Di birre, vaccini e razionalità

Nelle discussioni da bar si affronta sempre un gran numero di argomenti. E così, davanti a una birra, una camomilla e un’acqua minerale – no, non ero io quello della camomilla –, dopo aver parlato di politiche fiscali, organizzazione interna di partiti, educazione religiosa e influenza della filosofia aristotelica nella teoria della transustanziazione, si è fatto accenno anche ai vaccini. Sui quali, ha argomentato il mio interlocutore, “ci sono certezze che non lasciano spazio alla discussione”.
“Quali?” ho chiesto. Perché un conto è dire che i vaccini sono efficaci e sicuri – un altro dire che devono essere obbligatori, e come e quando far valere questa obbligatorietà. Sono questioni diverse, che vanno affrontate con strumenti diversi: prove scientifiche in un caso, argomentazioni politiche, sociali e giuridiche nell’altro.

Sottigliezze che – vuoi perché non mi sono spiegato bene, vuoi perché la discussione è virata abbastanza in fretta su Papa Francesco – non si sono colte e, per farla breve, mi hanno probabilmente preso per un antivaccinista.
Non ne faccio un dramma, e non sono qui a lamentarmi o fare facile esprit d’escalier. È solo che, in quella discussione, ho notato l’assunto “le mie/nostre scelte sono razionali, quelle degli altri no”.

Io ho invece la sensazione che, in generale, la maggioranza delle scelte delle persone non siano razionali, se con razionale immaginiamo una situazione tipo “studio finché non divento sufficientemente esperto da poter valutare autonomamente il tema”.  Perché, se penso alle mie ultime 24 ore, ho dovuto prendere decisioni che riguardano mobilità urbana, meteorologia, nautica, alimentazione, fotografia, pedagogia e altri temi che adesso non mi vengono in mente.
Ora, per quanto non possa dire di essere un completo ignorante su nessuno di questi argomenti – come lo sono per altri, tipo la letteratura cinese o la musica neomelodica –, non posso neppure affermare di essere un esperto. Semplicemente, mi fido: del buon senso, della mia esperienza passata, di quello che mi hanno insegnato amici e conoscenti, delle prassi sociali, di intuizioni.

Tornando al vaccino: certamente, vaccinarsi è la scelta giusta – o almeno lo è nella maggior parte delle circostanze: vedi immunodepressi, ma anche malattie debellate come il vaiolo – e non vaccinarsi è la scelta sbagliata.
Ma non sono sicuro che chi è a favore dei vaccini lo sia “razionalmente” – nel senso detto sopra: e no, leggere un paio di saggi divulgativi non fa di qualcuno un esperto, ma solo una persona informata – e chi è contrario sia “irrazionale”. Temo sia più che altro questione di quella fiducia che mi ha permesso di arrivare puntuale ai miei appuntamenti pur non essendo un ingegnere del traffico. Non è che gli altri sono stupidi – cioè, è anche questo, ma lo siamo anche noi, stupidi –, è che qualcosa, a quel livello lì della fiducia, non ha funzionato. E la vera domanda è capire che cosa.

2 commenti su “Di birre, vaccini e razionalità

  1. Caro Ivo,
    come tu dici tutti noi facciamo scelte non perfettamente razionali, tutti noi nella maggior parte dei casi dobbiamo fidarci o meno, spesso basandoci sull’intuito, sull’esperienza o affidandoci agli usi, è tutto vero.
    Leggere due libri divulgativi sui vaccini o su qualsiasi altra materia scientifica, non ci rende esperti ma al massimo informati. Vero.

    Rifletterei però su un punto: una persona che non si limitasse a leggere occasionalmente due o tre libri di divulgazione scientifica, ma che quotidianamente o quasi si interessasse di scienza, che abbia in aggiunta l’abitudine di leggersi riviste scientifiche del livello di Le Scienze, una persona che quindi conosca in una qualche misura la complessità della ricerca scientifica, una persona così non sarebbe certo esperta di scienza, ma molto informata, tanto bene informata da poter avere una ragionevole fiducia nel pronunciamento della comunità scientifica. Soprattutto avrà maggiori possibilità di fiutare l’inganno del ciarlatano di turno.

    Non occorre essere premi Nobel per capire che una correlazione tra vaccini e autismo di per sé non dimostra nulla, basta avere una cultura scientifica di base, quasi elementare. Conoscere come si fa ricerca nel mondo, essere consapevoli che i risultati di una ricerca non sono scienza, ma solo il primo passo, non è poi così difficile; come non è difficile conoscere le fonti di errori presenti negli esperimenti e negli studi che gli scienziati effettuano e quindi accogliere con prudenza le pretese scoperte che la stampa ci propala quotidianamente; è necessario essere esperti per capire che un risultato di una ricerca scientifica, ha sempre bisogno della conferma di altri studiosi prima che si possa parlare di risultati scientifici? Non lo credo.

    Dire perciò che è eccessiva la dicotomia che tu poni tra “fiducia” e “scelta razionale”, si può essere ragionevolmente fiduciosi (e non esperti), senza essere per questo irrazionali.

    Grazie

  2. Giusta osservazione: l’essere esperti è una questione di grado e qualsiasi soglia si voglia mettere – come un titolo di studio o un certo numero di anni di esperienza – è arbitraria.

    Rimane il fatto che, per restare al caso dei vaccini, anche un vorace lettore di saggistica non è in grado di rispondere a tutte le obiezioni mosse dagli antivax che in alcuni casi vanno molto nello specifico. Un immunologo o un epidemiologo sono verosimilmente in grado di farlo (ammesso che ne abbiano il tempo e la pazienza, ma è un altro discorso).

    Il che non significa che il vorace lettore di saggistica sia comporti irrazionalmente, decidendo di vaccinarsi – o sostenendo il riscaldamento globale, gli OGM, l’evoluzionismo, l’eliocentrismo… –, anzi: ha un comportamento razionale perché ha scelto bene di chi fidarsi. Ma è una razionalità diversa da quella che alcuni si raffigurano e che ho sintetizzato come “studio finché non divento sufficientemente esperto da poter valutare autonomamente il tema”.
    Certamente questa “fiducia epistemica” è una competenza che si può affinare. Ma è una competenza diversa: se vogliamo, è l’arte di giudicare il libro dalla copertina invece che dal contenuto. Si dice che non andrebbe fatto, ma come decidere che cosa comprare in libreria? E davvero c’è bisogno di leggerlo per capire che questo libro vale poco?

    Prendendola da un altro punto di vista: se voglio capire gli antivaccinisti – per non dico far cambiare loro idea, ma evitare che gli indecisi si uniscano a loro – non devo inoltrarmi nei dettagli del sistema immunitario, ma guardare che cosa ne pensano della comunità scientifica e del governo.

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