Il destino

L’uomo sceglie, ma forse è solo una illusione: ogni decisione potrebbe anche non avere alcuna influenza sul futuro.
Un breve racconto, scritto poco meno di dieci anni fa, sul destino.

Non aveva mai creduto al destino; era sempre stato un sostenitore del libero arbitrio: nessuna forza cosmica può piegare la potenza dell’uomo.
Eppure in quel momento non ne era poi così sicuro: il dubbio si era insinuato in lui. Forse il destino esiste. Magari non è in grado di condizionare totalmente l’uomo, ma sicuramente di influenzarlo.
Gli avvenimenti dell’ultimo giorno formavano infatti una serie di coincidenze che solo l’esistenza del destino è in grado di spiegare, almeno soddisfacentemente.
Un destino avverso all’uomo, però. Quello che, di solito, viene chiamato destino crudele.
La mattina tutti gli avevano sconsigliato di andare da solo in barca a vela; ma lui aveva ignorato le avvertenze dei suoi amici: in tanti anni non aveva mai incontrato un solo problema.
Eppure adesso si trovava nudo, in acqua, di notte, al freddo, a circa un chilometro dalla costa.
Non riusciva a capacitarsi di quello che era successo: quell’onda imprevista e imprevedibile, che colpisce la barca proprio mentre è in equilibrio sul bordo con indosso solo un pesante giaccone… un’onda simile può essere stata mandata solo dal destino, che, d’altra parte, aveva già provveduto a fare in modo che si macchiasse tutti i vestiti e trovasse solo un giaccone (un pesante giaccone invernale finito chissà come lì!) da indossare mentre cercava di pulire gli indumenti nell’acqua.
Ma fortunatamente era un buon nuotatore, e un chilometro non è una grande distanza da percorrere, soprattutto col mare calmo com’era quella sera. Si era comunque dovuto sbarazzare del giaccone: troppo ingombrante per poter nuotare facilmente. Sarebbe stato un problema, una volta raggiunta la costa, spiegare cosa ci faceva in mare a quell’ora totalmente nudo, ma almeno ci sarebbe arrivato, a riva.
L’unica incognita era, in quel momento, il destino: aveva finito di giocare con lui o riservava altre sorprese?
La risposta a queste sue preoccupazioni l’ebbe quando il cielo fu illuminato da un fulmine.
Giusto il giorno prima aveva sentito una trasmissione alla radio, nella quale spiegavano che i fulmini sono attratti dalle sporgenze in un terreno regolare. In un villaggio con costruzioni tutte alla stessa altezza, è il campanile della chiesa ad avere più probabilità di essere colpito. Stesso discorso per un albero in un prato… e per una testa che sporge dall’acqua!
Secondo lo studioso ospite alla radio sono infatti sufficienti una decina di centimetri, se la zona circostante è abbastanza piana: e cosa c’è di più piano di un mare così calmo?
Il destino aveva preparato un ottimo gioco: se ripensava a tutti gli elementi rimaneva stupefatto dalla loro complessità… la trasmissione alla radio, il viaggio solitario in barca a vela, i vestiti sporchi, il giaccone, l’onda anomala, il temporale… una complessità terribile e, allo stesso tempo affascinante.
Ma adesso bisognava pensare a come non restare inceneriti dai fulmini.
L’ideale era smettere di nuotare e fare il morto, galleggiando senza muoversi: sarebbero sporti solo pochi centimetri di naso. Con ogni probabilità si sarebbe salvato.
Adesso bisognava restare tranquilli, e aspettare che il temporale finisse. Ma era molto difficile in quella situazione non essere almeno un po’ nervosi: nonostante tenesse gli occhi chiusi e le orecchie erano immerse in acqua, avvertiva continuamente la presenza dei fulmini. Ma non doveva pensarci. Doveva distrarsi. Doveva occupare altrove la sua mente.
Altrove. Il più lontano possibile dal mare e dai suoi temporali. In una sperduta baita in montagna, ad esempio. Con un bel fuoco scoppiettante nel camino e un bel libro da leggere. E magari anche una bella ragazza, con dei lunghi capelli castani e un bel seno. Non molto grosso, che è troppo volgare, ma della giusta misura, che ci stia in una mano. E poi con delle labbra sensuali, che sembrano dirti “baciami”, e dei grandi occhioni che ispirano tenerezza.
Una ragazza simile mentre esce dal bagno, dopo una calda doccia, con indosso solo un pesante e scollato accappatoio di spugna.
E ti si avvicina lentamente, sorridendoti, e quando oramai è a pochi centimetri da te, si lascia cadere l’accappatoio dalle spalle.
Lei, dolcemente, prende la tua mano nella sua e se la porta prima al viso, poi, sempre lentamente, la abbassa fino a raggiungere il seno, dove le accarezzi i capezzoli…
Erano questi i pensieri di cui aveva bisogno per distrarsi.
Eccitato com’era, i fulmini erano l’ultima sua preoccupazione.
E così, mentre iniziava a fare l’amore con la misteriosa ragazza dei suoi pensieri, un fulmine, attirato dall’unica sporgenza di quindici centimetri in quel piatto mare, lo colpì.
Il destino pensa proprio a tutto.

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