L’eternità. Informaticamente parlando

Il tempo è quel curioso fenomeno che trasforma ciò che c’è in ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora in ciò che c’è. Come con tutti i fenomeni naturali, l’uomo tenta di dominare e controllare anche lo scorrere del tempo; in particolare, cercando di prevedere, ed eventualmente modificare, quello che deve ancora essere e di decidere cosa fra ciò che è, deve continuare ad essere così come è anche in futuro.
È il secondo aspetto quello sul quale ci concentreremo in questa breve e parziale analisi della sfida dell’uomo con il tempo.

Se questa sfida riguarda un oggetto particolare, dotato di un qualche valore economico, simbolico o religioso, allora c’è poco da fare, a parte sperare che l’oggetto sia costituito da materiale solido, possa essere custodito in luogo sicuro e protetto e, soprattutto, possa essere restaurato senza perdere il proprio valore.
Se invece ad essere importante non è l’oggetto in sé, ma l’informazione di cui questo oggetto è supporto, il discorso si complica. L’informazione è infatti teoricamente riproducibile su altri supporti, i quali possono venire tranquillamente distrutti o persi, sempre che nel frattempo l’informazione sia stata riprodotta altrove.
Questa separazione tra supporto e informazione apre le porte a due diverse strategie di intervento per mantenere intatte le informazioni nel tempo: da una parte, supporti solidi e duraturi; dall’altra, informazioni facilmente riproducibili.
Le due modalità sono, almeno in una certa misura, incompatibili, e questo per un motivo molto semplice: un supporto è resistente se non può subire facilmente dei mutamenti, la registrazione delle informazioni sul supporto avviene necessariamente effettuando delle modifiche al supporto, quindi un supporto resistente deve per forza rendere difficile la riproduzione dei dati.

Nella storia umana, vi è sempre stata la tendenza a passare dalla prima strategia alla seconda, ossia da supporti solidi, ma di difficile copia, a supporti sempre più labili e tuttavia di facile riproducibilità.
Un esempio per tutti: la Bibbia. Nel Medioevo, una edizione dei Vangeli richiedeva anni di lavoro, ma il risultato era tranquillamente in grado di attraversare i secoli. Una edizione a stampa del XX secolo ha una aspettativa di vita di qualche decennio, tuttavia è possibile averne molte copie in poco tempo.
L’avvento dell’informatica e del digitale ha ulteriormente accentuato il fenomeno: una bibbia su CD-ROM acquistata nel 2005 probabilmente non arriverà fino al 2010, tuttavia in pochi minuti ne possiamo avere diverse copie virtualmente identiche all’originale. Il punto di forza del digitale non è la solidità del supporto, che è anzi molto scarsa, bensì la facilità e la fedeltà della riproduzione.

Il digitale, da questo punto di vista, non costituisce una rivoluzione, bensì una semplice innovazione, l’evoluzione di una tendenza, presente da sempre, a privilegiare la facilità e l’affidabilità della copia rispetto alla solidità del supporto.

Quella di preservare l’informazione tramite supporti riproducibili fedelmente e facilmente invece che con supporti supposti più duraturi ma riproducibili con difficoltà è una scelta senza ombra di dubbio intelligente e proficua.
Tuttavia presenta due svantaggi che è bene tenere presente.

Il primo svantaggio è la riduzione, se non la perdita completa, delle meta-informazioni del supporto. Una meta-informazione è, semplificando, una informazione che non appartiene al messaggio principale, ma si riferisce ad esso.
Se il messaggio è l’affermazione “Oggi è nuvoloso”, l’informazione “Questa frase è stata pronunciata il 5 marzo 2005” è una informazione sul messaggio.
Le meta-informazioni del supporto sono tutte le notizie sul messaggio originale che è possibile estrapolare dal supporto. Un esempio di meta-informazione è la datazione di manoscritti tramite l’analisi grafologica oppure tramite analisi chimica di carta e inchiostro.

Il secondo svantaggio riguarda la volontarietà della copia: per quanto sia possibile e anzi raccomandabile far eseguire le copie da un sistema automatico, è comunque necessario un intervento umano, anche se ad alto livello, nella scelta delle priorità. In altre parole: verrà sempre e comunque riprodotta l’informazione che si reputa importante e che si vuole ricordare. Una informazione dimenticata non verrà riprodotta e, nel giro di pochi anni, sarà irrimediabilmente persa.
In altre parole, non potrà succedere quello che una vulgata, forse non vera ma sicuramente verosimile, vuole che sia accaduto con Johann Sebastian Bach. Nel 1750, anno della morte, pare che Bach fosse considerato un autore minore. Le sue opere caddero nell’oblio fino alla riscoperta, da parte di Mendelssohn, circa un secolo dopo.
Questo è potuto accadere perché uno spartito del diciottesimo secolo è un supporto solido. Se la musica fosse stata registrata su CD, Mendelssohn non avrebbe potuto riscoprire un bel nulla, se non dei dischi ottici inservibili. E noi ci ritroveremmo senza Il clavicembalo ben temperato, senza la Passione secondo San Matteo, per tacere tutta la musica successiva debitrice del suo genio.

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