalmente- “razionalità, moralità e autocoscienza”, perché non dire semplicemente “razionalità, moralità e autocoscienza”?
    Nessuno metterà mai in discussione che sono cose eticamente fondamentali.

    Per dialogare non basta chiarire le premesse.
    Bisogna anche usare in modo etico e chiaro le parole: incendiare le stoppie nei campi e poi trincerarsi dietro una ridefinizione terminologica di “fiamme dolose” non è bello.

    ciau, Eno

  7. @Eno

    Non capisco però il controargomento su l’ “essere in potenza”, la coppia di sposini e la rispettiva prole.

    Colucci citava, nel suo intervento, tra altre cose, lo spermatozoo. Io, provocatoriamente, ho solo portato all’estremo quelle che potrebbero essere le conclusioni basando il ragionamento sul susseguirsi di eventi – e di attori – che portano al nascere della persona (risultato non di vita creata, ma di vita trasmessa).

    Saluti

  8. Interessante e tutto questo si intreccia con le polemiche sull’embrione di qeusti anni.
    Vorrei dire due cose:
    1. mi sono sempre chiesto se un malato di alzheimer o un anziano con demenza senile possa essere inserito nella categoria “è persona chi sviluppa autocoscienza, senso morale e razionalità”. Se è così, cioè che una persona è chi ha autocoscienza, senso morale e razionalità, allora ci sono esseri umani che ad un certo punto della vita smettono di essere persone pur rimanendo esseri umani.
    2. “è persona chi sviluppa autocoscienza, senso morale e razionalità”. di nuovo questa definizione potrebbe essere contestata dai nuovi studi di neuroscienze animali. Tutte e tre le caratteristiche di cui sopra possono essere trovate tutte e tre assieme in alcune specie animali, perlomeno in fase meno spiccata rispetto all’Homo sapiens.
    insomma la definizione mi sembra sbagliata…

  9. @moe: Neppure io ho letto l’intervento, per cui…
    Comunque, le disposizioni non devono necessariamente essere attuali: io so il francese anche se in questo momento sono silenzioso, ma posso iniziare anche subito a parlare in francese; non so il cinese e per spiccicare due parole dovrei fare almeno un paio di mesi di corso. Direi che la differenza c’è.

    @Marcoz: Tu ci scherzi, ma sai che la contraccezione, un tempo, era reato contro la stirpe?

    @Maurizio:

    perché ci si concentra sull’autocoscienza e non sulla coscienza (= essere senzienti)

    A parte il fatto che l’essere senzienti e l’essere autocoscienti potrebbero essere la stessa cosa, forse la semplice coscienza è condizione troppo “larga” (include cose che non sono persone).

    @Eno: Uhm… Io direi che uno studioso può usare le parole nel significato che più preferisce, una volta chiarito quale è questo significato: buona parte dei termini tecnici sono parole comuni precettate dalle varie discipline. Il primo esempio che mi viene in mente è “memoria”, relativamente alla mia memoria e a quella dei computer.
    Sulla specifica definizione che fornisce Vazzoler: sicuramente è criticabile (ma mi guardo bene dal farlo basandomi sulle incomplete informazioni che ho), ma nel complesso non mi sembra malaccio.

    @farfintadiesseresani: le stronzate sono quelle di Vazzoler o le mie? 😉

    @Fabristol: Nel senso comune di persona, un malato terminale di alzheimer è una persona e uno scimpanzé non lo è. Ma nel senso comune, la mela è un frutto, mentre per un biologo il frutto è solo il torsolo (almeno così mi hanno spacciato alle superiori).
    Direi che non è immediato cassare una definizione se non si adatta alle intuizioni che abbiamo.
    Sarebbe surreale pretendere il consenso informato da parte di un malato terminale di alzheimer, senza per questo equipararlo a una cosa.
    (dovrei approfondire meglio, ma sono stanco: abbiate pazienza!)

  10. Non lo sapevo, Ivo, ma la cosa non mi sorprende. Ho scoperto tempo fa che la realtà supera abbondantemente le mie “peggiori” fantasie.

  11. Be’, a parte il significato attribuito al termine “persona”, la cosa mi interessa perché presuppone un’idea evolutiva di persona:
    Un embrione allo stadio di blastula non è neanche lontanamente una persona precisa, seppure “in potenza”, perché l’evoluzione è irreversibile e contingente, dato l’intreccio imprevedibile di fattori che partecipano allo sviluppo. Questo vale in qualche misura anche per l’evoluzione del neonato.

  12. Tanto per essere meno secco: muoverei a Vazzoler una critica radicale e, a mio parere, definitiva: “Embe’?”
    Cioè: se “persona” è quel che dice Vazzoler, mia nonna non è persona. Esticazzi. Io, invece, dico che è persona solo chi pesa più di 100 chili. Tremate.

  13. @farfintadiesseresani: Ti dirò, complice la buona cucina di mia moglie, non mi manca poi tanto ad essere persona 😉
    I criteri di Vazzoler non mi sembrano poi così campati per aria; il punto cruciale è comunque proprio il tuo “embe'”, nel senso: “una volta stabilito questo, cosa ne concludi?”. Cosa concluda Vazzoler non lo so, mi piacerebbe avere una copia della sua relazione, ma non l’ho trovata in giro, e neppure un email per chiedergliela.

    @eno: Oltre ad essere molto intelligente, evidentemente è anche molto persona 😉

  14. Negare a un essere umano lo status di persona non può condurre ad altro – stante ciò che tradizionalmente “persona” ha significato per la nostra civiltà – che alla sottrazione a quell’essere umano di diritti.

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